L'ex agente Cia a Roma e i segreti del caso Moro
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L'ex agente Cia a Roma e i segreti del caso Moro

Intervista a Philip M. Giraldi, per anni ufficiale all’ambasciata americana italiana, che fa il punto su alcuni grandi misteri italiani

Colpo di scena sull’assassinio di Aldo Moro. Il procuratore generale di Roma, Luigi Ciampoli, ha appena chiesto di procedere per concorso in omicidio contro Steve Pieczenik, un ex funzionario del Dipartimento di Stato Usa e superconsulente del governo italiano ai tempi del sequestro.

Philip M. Giraldi è stato per 19 anni ufficiale Cia all’ambasciata americana di Roma

Signor Giraldi, lei che cosa può dire?

Io sono arrivatoin Italiaalla fine degli anni ’70 e sono andato via nel 1982. Mi occupavo del Pcie delle Brigate rosse. Ero un ufficiale della Cia dell’ambasciata degli Stati Uniti nel 1978 quando venne ucciso l’onorevole Aldo Moro. Per quanto mi ricordi, non c'era nessun funzionario del Dipartimento di Stato americano di nome Steve Pieczenik che in quel momento stava lavorando su Moro. Sia l'addetto dell’Fbi, che era un italoamericano, sia la Cia, erano molto attivi e lavoravano alacremente sulle controparti di intelligence.  

A parlare con Panorama.it è Philip M. Giraldi, un ex specialista Cia di offensiva al terrorismo ed ex ufficiale dell'intelligence militare. Ha prestato servizio all'estero fra Turchia, Italia, Germania e Spagna. È stato capo della base di Barcellona dal 1989 al 1992, è stato appuntato ufficiale senior dell'Agenzia a supporto dei Giochi olimpici, ha prestato servizio come ufficiale di collegamento per la Sicurezza spagnola e i servizi dell'Intelligence. Oggi è direttore esecutivo del Consiglio per l’interesse nazionale degli Usa a New York (Council for the National Interest). Spesso intervistato dalla tv americana su questioni di intelligence, Giraldi è opinionista di sicurezza, intelligence e terrorismo per The Huffington Post, The American Conservative e per Hearst Newspaper. Nel 2008, durante le primarie presidenziali,è stato consigliere di politica estera di Ron Paul.

  

Il generale Gian Adelio Maletti ex capo del reparto controspionaggio del Sid, nel libro dal titolo Piazza Fontana, noi sapevamo, ha affermato che “dietro la strage di Piazza Fontana, c’era la Cia, che voleva destabilizzare l’Italia per imporre una svolta autoritaria a destra come avvenne per la Grecia dei Colonnelli e il Cile di Pinochet”. Maletti, nell'intervista ha anche riferito che al Sid, non fu mai chiesto di intervenire e che la Cia, tramite i suoi agenti, doveva fare da "collegamento tra diversi gruppi di estrema destra italiani e tedeschi". Cosa ne pensa?

Lavoravo al quartier generale della Cia in Italia nel 1975 e posso affermare categoricamente che la Cia non è mai stata coinvolta nella strage di Piazza Fontana. Non aveva le risorse per farlo e non c'era alcuna motivazione nel spingere l'Italia più a destra attraverso la messa in scena di un attacco terroristico. Infatti, la Cia, che era considerata dal Dipartimento di Stato come "soft", riteneva che il Pci non fosse una seria minaccia per la democrazia italiana.

 

Ha mai sentito parlare di un piano di Cosa nostra per eliminare il procuratore di New York, Rudolph Giuliani, intorno agli anni ’80?

Ho sentito che c'era un piano per ucciderlo, organizzato dalla mafia negli Stati Uniti, ma non ne conosco i dettagli né quando doveva avvenire questo attentato.

 

Attualmente a Palermo si sta celebrando un processo che ipotizza una “trattativa tra Stato e mafia”. Sul banco degli imputati figurano boss di Cosa nostra, come Totò Riina, e uomini delle istituzioni, che hanno catturato proprio tali capimafia, come il generale Mario Mori. L’accusa è di aver negoziato un patto per fermare le bombe del 1993 in Italia, contro un alleggerimento del regime carcerario duro. Lei pensa che un processo del genere potrebbe svolgersi negli Usa?

Non posso immaginare un processo simile negli Stati Uniti. È impensabile soltanto un’inchiesta del genere.

 

Dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio, l’Italia chiese aiuto all’Fbi e alla Cia per partecipare alle indagini e coordinare la lotta contro la mafia. Per lei è possibile un patto tra Cosa nostra e uomini politici?

Che alcuni elementi del governo italiano avessero legami con la mafia era noto sia alla Cia sia all’Fbi quando io ero già a Roma. Giulio Andreotti è stato spesso citato come possibile associato alla mafia (e del resto su questo si è svolto un processo a Palermo, ndr). La Cia non ha collaborato attivamente alle indagini per le bombe del 1992, comunque una trattativa tramafiae governoitalianonei primi anni 1990 teoricamente è possibile, ma assai improbabile in concreto, in quanto si sarebbe risolta in "boomerang" per i politici coinvolti.

 

Negli anni Novanta, in Italia, un’organizzazione terroristica denominata Falange armata semina il panico rivendicando omicidi e stragi di mafia. Il suo slogan era: “il terrorismo non è morto, vi faremo sapere poi chi siamo”. Cosa ne sa lei? Chi c’era dietro questa sigla?

È miaimpressione chela Falange armata sia esistita, ma consisteva diuna manciata diestremisti di destra. Le è stato dato troppo peso,per lo stesso motivo per cui si dà troppo significato al pericolo rappresentatodagli estremisti islamici:rafforzala manodello Stato enuovipoteri di polizia edi sicurezza.

 

Un aneddoto che le è rimasto impresso?

QuandoGiulioAndreottiera presidente del Consiglionegli anni ’70 e aveva bisognodi parlare con"gli Americani", voleva nel suo ufficio direttamente il capo della Cia in Italia, perché riteneva l’ambasciatore americano meno importante.

 

Parliamo di politica estera. Sull’Isis lei ha detto che"la strategia della Casa Bianca in Iraqe in Siriadipende in parte daun vagopiano per sostenere l’opposizione moderata alleader sirianoBashar al-Assad, presumibilmente per aiutare a completare illavoroiniziatoattraversoattacchi aereifornitidalle forze della coalizionea guida Usa". Può spiegare meglio la sua analisi? Come si può fermare l'Isis e chi c'è dietro lo scacchiere internazionale?

Non credo che l’Isis possa essere distrutto da forze aeree, il che significa che devi avere collaboratori sul campo in grado di occupare e controllare il territorio. Questo manca nel piano presentato da Barack Obama e dall’Europa. Non si può sconfiggerlo solo con questa strategia e non ci si può affidare a Turchia, Iran e Siria. Per esempio l'Iran e la Siria sono visti come "nemici" e non vogliono che la Turchia entri in questa guerra a causa della paura di uno stato curdo che è in via di sviluppo.

 

E allora come può essere battuto l’Isis?

L’Isis può essere sconfitto solo nel lungo periodo dai suoi vicini e deve essere fatto a terra. Gli Stati Uniti, la Turchia, l'Arabia Saudita e gli Stati del Golfo hanno fatto un grave errore di calcolo quando hanno pensato che Al-Assad potrebbe essere facilmente rimosso e sostituito da un governo anti-iraniano sunnita. Ora stanno trovando un rimedio semplice a questa situazione ma è un disastro umanitario.

 

Lei ha scritto che"Israelenon ha alcuna intenzionedi cederelaCisgiordaniaperché credenel propriodestino e nella giustizia. Continuerà a espandersia spesedei palestinesifino a quando ilcorso della storia le si rivolterà contro. Questo processo puòessererallentato dallaprotezione offertada Washington e dai suoi amici, ma verràcompletato". Obamael'Europa stanno sbagliando anche qui?

C'è solo unasoluzione alconflitto israelo-palestinese: la creazione diuno Stato palestineseconpiena sovranità. Israeleè sopravvissutonella sua forma attualeperché gli Stati Unitie lamaggior parte dei governieuropei, guidatidal senso di colpae da altrifattori, non sono riusciti ainsistere sulla fine della suaoccupazione e della colonizzazione nella Palestina. Alla fine quando Israelesi troverà da solo, senza supporto degli alleati internazionali, cederà alla creazione di uno Stato palestinese. Sarebbeintelligentefarloora, quandoha ancoraun certo sostegno e pesointernazionale. Dubito però cheNetanyahu possa farlo, visto che temedi perdere alcuni membri dell’aladestranazionalistadella suacoalizione.

 

 

 

        

 

 

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Anna Germoni