Marijuana: conviene legalizzarla?
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Marijuana: conviene legalizzarla?

Dopo il via libera alla coltivazione per uso terapeutico, si accende, tra medici ed economisti il dibattito sul libero consumo di cannabis

Di Maddalena Bonaccorso

I numeri parlano chiaro e non fanno ideologia. Lo scorso 10 dicembre l’Uruguay, primo paese al mondo a farlo, ha legalizzato produzione, vendita e distribuzione della cannabis, mentre il Colorado e lo stato di Washington hanno seguito il suo esempio il 1° gennaio 2014: ebbene, come ha spiegato nei giorni scorsi il sottosegretario Benedetto Della Vedova, «in Colorado, dopo sei mesi dalla legalizzazione della vendita al dettaglio e 18 mesi dalla decriminalizzazione, gli incidenti d’auto non sono aumentati e i reati sono persino diminuiti. Inoltre la legalizzazione della marijuana ha rappresentato un business di quasi 1 miliardo di dollari sottratto all’economia criminale». Alla luce di quelli che sono quindi i primi dati ufficiali dei paesi che hanno intrapreso la strada opposta rispetto al proibizionismo, anche in Italia una riflessione è d’obbligo: è forse arrivato il momento per aprirsi alla legalizzazione, considerando anche il cambiamento nella consapevolezza del problema, sia da parte della politica che dell’opinione pubblica?


«Sicuramente sì e i segnali sono chiari» risponde Umberto Veronesi, da sempre in prima linea sulla strada della legalizzazione. «Siamo di fronte a una svolta culturale a livello mondiale. Pensiamo solo al fatto che dopo la decisione anti-proibizionista, i sondaggi americani confermano che i cittadini favorevoli alla liberalizzazione hanno raggiunto il 54 per cento, quindi la maggioranza, mentre ai tempi dell’approvazione della legge proibizionista di Nixon, nel 1970, erano solo il 15 per cento. Il prossimo novembre in Oregon, Alaska e California si terrà un referendum che, stando alle previsioni, decreterà la fine del proibizionismo. I tempi sono ormai maturi per un dibattito serio. E in Italia non a caso si moltiplicano gli interventi di politici ed economisti». L’Università La Sapienza, per esempio, ha calcolato per l’Italia un possibile incasso di 5,5 miliardi di euro all’anno dalla vendita di cannabis.

I sondaggi americani evidenziano che i cittadini favorevoli alla liberalizzazione hanno raggiunto il 54%

Se la ricaduta economica dell’antiproibizionismo può essere misurata anche in termini di creazione di nuovi posti lavoro (sempre in Colorado se ne ipotizza un potenziale di 10 mila, 2 mila dei quali già realizzatisi, secondo uno studio del Marijuana industry group statunitense), c’è chi, a questi calcoli, risponde con una provocazione: «Ma i costi sanitari che deriverebbero dalla legalizzazione, non dovremmo considerarli?» riflette Elisabetta Bertol, presidente dell’Associazione scientifica Gruppo tossicologi forensi italiani. «Ricordiamoci che la cannabis è uno xenobiotico, una sostanza estranea all’organismo, che porta con sé, oltre a molti altri problemi, ampiamente dimostrati e studiati, tutti i danni del fumo normale». Rimane contrario anche Giovanni Belardelli, ordinario di Storia delle dottrine politiche all’Università di Perugia, che vede nella «campagna» a favore della legalizzazione «una svolta culturale di cui non credo si debba andar fieri, poiché dietro di essa si intravede, nelle classi dirigenti e più in generale nelle classi d’età adulte dell’Occidente, una abdicazione dalle proprie responsabilità educative». 

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