La Consulta: i detenuti al 41 bis possono scambiarsi oggetti
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La Consulta: i detenuti al 41 bis possono scambiarsi oggetti

Ma solo se fanno parte dello stesso piccolo "gruppo di socialità": così dice una sentenza depositata oggi dalla Corte costituzionale

Per i detenuti «pericolosi», sottoposti al regime speciale carcerario del 41 bis ma appartenenti allo stesso "gruppo di socialità", cade il "divieto assoluto" di scambiarsi oggetti di modico valore: come generi alimentari o per l'igiene personale e della cella. È quanto si legge nella sentenza 97, depositata oggi dalla Corte costituzionale.

Proprio mentre la polemica politica si fa più accesa sulle carceri e in particolare sui detenuti mafiosi del 41 bis, la Consulta (il giudice relatore è Nicolò Zanon) stabilisce che quel divieto, comprensibile tra detenuti assegnati a gruppi di socialità diversi, è invece irragionevole se "esteso in modo indiscriminato anche ai componenti del medesimo gruppo".

Resta fermo, aggiunge la Corte, che il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria potrà disciplinare come devono avvenire gli scambi tra reclusi, o predeterminare eventuali limitazioni in specifici casi, limitazioni che saranno eventualmente vagliate dal magistrato di sorveglianza.

Formati al massimo da quattro detenuti, in base a una complessa serie di criteri, i "gruppi di socialità" servono a conciliare due esigenze contrapposte: da una parte, evitare che i detenuti più pericolosi possano mantenere vivi i collegamenti con altri membri delle organizzazioni criminali di cui fanno parte, sia quelli reclusi in carcere sia quelli ancora liberi (questa è la motivazione alla base del regime detentivo speciale del 41 bis); dall'altra parte, garantire anche a questo tipo di criminali piccole occasioni di socialità.

La sentenza ricorda che gli appartenenti al medesimo gruppo trascorrono insieme alcune ore della giornata dentro il carcere, e che tra loro possono ovviamente comunicare, verbalmente e con gesti. Hanno quindi occasioni di scambiare messaggi, non necessariamente ascoltati o conosciuti dalle autorità penitenziarie.

La vicenda nasce nel marzo 2015 da un reclamo presentato al Tribunale di sorveglianza di Spoleto proposto da G. G., un detenuto sottoposto al 41-bis, contro un ordine di servizio con il quale la direzione del carcere di Spoleto aveva comunicato il "divieto di scambiare oggetti di qualunque genere, quand'anche realizzato tra detenuti appartenenti al medesimo gruppo di socialità, a seguito delle innovazioni apportate al citato regime differenziato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica)".

Secondo G.G., lo scambio di oggetti, e in particolare di generi alimentari «provenienti dai consueti canali (pacco famiglia, acquisti effettuati attraverso il circuito interno dell'istituto penitenziario in base al cd. mod. 72)», non poteva mettere a rischio gli obiettivi di sicurezza previsti dal 41 bis, visto che "i detenuti interessati allo scambio erano già stati ammessi «a fruire in comune la cosiddetta socialità". Il Tribunale di sorveglianza di Spoleto aveva dichiarato inammissibile il reclamo.

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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