L'omicidio di Corigliano? Un'aberrazione della normalità
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L'omicidio di Corigliano? Un'aberrazione della normalità

Per il criminologo Ciappi il ragazzo che a Corigliano Calabro ha accoltellato e bruciato viva la sua fidanzatina non è malato

“Si tratta di una aberrazione della normalità non di patologia. Dunque non si può rieducare”. Il ragazzo di 17 anni di Corigliano Calabro che due giorni fa ha ucciso la sua ragazzina, Fabiana Luzzi, di appena 16 anni  bruciandone il corpo quando ancora era viva, secondo il criminologo Silvio Ciappi è difficile da rieducare e reinserire nella società.

Il giovane che compirà 18 anni la prossima estate, studente dell'Istituto tecnico di Corigliano, durante l’interrogatorio davanti ai carabinieri non ha mai pianto e soprattutto non avrebbe mai palesato alcun segno di pentimento per quello che ha fatto. “Questi soggetti non presentano patologie per le quali si possono sottoporre a rieducazione come ad esempio un soggetto malato ma sono persone “normali” che in “eccessi di normalità” diventano quelli che i media definiscono "mostri"”.

Il carcere, secondo lei , non  riesce a svolgere con questi soggetti un ruolo rieducativo?
“Rieducare persone normali in carcere è davvero difficilissimo. Il carcere è un luogo chiuso con tempi lenti, relazioni affettive lontane o totalmente assenti che non permettono di misurare correttamente la reazione del soggetto quando si ritroverà proiettato nuovamente, a fine pena, in una società che viaggia velocemente con relazioni spesso frettolose. Quindi, proprio perché non ci troviamo  davanti a soggetti malati ma, torno a ribadire, “normali”, la rieducazione è un termine sbagliato e per come è concepita attualmente pressoché inutile. Sui giornali, tv e radio sento spesso parlare di questi soggetti come malati, stessa cosa è avvenuta anche per il caso di Corigliano. Non c'è niente di più sbagliato e di non vero. In sede processuale, nella maggior parte dei casi, queste persone si rivelano a tutti gli effetti persone non affette da alcuna patologia, quindi perfettamente capaci di intendere e volere come ognuno di noi. Se fossero davvero soggetti malati non dovremmo allarmarci così tanto. La ripetitività e la frequenza oltre che l’identikit di questi soggetti che poi vengono appellati come mostri sono quelli di persone normali”.

Nelle aggressioni a sfondo sessuale-sentimentale si tende a cancellare l’altra persona. Perché?
“Siamo nella società dei videogiochi e delle applicazioni per smartphone. I giovani assassini così come coloro che aggrediscono l’ex compagna con l’acido muriatico, hanno il desiderio di cancellare l’altro con la velocità con la quale si chiude un videogame oppure si cancella o si accede ad una applicazione. Non a caso lui è tornato a casa e poi è ritornato successivamente a bruciare il corpo della sua ragazzina e poco gli è importato se lei fosse ancora viva”.  

Un residente di Corigliano davanti alla caserma dei Carabinieri si è messo a gridare “ammazzatelo”. In Italia sono in molti che ciclicamente, davanti ad omicidi efferati come questi, invocano la pena di  morte. Può essere una soluzione?
“Una ricerca criminologia condotta negli Stati Uniti, dove in alcuni Paesi vige ancora la pena di morte, ha dimostrato che sia la violenza che la casistica degli omicidi non diminuiscono se è prevista la sedia elettrica o l’iniezione letale. In sostanza la pena di morte non ferma quello che da studioso io definisco l’”eccesso di normalità””

Come si può intervenire per aiutare questi soggetti “normali” che si trasformano in mostri?
“Con un serio ed efficiente progetto di prevenzione attuato per tutta la società "normale" e non solo per quelli che la società considera “malati”. Come avviene, con successo, in Canada anche in Italia e nel resto d’Europa sarebbe necessario coinvolgere in modo diretto ed effettivo le Asl, le associazioni presenti sul territorio in modo tale da far veramente “rete” ed individuare quella normalità violenta che poi sfocia in omicidi o femminicidi.  Insomma, occorre educare veramente la società ad individuare ed isolare al suo interno quella "normalità deviata"”

Una ragazza può accorgersi in tempo che il proprio ragazzo può trasformarsi in “mostro”?
“Certo. Occorre insegnare alle ragazzine giovanissime a parlare con gli adulti e a denunciare alla famiglia, alla parrocchia, alle associazioni o alle forze di polizia, anche un semplice schiaffo. Spesso per retaggi culturali non viene valutato con attenzione e con la giusta dose di “allarme” anche uno schiaffo, o comunque quell’episodio che può essere sporadico ma che invece spesso è solo il preludio di una violenza latente che nel corso dell tempo è destinata ad esplodere”.               

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Nadia Francalacci