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L'Italia non è un paese per pistoleri

A dispetto degli stereotipi la nuova legge non ha portato alcuna "corsa" alle armi

Gli italiani hanno il grilletto facile? Non si direbbe, stando ai numeri. Con l’adeguamento alla normativa europea, che è entrata in vigore lo scorso agosto, oggi in Italia si possono comprare più armi, pistole, fucili e munizioni. Significa che ci trasformeremo in un Far West? Non precisamente. Nelle armerie non si è affatto registrato quell’aumento di vendite che gli addetti ai lavori prevedevano e, magari, auspicavano. Stanno invece vivendo un momento magico i poligoni per il tiro a segno sportivo, che si moltiplicano e sono frequentati sempre più di donne, anche giovanissime.

La nuova legge ha dato soprattutto impulso al settore «ludico», piuttosto che a quello venatorio, ormai asfittico, o a quello della difesa personale. Chi possiede un porto d’armi per uso sportivo, infatti, oggi può comprare il doppio delle armi di un tempo: il limite per le pistole che si possono detenere passa da sei a dodici, quello per i fucili da cinque a dieci. In pratica, chi va a sparare in un poligono può avere fino a ventidue armi da fuoco.

Attenzione però, chi crede che sia più facile armarsi si sbaglia. La legislazione italiana sul porto d’armi è tra le più restrittive d’Europa. Alessio Carparelli, istruttore di tiro da difesa e autore di studi e testi sull’argomento, ricorda che «le norme su chi può ottenere un porto d’armi non sono cambiate: occorre una doppia valutazione sanitaria, del medico di famiglia e dello psicologo della Asl. A cui segue la verifica dell’autorità di pubblica sicurezza sui requisiti personali e penali, un corso da seguire e un esame da sostenere presso un poligono dell’Unione italiana tiro a segno nazionale del Coni».

A differenza del passato, poi, oggi bisogna dimostrare di frequentare periodicamente lezioni di tiro e un poligono per poter mantenere il porto d’armi ad uso sportivo. Del tutto fuori luogo, poi, accostare la nuova normativa sul porto d’armi al dibattito sulla legittima difesa, ancora al vaglio del Parlamento. Nel testo di legge già approvato dal Senato e ora al vaglio della Camera, infatti, non vengono mai citate le armi da fuoco, mentre si parla genericamente di uso della forza. E il testo non modifica i requisiti e le prerogative di chi può possedere un’arma.

Secondo il Viminale in Italia circolano 12 milioni di armi da sparo e i titolari di porto d’armi - che siano da caccia, da difesa o per uso sportivo - senza contare militari e forze dell’ordine, sono 1 milione e 369.148 persone. Negli ultimi due anni i titolari di autorizzazione per uso sportivo sono centomila in più. L’impressione è che, con gli sbarramenti mantenuti per ottenere un porto d’armi per difesa personale, in molti abbiano ripiegato su quella che permette comunque di frequentare un poligono e di tenere una pistola in casa.

I nuovi appassionati, infatti, si rivolgono sempre più spesso alle celebre «.357 Magnum» o alla «.44 Magnum», quelle dell’ispettore Callaghan per intendersi, che sparano proiettili capaci di sfondare un muro. Lo stesso vale per le cosiddette armi lunghe, dove la potenza di fuoco viene spesso preferita alla precisione; così che in molti, a un calibro 22, preferiscono il fucile d’assalto M4 per sentirsi un «marine» per un pomeriggio.

La legge prescrive tuttavia che quando si entra in un poligono di tiro, pistole o fucili devono essere tenute separati dal caricatore, che deve essere vuoto e con le munizioni a parte. Così da rendere impossibile un uso immediato dell’arma. Restano, semmai, due lacune comunque importanti. Nessuna legge prescrive esattamente come debbano essere custodite le armi in casa, affidando la cura al buon senso di chi la detiene, col rischio concreto di incidenti domestici in caso di negligenza. Molte critiche ha poi sollevato l’abolizione, con la nuova normativa, dell’obbligo, per chi detiene un’arma, di informare i familiari.

Nonostante il maggior numero di pistole e fucili che si possono acquistare, come si accennava, non si registra però un aumento di vendite. Angelo Buzzini possiede una delle più antiche armerie di Milano e registra come il giro d’affari negli ultimi mesi sia costante. «A caccia non va quasi più nessuno a causa di costi, burocrazia e calendari venatori sempre più ristretti» conferma Buzzini. «Le armi lunghe registrano da anni un calo importante di vendite. Si vendono un po’ di più i “pezzi” economici. Si può dire tuttavia che il mercato più promettente sia quello femminile».

Basta entrare infatti in uno dei tanti poligoni di tiro - questi invece in crescita - per scoprire come sia cambiata la composizione di chi li frequenta. Mogli, madri, professioniste o casalinghe che, spesso in gruppo, si riuniscono la domenica pomeriggio sulle linee di tiro, al bersaglio o al piattello, sorprendendo i maschi, più anziani e assai meno precisi. Renato Lamera, presidente del poligono Cieli aperti, nella Bergamasca, commenta: «Qui ci sono una quarantina di donne che si ritrovano, soprattutto con la bella stagione, per stare insieme, cementare l’amicizia e divertirsi a sparare. Abbiamo anche una squadra, chiamata Rose rosse, che girà l’Italia organizzando gare amatoriali con ottimi risultati. È un ambiente sereno, con persone tranquille che hanno soprattutto voglia di socializzare con uno sport». Chi paventa scenari da sparatorie urbane si deve ricredere: più che Rambo il modello sembra Sex and the city. 

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Giorgio Sturlese Tosi

Giornalista. Fiorentino trapiantato a Milano, studi in Giurisprudenza, ex  poliziotto, ex pugile dilettante. Ho collaborato con varie testate (Panorama,  Mediaset, L'Espresso, QN) e scritto due libri per la Rizzoli ("Una vita da  infiltrato" e "In difesa della giustizia", con Piero Luigi Vigna). Nel 2006 mi  hanno assegnato il Premio cronista dell'anno.

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