Morti in corsia, l'infermiera scrive: "Non merito tutto questo"
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Morti in corsia, l'infermiera scrive: "Non merito tutto questo"

Accusata dell'omicidio di un paziente e sospettata di molti altri casi, Daniela Poggiali per la prima volta parla direttamente di sé

In una lettera manoscritta di due facciate inviata all'Ansa, la 43enne ormai ex infermiera Daniela Poggiali dell'ospedale Umberto I di Lugo, nel Ravennate, accusata di avere ucciso una paziente con una iniezione letale di potassio ma sospettata di decine di casi analoghi di morte in corsia, ha sostenuto la propria innocenza dicendosi "di non meritarmi tutto questo". È la prima volta che la donna parla direttamente della propria vicenda, ma si dice "comunque fiduciosa nella giustizia".

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La Poggiali è in carcere a Forlì dall'ottobre scorso, accusata dalla procura di Ravenna in un'inchiesta aperta nell'aprile 2014 per omicidio pluriaggravato e poi divisa in più filoni. "Se mi fossi mai chiesta come ci si sente in carcere - esordisce nella lettera - ora ho la risposta". E ancora: "Ci si sente da schifo. Se non fosse un dramma vissuto in prima persona (...) potrebbe risultare quasi 'divertente'... quasi una novella di Boccaccio". La donna fa riferimento pure all'inchiesta dei carabinieri: "La vita di una persona normale viene stravolta all'improvviso da un'indagine giudiziaria fatta di perquisizione in casa; sequestro di effetti personali fino ad arrivare dopo qualche mese all'esito finale e più crudele: la carcerazione". Descrive poi come i giornalisti hanno seguito il suo caso: "Il tutto condito da un eccessivo interesse mediatico che porta a distruggere rapidamente la propria immagine e reputazione". Sempre ai giornalisti si rivolge quando scrive di sé: "Sei stata già etichettata (...) come 'l'infermiera killer' dallo sguardo gelido e il sorriso beffardo. Tutti si sono meravigliati perché il giorno della conferma del mio arresto avessi quel sorriso all'uscita dall'aula... nessuno però in televisione ha fatto vedere che quel sorriso era rivolto al mio compagno (...). Nessuno ha capito che dietro quel sorriso non c'è altro che disagio e sofferenza".

Il fidanzato torna più volte nella lettera come colui che più la sostiene assieme ai familiari, alle altre detenute e a "quei pochi amici rimasti tra i tanti che spariscono". Un riferimento pure ai due celeberrimi scatti che la ritraggono sorridente assieme a una paziente appena deceduta, "due immagini che agli occhi dell'opinione pubblica mi hanno fatta diventare un 'mostro senza pietà'". La lettera si chiude con una speranza: "Rimango comunque fiduciosa nella giustizia... in attesa di potermi difendere nella sede opportuna che rimane sempre quella di un'aula di un tribunale". L'apertura del processo davanti alla Corte d'Assise è per il 16 ottobre. (ANSA)

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