scuola
(Ansa)
Lifestyle

La scuola italiana ha un grosso problema con l'italiano, scritto

I temi in classe sono sempre meno frequenti, così come lo sono tutti i tipi di scrittura, dalla riflessione al riassunto. Nello stesso tempo, ci si lamenta che i ragazzi non sappiano più scrivere, ed è vero. La situazione pare grottesca, ma è seria. E dire che soluzione ci sarebbe, ed è banale

I temi in classe sono sempre meno, così come lo sono tutti i tipi di scrittura, dalla riflessione al riassunto. Nello stesso tempo, ci si lamenta che i ragazzi non sappiano più scrivere, ed è vero. La situazione pare grottesca, ma è seria. E dire che soluzione ci sarebbe, ed è banale.

C’è una generazione che non sa più scrivere e, nonostante sia evidente a tutti, non si fa nulla per aiutare questi ragazzi a uscire da questa palude. Ci si lamenta che i giovani scrivano male, questo sì, anzi di più, ci sono schiere di insegnanti che denunciano la scarsità del livello di produzione scritta dei propri studenti e i dati di qualsiasi prova o indicatore seguono queste lamentele mostrando un quadro allarmante: tantissimi errori ortografici anche clamorosi dopo anni e anni di scuola, sviste sintattiche, poca argomentazione, insomma totale disabitudine al testo scritto.

Ciononostante, a scuola si scrive sempre meno, sia in classe sia per quel che riguarda il lavoro assegnato a casa. C’è chi giura che il proprio figlio non abbia svolto più di tre o quattro temi nei tre anni delle scuole medie, e la situazione cambia di poco alle superiori. Per compito, poi, sempre meno riassunti, sintesi, riflessioni. Meglio un esercizio con spazi da riempire, un test multirisposta a crocette, magari anche come prova di verifica.

La scuola ha tanti problemi, e molti di questi sono strutturali, di risorse promesse e mai elargite, di reclutamento inefficiente e insufficiente, di ruolo e posizionamento nelle priorità dell’azione di governo e più ampiamente nella società. Problemi che hanno radici profonde che richiedono azioni politiche e strategiche di visione lungimirante.

Però ci sono anche problemi che nascono da cattive abitudini d’aula e che si insinuano nella quotidianità per comodità e pigrizia. E l’assenza della scrittura a scuola è uno di questi. Così si crede che i ragazzi non scrivano più perché sono travolti dalla povertà dei contenuti che li riguardano, schiacciati dalla potenza della società dell’immagine, oppure colpevoli per il fatto che non leggano più, o che non leggano abbastanza. Invece si farebbe più in fretta a cercare i motivi della crisi della scrittura a cominciare dall’analisi dell’azione didattica.

Il quadro intorno ai ragazzi è desolante e devastante. Tutto vero, per carità. Gli adolescenti sono immersi in attività che stimolano ossessivamente e non danno spazio alla riflessione, e poi ancora serie TV e social li prediligono passivi; in generale nulla di ciò che è globale o in voga predica la complessità, accoglie la fatica per arrivare a qualcosa di bello, di riuscito. E così i ragazzi si abituano all’immediatezza, che è l’esatto contrario di ciò che significa e restituisce l’azione della scrittura, quindi scrivono poco al di fuori della scuola e pochissimo su un foglio, trascurando la grafia, presente solo su quaderni e ciò che riguarda la scuola. Anche questo non aiuta. C’è poi chi sostiene che per scrivere sia fondamentale leggere. Vero anche questo, ma la situazione del livello di scrittura dei nostri ragazzi non è così rosea per cui si tratta di questioni di stile, per cui leggere Maupassant, Fenoglio o Carver possa aiutare a scrivere periodi più o meno asciutti, utilizzando vocaboli più esatti. La crisi della scrittura è ben più allarmante e riguarda la correttezza, in primis, e gli studenti sui banchi di scuola in questi anni necessitano di scrivere e scrivere, perché per imparare a fare, è opportuno praticare.

Insomma il problema non è solo intorno ai ragazzi, ma sta altrove, ed è soprattutto a scuola.

Sì, perché si scrive sempre peggio perché si scrive sempre meno, e si scrive sempre meno perché insegnare a farlo è complesso e faticoso, pone obiettivi a lungo termine, è una sfida alla complessità ed è anche controcorrente al “tutto e subito” che vige ora dappertutto.

E’ complesso e faticoso, perché correggere è assai noioso, richiede tempo, talvolta una certa dose di pazienza, e in cambio non si ottiene molto, perché alla restituzione della prova, spesso gli studenti prestano attenzione al risultato numerico senza dare seguito con azioni pratiche a migliorare il modo di scrivere. Ancora, i numeri delle classi che sfiorano i 30 alunni per sezione non aiutano a moltiplicare le prove da correggere, per pigrizia o per stanchezza.

Poi c’è la mancanza di soddisfazione, perché insegnare a scrivere è sempre un investimento a lungo termine e servono anche anni per notare miglioramenti marcati, e la girandola di cattedre e incarichi nella nostra scuola non aiuta alcun tipo di percorso strutturato. Molto meglio lasciar perdere questi obiettivi alti e rincorrere i programmi che devono finire a tutti i costi, per passare il testimone e sgravarsi di ogni responsabilità. Anche in buona fede, si intende. Talvolta il docente è nella morsa della burocrazia e non persegue obiettivi nobili, come la capacità di scrittura o il piacere della lettura, anche per consegnare a un collega magari sconosciuto una classe avviata e in pari con le indicazioni ministeriali.

Scrivere è bellissimo e saperlo fare è un’arte, oltre che una competenza necessaria per svolgere un’infinità di lavori. Scrivere e insegnare a farlo costa fatica un po’ a tutti, ma ne vale la pena. E tocca mettercisi.

I più letti

avatar-icon

Marcello Bramati