Sono poveri, gli tolgono sei figli
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Sono poveri, gli tolgono sei figli

Il Comune di Anzio versa 18mila euro alla casa-famiglia, ma niente contributo ai genitori

La trasmissione Presa Diretta ieri ha raccontato la drammatica storia della famiglia di Anzio, a cui il tribunale ha sottratto sei figli per la sola colpa di essere poveri. Avevamo parlato della storia di Silvia e della sua famiglia qualche mese fa, ve la riproponiamo perché purtroppo, nel frattempo, la situazione è rimasta uguale.


Rivoglio i miei figli”. Silvia è esasperata: due anni fa le hanno portato via i sei figli per spedirli in una delle 200 case-famiglia del Lazio che ospitano, solo a Roma e provincia, circa 1.600 minori. I figli di Silvia non andavano a scuola con i vestiti firmati e la merendina delle pubblicità. La loro casa era troppo piccola e il lavoro dei genitori saltuario. Agli occhi delle solerti assistenti sociali di Anzio, la mamma e il papà avevano, insomma, una “grave” colpa, quella di essere poveri.

Nonostante le ripetute richieste, per loro non c'erano case popolari disponibili (davanti avevano almeno 600 persone, quasi tutti stranieri) e, come ha spiegato a Panorama.itMaria Carsana, presidente dell'Associazione per la Tutela del Minore e legale della famiglia, “il Comune, invece di erogare un contributo per l'affitto, preferisce spendere 100 euro al giorno a bambino, 18mila euro al mese, per tenere questi minori in istituto, lontani dai loro genitori che adorano”.

Una scelta che viola palesemente il dettato costituzionale laddove, all'articolo 31, stabilisce che “la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose”.

E' vero che i bambini andavano a scuola sporchie che i genitori hanno avuto delle responsabilità–ha aggiunto l'avvocato puntando il dito anche contro “l'eccessiva rigidità della coordinatrice dei serivizi sociali di Anzio che ha in carico la situazione” – ma la loro unica colpa, se di colpa si può parlare, è la povertà”.

Per Silvia e suo marito è stato anche avviato un percorso di recupero della genitorialità che sta andando molto bene ma che non viene relazionato al giudice da parte degli piscologi e assistenti sociali di Nettuno dove si svolgono gli incontri.

Adesso Silvia, 33 anni, fa le pulizie tre giorni a settimanae il marito ha un contratto regolare. Si sono trasferitia Romanella casa della nonna che è grande abbastanza per ospitare tutti. Oggi il bambino più grande ha 12 anni, il più piccolo 4 e, dice Silvia, “dopo che me li hanno strappati, adesso li rivoglio”.

Con Panorama.it ricostruisce tutta la sua vicenda, da quel 26 marzo del 2012 quando la chiamarono dalla stazione dei carabinieri per avvisarla che i servizi sociali sarebbero andati a prelevare i suoi figli a scuola.

Ricordo che il più grande si è messo paura, ha pianto. La direttrice ha cercato di tranquillizzarlo, gli ha detto che lui e i suoi fratelli sarebbero andati in una casa-famiglia perché mamma e papà avevano dei problemi. Ma mio figlio non è stupido e quando l'ho incontrato mi ha chiesto perché dovevano stare in quel posto se sia io che mio marito avevamo finalmente trovato un lavoro”.

Silvia teme che questo distacco possa avere delle conseguenze sulla crescita dei bambini, che possano sentirsi abbandonati. L'unica cosa che la consola è che, grazie alla suora dell'istituto che ha accettato di accoglierli tutti insieme, sia stato risparmiato loro almeno il trauma della separazione.

Lei riesce a vederli il sabato e la domenica e fa notare che anche lì i bambini hanno preso i pidocchi. “Ci hanno incolpati di mandarli a scuola zozzi, con i pidocchi, ma anche in isitituo ci sono e alla femmina hanno rasato i capelli a zero come un maschiaccio”.

Giura e spergiura di non aver mai avuto, né lei né il marito, problemi con la giustizia o con la droga, “mi fanno paura gli aghi, figuriamoci se posso essere una tossica. Sono una brava madre, ho curato la dermatite di mio figlio a spese nostre, non certo con i soldi sei servizi sociali”.

Ricorda che lei non ha imbottito i bambini di metadone come quella coppia ligure che ha provocato la morte del figlioletto di due anni. Si domanda cosa ha fatto di male, cosa le mancava, “una casa più grande di 60 metri quadri? Beh, adesso ce l'ho, e anche un lavoro”.

Promette a tutti che non mollerà, che si riprenderà i suoi figli, che ha partorito lei, che sono suoi “né del sindaco di Anzio che mi incolpa ogni volta che lo incontro di fargli spendere un sacco di soldi, né dei servizi sociali”.

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Claudia Daconto