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Fino all'ultimo bambino: i numeri della malnutrizione infantile

La nuova campagna di Save the children suona la sveglia ai governi: servono più investimenti per centrare gli obiettivi di sviluppo sostenibile

Quando nei paesi occidentali ricchi parliamo di povertà non arriviamo mai neanche a sfiorare il reale significato che questa parola ha nella parte di mondo meno fortunata. Da noi essere poveri vuol dire non potersi permettere determinate cose, in molti paesi dell'Africa e dell'Asia significa letteralmente non avere niente da mangiare, tutti i giorni. Ci eravamo abituati negli ultimi decenni a un trend positivo: la fame nel mondo riguardava sempre meno persone. Da tre anni a questa parte, però, la tendenza si è nuovamente invertita.

Povertà in aumento

Nel 2017 il numero di coloro che soffrono la fame nel mondo è passato da 804 a 821 milioni. Siamo tornati ai livelli di 10 anni fa. Una persona su nove nel mondo non ha abbastanza da mangiare. Un rapporto di Save the Children dal titolo Lontani dagli occhi, lontani dai cuori, appena pubblicato, mette in evidenza che tra i più poveri in assoluto ci sono 151 milioni di bambini sotto i 5 anni che soffrono di malnutrizione cronica e 50 milioni che soffrono di malnutrizione acuta. La maggior parte vive in Asia (35 milioni) il resto in Africa (13,8 milioni).

Ma questi numeri non bastano a rendere l'idea di quanto siano i più deboli e indifesi a pagare lo scotto più alto di condizioni ambientali, climatiche e politiche sfavorevoli. Un altro dato fa riflettere: un bambino su quattro nel mondo vive in un paese coinvolto in un conflitto o colpito da un disastro naturale. Ogni anno 5,4 milioni di bambini muoiono prima dei 5 anni di età. Quasi la metà per cause legate alla malnutrizione. Parliamo, fa notare Save the Children, di cinque bambini al minuto.

Si tratta comunque di numeri probabilmente sottostimati, perché il monitoraggio esclude all'incirca 250 milioni tra uomini, donne e bambini, che si trovano in particolari situazioni di emergenza e di conflitto, quindi tra i quali il rischio di malnutrizione è tra l'altro molto alto. L'obiettivo di Sviluppo Sostenibile Fame Zero 2030, posto dalle Nazioni Unite, sembra difficile da raggiungere. Per combattere la malnutrizione occorrerebbe un investimento di 23 miliardi di dollari in più all'anno.

Partire dai bambini

"La cosiddetta 'finestra dei primi 1.000 giorni' è un momento fondamentale per la salute e la nutrizione del bambino", si legge nel rapporto, "che se compromessa rischia di influire negativamente sulla sua crescita psico-fisica. Una madre malnutrita ha più possibilità di dare alla luce bambini sottopeso, o che possono sviluppare arresti della crescita, condizione nota come stunting. Questo è tanto più vero nel caso delle gravidanze precoci. Bambine malnutrite hanno maggiori possibilità di diventare madri malnutrite perpetuando un circolo vizioso di malnutrizione che si trasmette di generazione in generazione".

E oltre a coloro che letteralmente non hanno di che campare, esiste anche la cosiddetta "malnutrizione nascosta", che riguarda qualcosa come 2 miliardi di persone al mondo, (soprattutto madri e bambini) che hanno gravi carenze di micronutrienti come la vitamina A, lo zinco, lo iodio e il ferro. Queste lacune nella dieta hanno un impatto notevole sulla loro crescita e la loro salute.

In alcune regioni dell’Africa subsahariana e dell’Asia meridionale, i progressi nella lotta alla malnutrizione avvengono a un ritmo così lento che è difficile pensare che i target dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite siano raggiunti perfino entro il 2050. Eppure molto è stato fatto fino ad ora per combattere la fame e la mortalità infantile. "Tra il 1990 e il 2016 quest’ultima è scesa del 57%, passando da 12,7 a 5,4 milioni di bambini morti prima di compiere il quinto anno di età".

Il ruolo del clima

Cosa impedisce a questo trend positivo di continuare? Il cambiamento climatico è uno degli ostacoli che negli ultimi anni si sono posti con maggior forza sull cammino della lotta alla malnutrizione. Eventi meteorologici estremi, come i cicloni Irma e Maria che hanno colpito i Caraibi mettendo più di un milione e mezzo di persone in condizione di aver bisogno di assistenza umanitaria, costituiscono uno dei problemi.

Il calo della produttività agricola, anch'esso legato ai cambiamenti climatici, è un altro. Tra l'altro, spiega il rapporto, "l’agricoltura industriale e di monoculture contribuisce maggiormente all’emissione di gas serra nell’atmosfera (tra il 20% e il 25%), esponendo così il settore agricolo formale ed informale ai danni prodotti dall’innalzamento delle temperature e dal cambiamento climatico". E che dire della siccità prolungata che in Kenya, Etiopia e Somalia ha colpito più 17 milioni di persone, esponendo 700mila bambini a malnutrizione, malattie e abbandono scolastico?

La guerra uccide anche con la fame

E poi ci sono i conflitti, che continuano a rappresentare una delle principali cause di insicurezza alimentare. Si stima che nel mondo siano 350 milioni i bambini che vivono in zone colpite da conflitti. Nei 10 paesi maggiormente devastati da guerre (Afghanistan, Iraq, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Siria, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Yemen), si calcola che siano 4,5 milioni i bambini sotto i 5 anni afflitti da malnutrizione acuta. Di questi quasi 600mila rischiano di non arrivare vivi alla fine di quest'anno se non riceveranno un'adeguata assistenza umanitaria.

In Yemen, dove è in corso una guerra atroce, di cui si parla poco, il 60% della popolazione non ha abbastanza da mangiare e più di 8 milioni, per la maggior parte bambini, dipendono completamente dall'assistenza umanitaria esterna.

Aiutare ragazze, mamme e bambini

"Le mamme e i bambini sono i soggetti più vulnerabili e devono diventare i destinatari principali dei programmi di nutrizione", sostiene il rapporto nelle sue conclusioni. Con la sua campagnaFino all'ultimo bambino, Save The Children chiede ai governi di affrontare le cause della malnutrizione attraverso un approccio integrato. Devono migliorare la sicurezza alimentare ma anche le condizioni igienico-sanitarie nei contesti in cui vivono i bambini. E poi occorre migliorare la condizione femminile e le pratiche di alimentazione di neonati e bambini, specialmente nei primi 1000 giorni di vita.

La comunità internazionale ha preso degli impegni, i famosi obiettivi di sviluppo sostenibile, che vanno mantenuti. Servono stanziamenti sufficienti a garantire il diritto al cibo, con particolare attenzione ai soggetti più vulnerabili. Dalla copertura sanitaria universale all'abbattimento delle disuguaglianze, dal porre fine all'uso di assedio e fame forzata come tattiche di guerra, all'educazione inclusiva e l'investimento sulle ragazze e sulle donne dalle quali dipende in ultima analisi la salute dei bambini e dell'intera comunità: i passi da compiere sono molti. Ne va della vita di un terrestre su 9.

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Marta Buonadonna