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Mostro di Firenze, una nuova inchiesta

Indagato Giampiero Vigilanti, ex legionario: la pista collegherebbe gli omicidi all'eversione nera. I dubbi e i rischi di un ennesimo nulla di fatto

“La figura di Giampiero Vigilanti uscirà dall’inchiesta proprio come quella del farmacista Calamandrei o del dottor Narducci, morto affogato nel lago Trasimeno. Se quest’uomo è considerato un elemento fondamentale per riaprire l’inchiesta sul mostro di Firenze, questa si chiuderà a breve con un nulla di fatto. Un altro “buco” degli inquirenti”.

È una pista investigativa senza uscita, secondo Davide Cannella, investigatore privato della Falco investigazioni di Lucca, incaricato, all’epoca, dall’avvocato di Giancarlo Lotti, Nino Filastò, di fare luce sulla posizione del suo assistito, quella intrapresa nei mesi scorsi dalle Procure di Pistoia e Firenze per cercare di far luce sui delitti del mostro di Firenze.  

La nuova inchiesta

Per gli inquirenti, a distanza di 32 anni dall’ultimo omicidio, ci sarebbe una nuova pista  da seguire che legherebbe gli 8 duplici massacri alla 'strategia della tensione', a una 'pista nera'.

A far riaprire il caso un esposto dell'avvocato Vieri Adirani, legale dei familiari di Nadine Mauriot, una delle vittime del mostro che riporterebbe l’attenzione su una pista già valutata  ma poi subito abbandonata 30 anni fa: quella dell’eversione.    

Chi è l' ex legionario 

Al centro di questa nuova dimensione dell’inchiesta Giampiero Vigilanti, ex legionario originario di Vicchio, oggi 86enne e al momento anche, unico indagato. Le nuove indagini sarebbero ripartite da lui e dalle sue dichiarazioni, rispolverate nei faldoni abbandonati negli archivi.

Ma quanto potranno essere attendibili i ricordi di un uomo così anziano e per di più a distanza di così tanti anni che il pm Canessa ha ascoltato più volte?

“Di certo c’è che Vigilanti conosceva Pacciani ma per il semplice motivo che entrambi erano originari di Vicchio e, in paesini così piccoli, ci si conosce tutti- continua a spiegare a Panorama.it, Davide Cannella – ma non credo in alcun modo che possa essere coinvolto nei delitti del Mostro, così come possa rivelarsi cruciale per dare corpo alla pista eversiva”.

Vigilanti venne perquisito nel settembre 1985, tre giorni prima della prima perquisizione a Pietro Pacciani. Nella sua abitazione furono trovati alcuni ritagli di giornali sui delitti delle coppiette. Nove anni più tardi, nel 1994, dopo una lite con un vicino di casa l'ex legionario fu perquisito una seconda volta e in casa i carabinieri gli trovarono 176 proiettili calibro 22 di marca Winchester serie H, gli stessi usati dal mostro di Firenze.

Il perchè il legionario non risolverà il caso

“Non hanno nessun valore-prosegue l’investigatore- di proiettili Winchester serie H in quel periodo ve ne erano moltissimi. All’epoca dei primi delitti ero arruolato nell’Arma e anch’io li ho spesso utilizzati al poligono”.

Vigilanti non può essere la ‘svolta’. La soluzione per questi atroci delitti  è nella pistola Beretta calibro 22 a canna lunga che non è mai stata trovata e le cui tracce portano ai sardi e al delitto di Barbara Locci e Antonio Lobianco del 1968”.

Cannella che prima come militare dell’Arma e poi come investigatore privato è un perfetto conoscitore dell’inchiesta e di tutte le piste ‘battute’ e poi abbandonate, è convinto che per mettere la parola “fine” a questo caso occorra solo concentrarsi sulla pista sarda.

L'importanza dlla pista sarda

“Nel corso delle inchieste che sono ruotate intorno ai delitti del mostro sono state sequestrate e analizzate tutte le pistole Beretta calibro 22 a canna lunga presenti in Italia ma ne mancava una all’appello. Solo una non è mai stata analizzata e trovata: una Beretta scomparsa da Villacidro, Cagliari, paese d’origine dei fratelli Vinci”.

“Gli stessi sardi sui quali l’inchiesta sul Mostro si è più volte soffermata e ha portato a trovare il filo conduttore  fondamentale per tutta la vicenda: il collegamento con il primo omicidio avvenuto a Signa nel 1968 con quelli riconducibili al mostro a Scandicci”.

E il collegamento era la Beretta 22 a canna lunga. Una pistola che aveva tantissimi difetti, tutti riscontrati nel corso delle analisi balistiche. “Seguire la pista eversiva è solo una perdita di tempo oltreché un inutile dolore per i familiari delle vittime”.

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Nadia Francalacci