Omicidio di Pordenone, il mistero del falso identikit
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Omicidio di Pordenone, il mistero del falso identikit

Gli inquirenti diffondono un disegno dell'assassino della coppia uccisa fuori dalla palestra, poi si scopre che non è vero. Già individuato l'omicida?

Sono passati quaranta giorni dal duplice omicidio dei due fidanzati di Pordenone, freddati con dei colpi di pistola all’uscita della palestra. Le indagini continuano a ritmo serrato, ma ancora non arriva la tanto attesa svolta.

La scorsa settimana si è pensato che qualcosa stesse per accadere. La polizia ha diffuso un identikit dell’assassino tracciato sulla base delle numerose segnalazioni fatte dai cittadini residenti nella zona. Ma le speranze sono svanite nel giro di qualche giorno, quando si è capito che l’identikit non era vero.

Dato per certo che quel volto non è stato disegnato dalla mano perversa di qualche giornalista, ma comunque proveniva da “ambienti investigativi”, allora la domanda che ci si pone è la seguente: perché gli inquirenti hanno sentito la necessità di diffondere un identikit pur sapendo che non corrispondeva all’assassino di Teresa Costanza e Trifone Ragone?

Le possibili spiegazioni sono due. La prima è che l’indagine è precipitata nel vuoto, non riesce ancora a trovare alcuna pista attendibile e come spesso accade in questi casi si verifica qualche sbavatura, come quella di un disegno che probabilmente è passato nelle mani sbagliate per poi finire impropriamente pubblicato.

Ma c’è un’altra possibilità, altrettanto plausibile. Gli inquirenti potrebbero aver individuato il potenziale assassino, lo tengono d’occhio, non lo perdono un attimo di vista, gli stanno con il fiato sul collo, ascoltano pure i suoi respiri. E con questo messaggio sbagliato recapitato a mezzo stampa è come se avessero voluto tranquillizarlo nell’attesa di una mossa sbagliata: fai pure, non avere paura, come vedi stiamo seguendo una strada sbagliata.

Fantasia perversa? Probabile. Ma i precedenti investigativi in questo senso non mancano, e guarda caso proprio a Udine: l’omicidio del gioielliere Giacomo Patti, nel 2007. Nel corso delle indagini la polizia rilasciò l’identikit del presunto assassino, un uomo alto e capelluto. Poi venne arrestato un uomo basso e pelato. Nella conferenza stampa successiva alla cattura, un giornalista chiese spiegazioni. La risposta fu più o meno questa: chi ha mai sostenuto che quello era l’assassino?

Ecco che la possibilità di una tattica investigativa rimane concreta. E sarebbe avvalorata da un ulteriore passaggio a mezzo stampa precedente quello dell’identikit. La settimana prima tutte le televisioni, nazionali e locali, si erano viste recapitare le immagini video dell’auto di Teresa che attraversa la città, con allegato un appello rivolto ai cittadini: se qualcuno ricorda qualcosa, parli.

Le immagini si riferivano ai movimenti di Teresa durante la mattinata fino all’ora di pranzo. Mancavano quelle del pomeriggio, quando la donna va a fare la spesa al supermercato prima di andare in palestra a prendere il suo fidanzato. Qualcuno la seguiva poco prima di essere uccisa? È molto probabile, come è possibile che gli inquirenti si siano tenuti questi video per non turbare il bersaglio.

La verità non tarderà ad arrivare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Carmelo Abbate