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Il grande business dell'acqua in Italia

Ecco quali sono le società che gestiscono il bene più prezioso, qual è il loro giro d'affari e quanta ne sprechiamo per disservizi e carenze - IL PO' MALATO PER LA GRANDE SICCITA'

L'acqua è un bene comune e la proprietà della rete idrica è pubblica perché fa parte del patrimonio dello Stato che attraverso concessioni ne affida la gestione a soggetti pubblici, privati o misti. Un affidamento che avrebbe dovuto portare a migliorare il servizio idrico, ma così non è stato. Gli ultimi dati sulla gestione dell‘acqua infatti sembrano aver disatteso le aspettative europee: l’Italia è il Paese che spreca più acqua in assoluto e non solo in termini di cattive abitudini ma anche di perdite dovute ad un servizio non sempre dei migliori. In media la rete nazionale ha una perdita di acqua pari al 39% ossia 39 litri d’acqua ogni 100 litri immessi. Sprechi che molto probabilmente saranno valutati dal Governo che si riunirà mercoledì per valutare misure di contrasto all’emergenza siccità che ha colpito il Paese.

Ad occuparsi di gestire il servizio idrico servendo buona fetta della popolazione italiana sono società multiservizi quindi che si occupano anche di energia e ambiente con un fatturato di decine di miliardi l’anno. Tra queste le più importanti che coprono il territorio nazionale sono 5: Acea, Hera, Iren, A2a e indirettamente la francese Veolia che ha diverse partecipazioni all’interno di alcune società che operano in Italia aumentate dopo la fusione con il colosso Suez avvenuta nel 2021.

CHI GESTISCE L'ACQUA IN ITALIA (E QUAL E' IL GIRO D'AFFARI)

Acea S.p.A. ha un fatturato di quasi 4 miliardi ed è il primo operatore nel settore idrico in Italia con 9 milioni di abitanti serviti. Il capitale dell'azienda è ripartito in un misto pubblico-privato tra: Roma Capitale, che è socio di maggioranza, l'azienda francese Suez (23,3%) e l'imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone. Le sue attività si concentrano principalmente nel Lazio, in Campania, in Molise, in Toscana e in Umbria .Oltre a gestire il servizio idrico integrato di Roma e Frosinone, opera in altre aree del come Toscana, Umbria, Campania e Abruzzo.

Hera S.p.A. con 10,56 miliardi di fatturato è un'azienda che copre un servizio idrico: per 1,5 milioni di abitanti operante in 265 comuni della Città metropolitana di Bologna, delle province di Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Padova, Pesaro-Urbino, Ravenna, Rimini, Trieste, Teramo e in 6 comuni della provincia di Ancona, in 5 comuni della provincia di Pistoia, in 3 comuni della Città metropolitana di Firenze, in 1 comune della provincia di Udine, in 1 comune della Città metropolitana di Venezia e in 1 comune della provincia di Gorizia.

Iren S.p.A fattura circa 3, 7 miliardi e si occupa in particolare della produzione e distribuzione di energia elettrica, dei servizi ambientali e tecnologici ma anche di servizi idrici integrati. Infatti fornisce un servizio idrico a 2,8 milioni di abitanti. Un’altra multiservizi è la A2a che fattura circa 6,5 miliardi ed è impegnata nella città di Brescia e Milano ma copre un’utenza minore rispetto alle altre che si aggira intorno ai 500mila abitanti.

E poi c'è il colosso francese Veolia, che conta diverse società specializzate dislocate sul territorio italiano: Veolia Acqua Srl, holding del gruppo in Italia, Compagnia Generale delle Acque Spa, operativa in Veneto ed Emilia-Romagna, Sagidep Spa, operativa su tutto il territorio nazionale ma presente soprattutto sul nord-ovest, Società dell'Acqua Potabile Srl, operativa in Liguria, Piemonte e Valle d'Aosta. Veolia è anche in partnership con pubbliche amministrazioni con un 49% in Acqualatina Spa, in Siciliacque con il 75% e in Acqua Campania Spa di proprietà di Veolia al 49,7%.

QUANTA ACQUA SPRECATA

Nonostante gli investimenti degli ultimi anni nel settore idrico in Italia è ancora ampio il divario tra Nord e Sud del Paese sia in termini di spesa pubblica che di percezione della qualità del servizio. Secondo l’edizione di Blue Book del 2022
l’Italia si attesta come paese a stress idrico che consuma più acqua con un valore medio pro-capite di oltre 236 litri per abitante al giorno nel 2020 nei 109 comuni capoluogo di provincia e città metropolitana (Istat) e con investimenti in crescita ma non sufficienti.

Per il 2020-2021 si stima un valore pro capite di investimenti di 49 euro rispetto alla media europea e di 100 euro per abitante. Inoltre la stima per il Sud è pari a 35 euro per abitante, mentre proprio in quest’area le perdite idriche sono superiori (50% al Sud rispetto al 40% della media nazionale). Le gestioni in economia (dove il servizio è svolto direttamente dall’ente locale) interessano più di 8 milioni di cittadini (soprattutto al Sud) e in queste gestioni gli investimenti crollano a 8 euro per abitante. Sul fronte della depurazione, le procedure di infrazione dell’Unione Europea interessano ancora 939 agglomerati urbani per 29,7 milioni di abitanti. Il 73% delle procedure d’infrazione si concentra nel Mezzogiorno, dove in larga parte il servizio è gestito direttamente dai Comuni.

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Linda Di Benedetto