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Epatite C: i tempi di guarigione

Solo 8 settimane: al congresso mondiale di epatologia i risultati dei trattamenti con gli antivirali diretti. Immigrati e anziani i focolai attivi

I dati sono oltre le aspettative: il novantanove per cento delle persone infette dal virus dell'epatite C (HCV) sono completamente guarite dopo un trattamento di sole otto settimane grazie ai nuovi farmaci anti-virali diretti, che si prendono per bocca una sola volta al giorno.

Sono i risultati degli studi real life (presi cioè dai database regionali dei pazienti curati e non sugli studi clinici) presentati a metà aprile all'International Liver Congress (il congresso mondiale di epatologia) di Parigi.

Tutto merito della nuova generazione di medicinali che eliminano completamente il virus. Fino a qualche anno fa, infatti, il tempo richiesto per il trattamento variava dalle 24 alle 12 settimane, con un successo medio del 95%.

?E si comincia a ventilare, se ne è discusso proprio al congresso, l'ipotesi di una possibile ulteriore riduzione a sei settimane? dice a Panorama.it la dottoressa Gloria Taliani, professore ordinario e primario di malattie infettive presso l'Università la Sapienza di Roma.

Cos'è l'epatite C e come si trasmette

Il virus attacca il fegato, distruggendolo lentamente e compromettendo la sua funzionalità: a causa delle lesioni, l'organo genera cellule che cicatrizzano i danni, ma il nuovo tessuto ?riparatorio? è prodotto in eccesso e forma accumuli chiamate fibrosi.

Spesso, anche nei casi più severi, la fibrosi può non dare sintomi (oppure molto generici). Per la diagnosi serve l'ecografia, che individua il tessuto cicatriziale. Se evolve in cirrosi non può più essere curata, ma solo tenuta sotto controllo.

Se non trattato, il virus può portare all'insufficienza epatica e alla formazione di tumori, per cui è necessario il trapianto di fegato.

L'HCV è stato identificato solo nel 1989 ed è molto subdolo perché è suddiviso in sei ceppi (genotipi) diversi geneticamente. In Italia il genotipo prevalente è quello di tipo 1, che infetta circa il 60% dei soggetti.

Si trasmette per contagio diretto, tramite contatto con sangue, ma non colpisce soltanto categorie a forte rischio, come i tossicodipendenti che fanno scambio di siringhe: proprio per la sua tardiva scoperta, oggi ne sono affette persone normali, che nei decenni finali dello scorso millennio hanno subito trasfusioni, operazioni chirurgiche oppure si sono fatte un tatuaggio in centri scarsamente igienici, dove non si riutilizzavano aghi e inchiostri.

Perfino le cure odontoiatriche, se effettuate negli anni '70 quando in alcuni studi dentistici non si strizzavano gli strumenti, possono aver infettato migliaia di persone. Anche i rapporti sessuali non protetti possono trasmettere il virus.

Come funzionano i farmaci contro il virus

Gli anti-virali diretti sono una combinazione di farmaci che agiscono impedendo al virus di replicarsi, di fatto uccidendolo. Si tratta di un mix di due principi attivi: glecaprevir, che inibisce la proteasi, cioè un meccanismo usato dall'HCV per sopravvivere, e pibrentasvir, inibitore di un altro sistema riproduttivo delle cellule del virus.

La combinazione G/P, rimborsata da AIFA da settembre 2017, prevede una sola somministrazione al giorno di tre compresse per via orale tutti i principali genotipi (GT1-6).

I risultati del nuovo trattamento con G/P

?È stato un successo immediato, fondamentale per pazienti che prima non avevano chance? ci dice Marcello Persico, Direttore dell'Unità di Clinica Medica ed Epatologia dell'Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni di Dio Ruggi d'Aragona di Salerno.

La cura con G/P si è potuta estendere anche a pazienti in dialisi: ?la gestione semplificata a otto settimane (12 per chi ha cirrosi) ha permesso di migliorare notevolmente la qualità della vita delle persone con anche insufficienza renale? spiega Stefano Fagiuoli, direttore Unità Complessa di gastroenterologia, epatologia e trapiantologia, Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

?Addirittura negli Stati Uniti si trapiantano reni HCV positivi in riceventi che non hanno il virus dell'epatite C perché poi c'è la possibilità di guarirli al 100%: il costo della cura è infatti inferiore alla dialisi a vita?. E come effetto, ?il tempo d'attesa per il trapianto di reni è passato da 4 anni a 9 mesi?.

Non solo. Il trattamento G/P si può effettuare anche in malati di cancro, ?perché non interagisce con i chemioterapici, che possono essere somministrati senza interrompere il ciclo di cura?.

Italia maglia rosa nel mondo

Nel nostro Paese il trattamento contro HCV, completamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale, costa dai quattro ai sei mila euro a persona, ?la cifra più bassa in tutto il mondo occidentale perché siamo il Paese con il maggior numero di trattamenti e successi? afferma Pietro Lampertico. Direttore di Unità Operativa Complessa di Gastroenterologia ed Epatologia. Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Dipartimento di Fisiopatologia Medico-Chirurgica e dei Trapianti. Università degli Studi di Milano. Ma quanti sono gli infetti e le persone da curare?

?In Italia ci sono 400.000 casi noti, più un 30% di sommerso, cioè persone che hanno il virus ma non sono censite nei registri, perché non hanno mai fatto il test o un'ecografia?.

Verso l'eradicazione del virus nel nostro Paese

Finora sono stati curati 125.000 individui in 3 anni. ?I cirrotici, cioè i casi più gravi, hanno finito il trattamento un anno fa, poi nel 2017 siamo passati ai pazienti con fibrosi e dopo la scomparsa del virus abbiamo verificato che non hanno avuto lesioni ai tessuti del fegato? prosegue il professor Lampertico, mentre ?i pazienti con fibrosi estesa sono stati seguiti per un po' nei centri di riferimento?.

Per portare avanti il piano di eradicazione del virus in Italia, i centri si stanno organizzando per affrontare i prossimi tre anni, quando l'afflusso previsto sarà di 150.000 persone.

?L'impegno è triplicato, in un anno un centro medio tratta 300 pazienti? dice Fagiuoli ?e sarebbe quindi complicato, oltreché costoso, effettuare visite periodiche durante le otto settimane di cura?.

Grazie proprio all'efficacia e sicurezza del trattamento G/P ?stiamo pianificando di effettuare controlli solo all'inizio e fine della terapia? spiega l'esperto e settimanale solo per pazienti più gravi. ?In tutti gli altri casi si potranno chiedere visite on demand, cioè solo se il malato riscontra difficoltà durante la cura: un notevole risparmio per il SSN in termini economici e di tempo?.

Perché il virus è ancora una minaccia

Gli untori sono proprio loro, gli anziani over 85. "Il grande anziano, cioè chi si è infettato quando ancora non si conosceva il virus, è un potenziale alto trasmettitore, perché ha bisogno di familiari che lo accudiscono, di una badante o infermiera, anche nelle case di cura. E poiché dopo una certa età, a causa delle tante malattie senili, si fanno terapie sottocutanee o iniettive c'è il rischio, per chi li cura, di pungersi con aghi infetti? afferma il professor Persico.

Gli anziani sono dunque i ?mantenitori del serbatoio del virus?. Fortunatamente ?in Italia la terapia con anti-virali non prevede limiti di età e si curano anche gli over 85, anche se non moriranno di epatite: non è solo un dovere morale verso chi ha pagato le tasse per tutta la vita, ma è l'unico modo per eradicare il virus dalla popolazione? sostiene Persico.

Infine, per eliminare definitivamente l'HCV ?bisognerà poi trattare sacche di altri potenziali trasmettitori, cioè chi vive in comunità, tossicodipendenti, quelli che sono in carcere: un grande lavora da fare, ma questo avverrà dopo aver curato i casi noti nella popolazione normale? spiega Fagiuoli.

?Queste persone hanno un alto tasso di rischio di reinfezione dopo la cura, circa 35%, perciò sarà necessario introdurre delle misure di prevenzione: in Olanda, per esempio, viene distribuito un kit che spiega come sterilizzare e pulire i sex toys e si sta introducendo il test rapido per queste categorie?.

Il problema del genotipo 4

Solo il 10% dei malati di HCV in Italia è colpito dalla variante genetica identificata come genotipo 4. ?Ma la situazione sta cambiando, a causa delle ondate migratorie provenienti dall'Africa, dove questo genotipo è il prevalente? afferma Gloria Taliani.

?Il Genotipo 4 era quello meno presente nel nostro Paese negli anni passati, ma sarà inevitabilmente in crescita?. Nonostante ciò, la cura con gli anti-virali diretti ha ?mostrato di funzionare nei pazienti mai trattati senza perdere efficacia?.

?Nelle fasce di popolazione ad alto rischio di trasmissione che vengono considerate strategiche nel controllo della diffusione della malattia, come pazienti extracomunitari, ci stiamo organizzando: l'orientamento è quello di curarli, specialmente se sono soggetti a rischio come i tossicodipendenti. Alcune Regioni sono già in grado di coprire attivamente la spesa terapeutica per questi malati?.

?Il problema è che gli extracomunitari hanno un'identificazione attraverso un tesserino con un numero non univoco a livello nazionale. Significa che Il paziente può ricevere un diverso tesserino a seconda del luogo, perché non c'è una centralizzazione dell'erogazione?

?Allora può succedere che il paziente di cattiva pasta si rivende la terapia: un bel business a rischio zero. La nostra proposta è fare un tesserino specifico con la foto del paziente e di registrarlo nel database della Regione, così, se è già stata richiesta, la cura viene negata?.

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Angelo Piemontese

Sono nato a Pavia dove mi sono laureato in Fisica. Attratto dall'intrigante connubio tra scienza e scrittura, ho quindi conseguito la specializzazione post accademica in giornalismo scientifico e ho collaborato con le principali riviste del settore, soprattutto in ambito astronomico. Racconto le meraviglie del cielo con i piedi ben piantati a terra, ma anche storie di scienza, medicina e natura.

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