Natale, chi dice “no” a presepe, canzoni e recite
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Natale, chi dice “no” a presepe, canzoni e recite

Tutte le provocazioni di preti, e scuole in nome del buonismo e della tolleranza verso gli altri

Le polemica scoppia puntuale ogni anno e ogni anno diventa sempre più aspra: questa volta a scatenare la bufera è stato Don Luca Favarin, prete “di strada” di Padova, che ha detto “no” al presepe, per “rispettare il Vangelo e i poveri”. La bufera sollevata dalle sue parole, però, è stata accompagnata anche da quelle di una dirigente che, sempre in Veneto, ha negato il presepe a scuola per “mancanza di fondi”. Che dire, poi, dell’insegnante che ha modificato il testo di una canzoncina natalizia, togliendo la parola “Gesù” per non offendere la sensibilità di alcuni alunni non cattolici? Nel suo caso, però, l’insegnante si è trovata a fronteggiare una bambina che, ad appena 10 anni, si è rifiutata di seguire le sue indicazioni e ha organizzato una vera e propria petizione tra i compagni, ottenendo alla fine di poter cantare “senza censure”.

Ecco i casi più clamorosi di “no presepe”, “no recite”, “no canzoncine natalizie”, che si concentrano soprattutto nel nord est, dove però la Lega Islamica ha chiarito: “Ai musulmani il presepe nelle scuole non dà fastidio”.

L’"anticrociata" di Don Luca

Sono lontani i tempi nei quali i crociati partivano alla volta della Terra Santa. Ora le battaglie si consumano direttamente in patria a colpi di “no”: il “no presepe” è lo slogan più diffuso, che ha sostituito le armi vere e proprie. Nel caso di Don Luca Favarin, però, si tratta di una provocazione. Capelli lunghi, biondi e sciolti, occhiali colorati, il giovane sacerdote che rifiuta di indossare la tonaca e porta invece sciapre color arcobaleno è diventato anche volto noto in tv. E’ soprannominato il “Don Gallo veneto" perché è lì che opera con la sua onlus, Percorso Vita, occupandosi di nove centri di accoglienza per profughi, soprattutto africani.

Già protagonista di un acceso scontro con l'ex Sindaco leghista di Padova, Bitonci, per motivi legati proprio alla gestione dei migranti, Don Luca quest’anno ha lanciato una provocazione: “Credo che un Natale senza presepio sia più coerente con questa pagina volgare e infame della storia del nostro Paese” con riferimento alla legge Sicurezza appena approvata in Parlamento. “Va in scena il teatrino del Natale e poi si lascia morire la gente per strada” ha spiegato il religioso, che ha aggiunto: “Oggi fare il presepio è ipocrita. Il presepe è l’immagine di un profugo che cerca riparo e lo trova in una stalla. Esibire le statuette, facendosi magari il segno della croce davanti a Gesù bambino, quando poi nella vita di tutti i giorni si fa esattamente il contrario, ecco tutto questo lo trovo riprovevole».

Nel mirino è finito il ministro dell’Interno Matteo Salvini: «Ci vuole una coerenza umana e psicologica. Applaudire il decreto sicurezza di Salvini e preparare il presepe è schizofrenia pura. Come dire: accolgo Dio solo quando non puzza, non parla, non disturba. Lo straniero che incrocio per strada, invece, non lo guardo e non lo voglio».

Niente presepe, mancano i “fondi”

Il pensiero del sacerdote è strettamente legato al suo curriculum che parte dal suo servizio come cappellano presso il carcere di Padova e arriva a un periodo in Africa, e in particolare in Sudan, per poi tornare nella sua terra veneta, dove gestisce un caffè e un ristorante, nei quali lavorano alcuni rifugiati.

Ma è proprio dal Veneto che sono arrivati altri “no”, come quello a realizzare il presepe nell’Istituto comprensivo “Ilaria Alpi”, dove la dirigente Elisabetta Pustetto ha spiegato: “Aderire al progetto della Regione avrebbe comportato una mole di lavoro in più per la segreteria che, essendo sotto organico, non sarebbe riuscita a svolgere”. Il Consiglio regioanle veneto, infatti, aveva stanziato appositi fondi, come spiegato su Facebook dall’Assessore veneto all’Istruzione, Elena Donazzan, per “concedere 250 euro alle scuole che avessero realizzato il presepe. Ben 546 scuole hanno concorso al bando indetto dall’Ufficio scolastico regionale del Veneto: di queste 281 sono statali, 247 paritarie, 18 i centri di formazione professionali”. 

In realtà, a spingere la dirigente a declinare l’offerta è anche una ragione che ha a che fare con i progetti multiculturali dell’istituto: “Si lavora sulla multiculturalità, sull’aspetto educativo che non è né laico, né religioso, si approfondiscono aspetti storici, si parla di musica, di accoglienza e di tante altre cose - ha detto Pustetto - Quando ho prospettato al corpo docenti l’idea di realizzare il presepe secondo i canoni stabiliti dal bando regionale, ho capito che gli insegnanti già si erano premuniti di “coprire” il periodo natalizio in modo diverso”.

Caso chiuso? Nient’affatto, perché in alcuni casi l’orientamento multiculturale e le intenzioni di non ferire la sensibilità di alcuni si sono scontrati con la reazione di una bambina di 10 anni, che ha condotto una sua singolare battaglia “pro Gesù”.

Niente “Gesù” nella canzoncina

Se in qualche caso è l’intero presepe ad essere messo in discussione, a Riviera del Brenta è stato “Gesù” a scomparire, stavolta da una canzoncina. Tutto è nato quando le insegnanti di una scuola elementare del comune veneto hanno deciso di far imparare e poi cantare “Buon Natale in allegria” in occasione della recita natalizia. Il testo, però, è stato “epurato” dalla parola “Gesù” e così il ritornello “Su, brindiamo! Festeggiamo! Questo è il giorno di Gesù” è stato modificato per rispetto nei confronti di alcuni alunni non cattolici.

Ma l’idea delle maestre, per non urtare la sensibilità di alcuni bambini musulmani, ha finito con l’urtare quella di un’alunna di 10 anni, che si è ribellata: ha preso carta e penna, e ha scritto una petizione consegnata all’insegnante e firmata dalla maggioranza dei compagni di classe.

Il precedente: il divieto anche al cimitero

Le polemiche sul presepe non sono nuove: già due anni fa aveva fatto scalpore la presa di posizione di un cappellano a Cremona, se non altro perché il divieto riguardava un cimitero. Don Sante Braggiè si era opposto alla realizzazione della Sacra Rappresentazione, invertendo le disposizioni del suo predecessore, in considerazione del fatto che “un piccolo angolo del camposanto è riservato alle tombe degli islamici. Sono molti quelli che vengono qui a ricordare i loro cari - aveva spiegato - Un presepio collocato in bella vista com’era quello potrebbe essere una mancanza di rispetto per i fedeli delle altre religioni, urtare la sensibilità dei musulmani, ma anche degli indiani e pure degli atei. Insomma, sarebbe un pasticcio”.

La Lega Islamica veneta: “Il presepe non ci dà fastidio”

Il caso di Riviera del Brenta, così come quelli dei presepi, hanno fatto ben presto il giro del web e hanno spinto la comunità islamica veneta a chiarire: “Vedere un Presepe, cantare il Natale o ascoltare il nome di Gesù e di Maria a noi non dispiace, anzi” ha spiegato il presidente della Lega Islamica, Bouchaib Tanji.

A riprova di cì è stato ricordato come negli anni passati i fedeli islamici abbiano fatto gli auguri a quelli cristiani, abbiano donato presepi e persino, in qualche occasione, abbiano partecipato alla Santa Messa in una chiesa cattolica. ''Ci piacerebbe che si creassero occasioni per far conoscere a tutti, bambini e giovanissimi compresi, i fondamenti della nostra fede, i nostri luoghi di preghiera, le nostre tradizioni" ha aggiunto Tanji, che confida in ''più dialogo e meno (infondate) polemiche".

Le risposte di Salvini e Bussetti

Nel caos che è seguito alle diverse prese di posizione è intervenuto anche il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che ha detto: “Non penso che Gesù Bambino o Tu scendi dalle stelle possa dar fastidio a qualcuno. Il Natale è un festa così bella che penso possa abbracciare tutte le fedi e tutte le religioni. Chi tiene Gesù Bambino fuori dalla porta della classe non è educatore”.

D’accordo il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, che aveva già preso posizione: “Crocifisso e presepe sono simboli dei nostri valori, della nostra cultura, delle nostre tradizioni e della nostra identità. Non vedo che fastidio diano a scuola. Chi pensa che l'inclusione si faccia nascondendoli, è fuori strada”.

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Eleonora Lorusso