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Il discorso (a giornali unificati) di John Elkann alla nazione

Intervistato dai suoi direttori, il numero uno di Exor ha scelto il ventennale della morte dell'Avvocato per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Nel mirino la madre Margherita, il sistema bancario e chi lo accusa di aver chiuso l'era Fiat

Due pagine su Repubblica e due su La Stampa. Intervistato da Ezio Mauro e Massimo Giannini, i suoi direttori. John Elkann ha scelto di giocare in casa per raccontare la sua visione di Italia, dietro il paravento della celebrazione del ventennale della morte dell'Avvocato Gianni Agnelli. L'uomo da cui - circostanza messa in bella evidenza per evitare interpretazioni differenti - ha raccolto l'investitura a guida della Famiglia in mezzo alle turbolenze di un periodo storico complesso sia per il contesto economico che per le vicende aziendali e famigliari. Una comfort zone in cui John Elkann si è preso, da padrone di casa, spazio e tempo necessari per recapitare al mondo fuori la sua visione di Italia e per togliersi non pochi sassolini dalla scarpa.

In un caso, quello della contesa per l'eredità con la lite ormai ventennale che contrappone Margherita al resto della famiglia, per tracciare un giudizio netto e inappellabile: è lei che ha sbagliato e sbaglia, "che ha riaperto la questione subito dopo la morte del nonno in maniera inaspettata" e che è stata "meno chiara" rispetto alle indicazioni date dall'Avvocato. Il motivo? "In quel 2003 molti hanno pensato che per la Fiat i giochi erano finiti e la storia che durava da un secolo si stava disfacendo" la risposta di Elkann. Tra quei molti, evidentemente, anche la madre Margherita.

E poi punture di spillo e schiaffi (metaforici) a chi lo ha accusato di aver venduto l'azienda nel portarla nelle braccia dell'alleanza con Peugeot da cui è nata Stellantis, di aver abbandonato Torino al suo destino (elencando la mole di investimenti fatti negli anni Duemila sulla città, scommessa olimpica compresa), di aver smesso di fare auto per inseguire altro. Di avere, in estrema sintesi, chiuso davvero la storia secolare della Fiat cambiandole pelle e missione per sempre, portandola fuori dall'Italia, recidendo il legame che nel Dopoguerra e per lunghi decenni ha reso la Famiglia Agnelli la vera famiglia reale italiana. Capace di indirizzare scelte politiche ed economiche, di incidere sul costume, di dettare i tempi dei cambiamenti sociali.

Macigni quelli tolti dalla scarpe e indirizzati al sistema finanziario e bancario italiano: "Ci siamo sentiti attaccati molto duramente dall'interno e dall'esterno - ha puntualizzato Elkann riferendosi al biennio della morte di Gianni e Umberto Agnelli -. E il sistema bancario e finanziario italiano che da sempre aveva beneficiato della Fiat, in quel momento non ci ha sostenuto". Non un semplice passaggio turbolento ma "una vera e propria violenza". Parole scelte con cura e misura.

Anche sugli asset di maggior esposizione pubblica, John Elkann ha voluto puntualizzare dal salotto di casa. A partire dalla Juventus travolta dagli scandali e fresca di stangata da parte della giustizia sportiva. "L'ingiustizia di questa sentenza è evidente" è la posizione del numero di uno di Exor, l'azionista di maggioranza, l'uomo cui guardano milioni di tifosi bianconeri consapevoli di avere davanti mesi di sofferenza e rischi, ma anche di essere sorretti alle spalle da una proprietà solida e munifica. Che in tre anni ha già messo 700 milioni di euro a fondo perduto nel club, che ha guidato un violento ricambio manageriale che ha coinvolto anche il cugino Andrea del quale, però, nel discorso a giornali unificati non si pronuncia il nome. La sensazione: guai a toccare la Juventus oltre il consentito dalla necessità di chiudere le partite con il passato. E guai a immaginare un futuro senza centralità: "Spero che insieme alle altre squadre e al Governo possiamo cambiare il calcio nel nostro Paese. La Juventus non è il problema, ma è e sarà sempre parte della soluzione". Nessuna domanda sulla Superlega e sulla scalata al fortino del calcio europeo. L'ultima sfida (per ora persa) del cugino caduto in disgrazia.

Se è vero che la Fiat, così come il sistema industriale italiano, da sempre è stato ed è filo governativo, il colloquio di John Elkann con i suoi direttori conferma che la linea non è cambiata. Carezze per Giorgia Meloni ("E' il primo premier donna, ha la possibilità di costruire un Paese più forte"), il Quirinale ("In un momento difficile per l'Italia le istituzioni hanno tenuto") e per chi governa il Piemonte e Torino. Nessuna sorpresa, insomma. Ma anche meno guizzi di quelli cui per decenni ha abituato l'Avvocato oggi celebrato.

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Giovanni Capuano