Isis, nella testa delle adolescenti affascinate dai terroristi
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Isis, nella testa delle adolescenti affascinate dai terroristi

Sono molte, in Italia e in Europa, le ragazze che rinunciano alla loro vita e fuggono per sposare gli jiahdisti. Uno psicologo spiega perché

Chissà che cosa avrebbero detto Hina o Sanaa della scelta fatta dalle coetanee di voler sposare i combattenti dell’Isis? Come avrebbero commentato queste fughe verso la guerra?

Hina e Sanaa sono morte in Italia, trucidate dai rispettivi padri, perché volevano vivere all’occidentale, indossare i pantaloni o una minigonna e avere un fidanzatino italiano. E loro non sono le sole ad aver sofferto la voglia di vivere liberamente seguendo gli usi e i costumi dei Paesi nel quale le loro famiglie avevano scelto di farle crescere.

Jamila è stata segregata dai familiari perché la sua bellezza non passava inosservata nonostante il velo che le copriva i capelli e parzialmente il volto. Anna, nome di fantasia, giovane ragazza indiana incinta di 3 mesi, è stata uccisa perché voleva indossare i pantaloni.

Uccise perché volevano vivere all'occidentale


Eppure oggi, molte coetanee di Hina, Sanaa e Jamila, strappano i jeans e sono pronte a indossare il burqa.

Perché sono decine le ragazze che partono per concedersi in spose ai combattenti dell’Isis? Che cosa le attira il fascino del combattente o la costituzione di un nuovo Stato? Ma soprattutto che cosa ripudiano dei Paesi occidentali dove sono cresciute e hanno studiato?

Silvio Ciappi, psicologo e criminologo forense, per quale motivo moltissime ragazze scappano verso la Siria sposare i feroci combattenti dello Stato Islamico?
Si tratta di una sorta di regressione sul piano della parificazione sessuale. Mi spiego meglio. L'identità sessuale in questi casi è solo determinata dall'uso spregiudicato della forza, dal carico d'odio. Ci si sente impegnati in una attività di ripulitura del mondo attraverso i canali dell'odio e della violenza. Le parole chiave per comprendere tali fenomeno sono umiliazione, odio, mortificazione. Come il bambino maltrattato finisce alcune volte per difendere il genitore che lo ha privato della sua volontà, queste ragazze hanno imparato ad identificare l'amore con il senso rigido del dovere, hanno appreso che l'obbedienza fortifica, che le tenerezze sono dannose e che il corpo è qualcosa di sporco e disgustoso.

L'Isis ha mostrato al mondo che tratta le donne come schiave del sesso. Queste donne non hanno paura di un uguale trattamento?
Verrebbe da dire che è questo ciò che desiderano. Siamo davanti probabilmente a personalità sadomasochistiche, dove piacere e dolore si uniscono. Probabilmente si tratta di giovane donne che sono il frutto di quella che Alice Miller definiva la pedagogia nera, un tentativo di rielaborare in modo cosciente e folle, il disprezzo di cui siamo stati vittime nella nostra infanzia. È questa la radice dell'odio, è l'esercizio del potere da parte dell'adulto sul bambino, che adesso diviene mortificazione di se stessi e dell'altro

Queste adolescenti mostrano una forte determinazione. Potrebbero essere altrettanto determinate a combattere sul campo? A diventare torturatrici e boia di altre donne e bambini?

Sicuramente. La loro scelta è determinata da questo desiderio. Che è un desiderio di violenza, di comportamenti che devono essere agiti, oltreché pensati. Credo che queste ragazze in realtà amino la posizione di subalternità rispetto alla figura maschile che le fa diventare poi avide di vendetta, di odio, ansiose di dimostrare una loro ipotetica parità, realizzata però solo sul fronte dell'odio e della violenza. In tutto questo c'è una sorta di regressione edipica, sosterrebbero gli psicanalisti. Si tratta di novelle menadi che vanno a caccia di sangue con i loro padri, con i maschi, verso i quali non c'è attrazione simbolica, non c'è seduzione ma solo competizione. Verrebbe da dire 'donne mancate'.

Ansa
Hayat Boumeddiene

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Nadia Francalacci