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Viaggio nei peccati della magistratura

Il nuovo saggio di Stefano Zurlo svela le miserie della categoria come emergono della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. Che ne perdona la stragrande maggioranza

La magistratura è nuda. Lo è per le scandalose rivelazioni (meglio: per le conferme) emerse con lo scandalo delle chat telefoniche di Luca Palamara, il sostituto procuratore romano, nonché ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati, nonché ex membro togato del Consiglio superiore della magistratura, che in rappresentanza della corrente di Unicost scambiava favori, informazioni cruciali e appoggi carrieristici con decine, centinaia di giudici e pubblici ministeri.

Ma le vergogne della giustizia italiana sono messe a nudo soprattutto per quel che emerge da Il libro nero della magistratura di Stefano Zurlo, firma della cronaca giudiziaria del Giornale di Sandro Sallusti e tra i giornalisti più esperti della materia. Il saggio (Baldini e Castoldi, 230 pagine, 18 euro) racconta i peccati inconfessati delle toghe italiane come emergono dalle sentenze della Sezione disciplinare del Csm. La cui sigla, obiettivamente, sembra stare a significare «Cieco, sordo e muto».



È una realtà dolente e sconfortante, anche perché il libro racconta fatti già visti altre mille volte, e sempre rimasti impuniti. Zurlo segnala che ci sono giudici che depositano sentenze con mesi e mesi di ritardo e altri che dimenticano in cella gli imputati per 51 giorni. Ma è anche peggio di così. Perché ci sono giudici che hanno chiamato i carabinieri per non pagare il conto al ristorante e altri che hanno smarrito pratiche e fascicoli, vanificando in questo modo anni di processi.

Tutti questi giudici sono stati «processati» dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. Ma molti sono stati assolti perché c'è quasi sempre una scappatoia: il troppo lavoro, ma anche il sistema che non funziona, o la separazione dalla moglie, o la malattia grave di un congiunto. Molti magistrati vengono colpiti da punizioni del tutto ridicole, come l'ammonimento o la censura. Molto più di rado subiscono la perdita di anzianità e, assai più raramente, l'espulsione dalla categoria.

Sono centinaia i procedimenti disciplinari che si svolgono davanti al Csm: a volte i media ne parlano, ma nella maggior parte dei casi passano sotto totale silenzio. Sono processi celebrati nel silenzio e che nel silenzio si chiudono. Una vergogna nella vergogna.

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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