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ANSA / SAVE THE CHILDREN - Riccardo Venturi
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Save the Children: in Italia un minore su tre a rischio povertà

L'allarme lanciato dal settimo "Atlante dell'infanzia (a rischio)", pubblicato dalla Onlus con Treccani: i dati del disagio

Povertà ed esclusione sociale, case fredde e poco luminose, nessun gioco, niente sport, abbandono precoce della scuola: questa la condizione di vita di un bambino su tre non in uno di quei Paesi dai quali partono tanti migranti in cerca di un futuro migliore anche per i loro figli, ma bensì in Italia. Una fotografia impietosamente e statisticamente sorprendente, basata però sull'elaborazione di dati oggettivi: quelli raccolti da Save The Children nel settimo "Atlante dell'Infanzia (a rischio) - Bambini, Supereroi".

Presentato a Roma e pubblicato per la prima volta da Treccani, questo particolare "Atlante" raccoglie 48 mappe della condizione di bambini e ragazzi nel Belpaese, che tra l'altro ha avuto lo scorso anno un record negativo di nascite: 485.780 bebè, un numero al ribasso mai fatto registrare dall'Unità d'Italia e a conferma di un tasso di natalità a sua volta in continuo calo (8 ogni 1.000 residenti contro i 9,8 del 2008).

Le condizioni del disagio
Entrando nello specifico, secondo il report di Save the Children l'Italia presenta un rischio di povertà nella fascia di popolazione 0-17 anni superiore alla media dell'Unione Europea: per la precisione il 32,1% contro il 27,7% della Ue. Inoltre, nella fascia 0-15 anni in Italia più di un bambino su 20 non riceve un pasto proteico al giorno e non possiede giochi; più del 13% non ha uno spazio adeguato a casa dove fare i compiti e non può economicamente permettersi di praticare sport o frequentare corsi extrascolastici; quasi uno su 10 non può indossare abiti nuovi o partecipare alle gite scolastiche e quasi uno su 3 non sa cosa voglia dire trascorrere una settimana di vacanza lontano da casa. Che per i bambini di quattro famiglie indigenti su 10 (sono 618 mila quelle in povertà assoluta, pari al 9.3% di quelle italiane) corrisponde in inverno a un ambiente freddo per la mancanza del riscaldamento, mentre più di un minore su 4 abita in appartamenti umidi, con tracce di muffa alle pareti e soffitti che gocciolano, anche questo un dato nettamente più elevato della media europea (25,4% contro il 17,6%).  

Interventi poco efficaci 
Una situazione d'emergenza superiore alla media europea, che viene però affrontata con meno della metà delle risorse mediamente investite dagli altri Paesi: secondo gli ultimi dati Eurostat (risalenti però al 2013), l'Italia riserva a infanzia e famiglie una quota di spesa sociale del 4.1% contro l'8.5% dell'Ue, mentre i fondi destinati a superare l'esclusione sociale sono pari appena allo 0,7% contro una media europea dell'1,9%. Con risultati ovviamente inferiori a quelli ottenuti altrove: se gli interventi di welfare messi in campo dal nostro Paese per il 2014 sono infatti riusciti a ridurre il rischio di povertà per i minori intorno al 10-11%, rimaniamo comunque tra gli ultimi Stati, considerando che mediamente nella Ue gli stessi interventi hanno invece un'efficacia riduttiva del rischio del 15.7%.

Più poveri, meno istruiti (e viceversa) 
Inevitabile poi la correlazione tra un alto livello di povertà e un basso livello di scolarizzazione: "L'analisi delle carriere scolastiche compiuta da Istat mostra come in Italia, Paese caratterizzato da una ridotta mobilità sociale, il titolo di studio dei genitori è elemento fondamentale nel percorso di istruzione dei figli per tutte le classi sociali...", si può infatti leggere nelle pagine dell'Atlante. "Oltre a condizionare il successo formativo, i bassi livelli di scolarizzazione dei genitori possono ricadere sui figli anche in termini di povertà. In Italia quasi 6 bambini su 10 (58,5%) i cui genitori hanno bassi titoli di studio sono a rischio di povertà ed esclusione sociale, contro il 13% dei figli di genitori laureati. Un dato che acquista un rilievo particolare in un Paese come l’Italia nel quale il 42,3% della popolazione tra i 18 e i 64 anni è fermo alla licenza media, un dato di gran lunga superiore alla media europea (27,5%)".

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Redazione