Elisabetta Trenta
ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
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Elisabetta Trenta, se questo è un Ministro

Oltre alla vicenda della casa la cosa peggiore del suo mandato è stata la gestione inadeguata e ideologica della Difesa

La casa con l’affitto irrisorio a Roma e il «dog sitting» con l’auto blu al suo cagnolino sono solo aspetti emblematici di chi parla bene e razzola male. Elisabetta Trenta, stella grillina in declino, i veri danni li ha compiuti alla guida della Difesa a Palazzo Baracchini, dal giugno 2018 a settembre di quest’anno.
L’ex ministro voleva trasformare le Forze armate in una specie di Protezione civile rafforzata a tal punto che ha dato l’ordine ai caccia bombardieri - costo: 13 mila euro ogni ora di volo - di fotografare dal cielo le Terre dei fuochi. E non ha mandato avanti contratti cruciali di approvvigionamenti e mezzi fondamentali per la sicurezza dei nostri militari come i «blindo» Centauro 2 e il veicolo da trasporto truppe Freccia. Per non parlare della benedizione ai sindacati delle stellette, prima che la delicata materia fosse regolata dal Parlamento, della rivolta dei generali in congedo, che hanno disertato la parata del 2 giugno per protesta e della comunicazione della Difesa tornata all’età della pietra. Si preferiva accendere i riflettori su trenini e balletti del ministro a Lourdes, ma sulle missioni più ostiche all’estero è stata fatta calare una cappa di silenzio.

Fino a metà novembre, Trenta utilizzava ancora la «macchina blu», un’Alfa 159. Un suo diritto per sei mesi come ex ministro, ma che cozza con la propaganda grillina contro i privilegi. L’errore iniziale dell’avventura governativa del capitano della riserva selezionata è stato circondarsi di collaboratori non all’altezza scelti per la supposta fedeltà al Movimento cinque stelle. Nell’ambiente della Difesa lo chiamavano «il cerchio magico».
Un ufficiale di grado superiore spiega a Panorama «che erano tutti arrivati con chiamata diretta del ministro, ma invece che andare a pescare fra i primi della classe si è circondata di gente inadatta».
Nel cerchio magico c’erano persone frustrate, che avevano pure il dente avvelenato con le gerarchie militari pensando di essere state ingiustamente danneggiate nella carriera. E volevano fare la rivoluzione. I fedelissimi che hanno fatto parte del gabinetto del ministro, oggi quasi tutti trasferiti, sono soprattutto il colonnello Antonello Arabia, capo della segreteria, il tenente colonnello Toni Caporella, consigliere, il colonnello Massimo Ciampi, trait d’union con i nascenti sindacati militari. E il colonnello Francesco Greco, responsabile dell’ufficio pubblica informazione ancora al suo posto.
I fedelissimi dell’ex ministro abitano tutti nel cosiddetto «condominio Trenta», un comprensorio della Difesa in area Flaminia, una delle zone migliori di Roma.

Tra le iniziative più criticate del ministro Trenta nell’ambiente militare è il pallino per il «duplice uso sistemico» delle Forze armate secondo un fantomatico progetto Ianus, che non si trova da nessuna parte nei dettagli. I militari sono sempre stati impiegati, fin dall’unità d’Italia, in modalità dual us per calamità naturali o compiti di vigilanza, come accade da anni con la missione Strade sicure, la più numerosa con oltre 7 mila uomini. L’obiettivo recondito della gestione grillina della Difesa, però, era trasformare le Forze armate in una specie di Protezione civile rafforzata con scarso impiego all’estero.
«La boiata peggiore è stata l’esercitazione a Pratica di Mare sul duplice uso sistemico, costata non poco» sottolinea una fonte di Panorama nel mondo militare. Il 7 maggio la Difesa riunisce il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, il ministro per i Beni e le attività culturali, Alberto Bonisoli, il capo del dipartimento della Protezione civile Angelo Borrelli e il capo di Stato maggiore, generale Enzo Vecciarelli per un mega show all’aeroporto militare di Pratica di Mare vicino a Roma.La simulazione prevede uno tsunami che colpisce il litorale romano e provoca un terremoto. Un elicottero trasporta i vip sul comando in mare a bordo di nave Etna, che per muoversi costa 53 mila euro. Addirittura sfrecciano due caccia (almeno 20 mila euro per ora di volo in coppia), che certo non dovevano sganciare le bombe per fermare l’ondata. Conte è entusiasta e annuncia: «Questo evento dimostra le mirabili capacità organizzative e di coordinamento delle nostre Forze armate negli interventi a supporto delle attività della Protezione civile».
L’operazione, mai scritta, di «disarmo prevede anche una smilitarizzazione semantica. I sistemi d’arma passano in secondo piano, la parola “combat” è un tabù e il soldato diventa più simile a un poliziotto in nome del politicamente corretto» osserva una fonte all’interno della Difesa.
Manifesti e «simpatici video» sui social, avallati dal ministro anche per il 4 novembre, giorno delle Forze armate e della vittoria nella Prima guerra mondiale, rispecchiano la folle idea di soldati disarmati più simili a crocerossine che a militari addestrati a combattere.
Il 23 giugno la Fao (l’organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura) che ha il quartiere generale a Roma, aveva chiesto un intervento di «jammer», di disturbo delle frequenze dei telefonini, per mantenere la segretezza dell’elezione del nuovo segretario cinese. Il ministro della Difesa ha detto no per i timori della reazione delle forze di polizia, considerandola un’azione troppo aggressiva.
Ma l’aspetto più estremo del «duplice uso sistemico» delle Forze armate è l’utilizzo di caccia bombardieri Amx, Tornado ed Eurofighter «per monitoraggio ambientale condotto grazie ai sensori» speciali dei velivoli «nell’ambito del piano di azione di contrasto dei roghi dei rifiuti nella Terra dei fuochi» si legge sul sito della Difesa.
Un’ora di volo di un Eurofighter, costruito per sganciare bombe, costa 13 mila euro. Un lavoro di ricognizione simile veniva già fatto sul terreno dai soldati di Strade sicure, che usano il mini drone Raven, lanciato a mano, infinitamente più economico.

«Trenta ha provocato gravi danni come cercare di ridurre le Forze armate a una specie di protezione civile rafforzata» conferma il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica. «Si può archiviare questa bizzarra concezione, ma i ritardi sui nuovi sistemi d’arma e approvvigionamenti sono un danno elevato. Nel caso degli F 35, per esempio, i tira e molla hanno minato la credibilità del Paese».
Il leghista Roberto Paolo Ferrari, membro della Commissione Difesa alla Camera, accusa l’ex ministro Trenta «di avere tenuto bloccati per un anno e mezzo programmi che avevano già la copertura finanziaria come i blindo Centauro 2 e il Freccia». Nel primo caso, i vecchi esemplari non possono venire inviati all’estero a causa dello «scafo» non protetto dalle trappole esplosive. L’ingiustificato ritardo ha provocato crisi e cassa integrazione alla Iveco defence. In pratica, i nuovi sistemi d’arma sono rimasti bloccati al ministero dello Sviluppo economico, che era guidato dal leader grillino Luigi Di Maio. E Trenta non si è strappata i capelli per risolvere la situazione.
Ferrari punta il dito anche sull’abortito drone ad alta quota e lungo raggio che doveva essere prodotto da Piaggio Aero. «Un investimento da 700 milioni già finanziato, ma bloccato dalla componente grillina» sostiene il parlamentare della Lega. E pure sull’approvvigionamento di munizioni si è registrato una contrazione. «Non solo sui grossi calibri, ma anche per le armi individuali con relativa riduzione delle capacità addestrative» denuncia ancora Ferrari. Michele Nones dell’Istituto affari internazionali evidenziava fin da aprile in un dettagliato studio che «la gestione governativa delle spese per la Difesa sembra essere ormai precipitata in uno stato confusionale».
In zona Cesarini il ministro Trenta ha autorizzato l’adesione al programma Camm-Er di rinnovo del nostro sistema di difesa contraerea, che dal prossimo anno diventerà inutilizzabile. Però è stato stanziato appena un milione di euro, che non basterà neppure a sviluppare il progetto.
L’aspetto più grave è il disinteresse per le nostre aziende. «Totale desolazione nel supporto all’industria italiana della Difesa» spiega a Panorama chi lavora nel settore. «Ogni volta che le era chiesto di appoggiare o intervenire a livello internazionale la signora non ha mai fatto nulla. Era assolutamente inadeguata al ruolo».
Nella Repubblica ceca una nostra azienda stava facendo un’offerta importante. Il ministro della Difesa locale aveva invitato Trenta a Praga, ma lei non ha neppure risposto.

Il generale Tricarico sottolinea che «fra i danni irreversibili, ha innescato e prodotto aspettative eccessive per i sindacati dei militari riconoscendoli prima di una legge del Parlamento». L’alto ufficiale in congedo fa parte di una schiera di generali che il 2 giugno si sono rifiutati, in segno di protesta, di presentarsi alla parata militare a Roma per la Festa della Repubblica. E tanti altri hanno preso carta e penna attaccando l’esponente grillina. Una «rivolta» dei generali mai vista prima e condita dai balletti a Lourdes del ministro, dal gesto simbolico Peace & love in Parlamento e dalle entusiastiche congratulazioni alla coppia gay della Marina.
La disastrosa gestione della comunicazione della Difesa nel periodo Trenta ha registrato anche il curioso caso del portavoce Augusto Rubei, che aveva praticamente commissariato il ministro per conto dei grillini. Ex collaboratore di varie testate, da Repubblica a Lettera 43, da marzo si era dedicato alla campagna elettorale delle Europee. E il 23 luglio è passato ufficialmente nello staff Di Maio. Fino ad allora riceveva 90 mila euro dalla Difesa, ma voleva di più con un doppio incarico che la Corte dei conti ha stoppato con due pagine di «osservazioni dell’ufficio di controllo» in possesso di Panorama. Adesso che è consigliere del capo grillino alla Farnesina «per gli aspetti legati alla comunicazione» incassa 140 mila euro.
Il direttore di Analisi Difesa, Gianandrea Gaiani, ha scritto in un editoriale l’epitaffio più chiaro sulla gestione Trenta durata 14 mesi: «Una visione assai limitata del comparto Difesa, pacifista da oratorio e Casa del popolo, ma oggi quanto meno inadeguata anche solo a comprendere le sfide attuali».
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Fausto Biloslavo