Incidenti stradali: ecco perché i risarcimenti al Nord non arrivavano
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Incidenti stradali: ecco perché i risarcimenti al Nord non arrivavano

La polizia di Stato di Torino ha scoperto un'organizzazione criminale che riusciva ad intascare oltre 4 milioni di euro l'anno dei sinistri

Il “basista”, il “falsario”, l’“accompagnatore” e gli “scambisti”. Non sono i protagonisti di una delle tante commedie televisive, ma di un gruppo di sette truffatori che attraverso un meccanismo ingegnoso, sono riusciti ad incassare centinaia di assegni circolari spediti per posta e mai fatti arrivare a destinazione.

I sette truffatori, sei uomini e una donna originari della Campania, arrestati questa mattina al termine dell’operazione “Transfer cheque” dalla Polizia di Torino, avevano ideato un modo per incassare circa 4 milioni di euro all’anno, con gli assegni dei sinistri stradali.

A finire nel mirino dei ladri-truffatori-falsari, migliaia di malcapitati di tutte le Regioni d’Italia.

L’organizzazione ha sicuramente colpito nelle città di Genova, Pisa, Livorno, Cuneo, Novara, Firenze, Como e Torino. Gli investigatori, però, sono convinti che la loro attività possa essere stata ancora più vasta.

Il meccanismo della truffa
Ma come facevano ad incassare gli assegni, presso vari istituti bancari, senza destare nessun sospetto? 

La truffa iniziava con l’attività del basista, un dipendente delle Poste italiane in servizio presso il Centro meccanizzato postale di Napoli. Lui che aveva il compito di impossessarsi di assicurate e raccomandate contenenti assegni. Una volta fatte sparire dall’istituto postale le consegnava alla mente della banda: il falsario.

A quest’ultimo il compito più delicato: produrre documenti falsi con i nominativi dei destinatari degli assegni che, naturalmente consegnava agli altri complici, ovvero, gli scambisti.

Erano gli “scambisti” che materialmente ritiravano i soldi. Infatti, il compito era quello di recarsi nelle filiali bancarie dove, utilizzando i documenti falsi, aprivano dei conti a nome dei beneficiari degli assegni, opportunamente falsificati.

Naturalmente la truffa non era ancora finita: una volta incassati provvedevano a trasferire i soldi su altri conti, anche questi aperti con documenti falsi, dai quali poi li trasferivano ulteriormente su altri conti o su carte prepagate.

Ma nell’ingegnoso progetto manca ancora il “supporto” fondamentale di un altro criminale perché nulla era lasciato al caso.

Gli intestatari dei conti così aperti, infatti, erano supportati dall’attività organizzativa dell’accompagnatore che aveva il compito di individuare le filiali giuste, prenotare gli alberghi e organizzare le trasferte.

Le percentuali della truffa
Una volta incassati gli assegni, ogni “figura lavorativa” aveva la sua parte: 10 per cento al basista, 25 per cento ai correntisti bancari e il resto al falsario e all’accompagnatore. Ovviamente, ogni volta, i criminali partivano proprio dalla Campania, in particolar modo da Frattamaggiore, Aversa e Caserta per raggiungere varie città italiane e portare a segno la truffa.

Le accuse
Le accuse nei loro confronti sono, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, possesso e fabbricazione di documenti falsi, uso di atti falsi, falsità materiali commesse da privati, e peculato continuato. La squadra mobile di Caserta e il commissariato di Aversa, che ha sequestrato un centinaio di assegni, carte d'identità in bianco contraffatte, contanti per migliaia di euro, timbri di uffici pubblici, carte di credito e postepay, dispositivi token bancari e altro materiale.

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Nadia Francalacci