Aggressioni omofobe, che cosa scatena la violenza
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Aggressioni omofobe, che cosa scatena la violenza

Dopo il pestaggio, a Torino, di un ragazzo appena uscito dalla discoteca, lo psicanalista Raffaele Bracalenti prova a cercare una spiegazione

"Gli eterosessuali non possono nemmeno lontanamente percepire quanto sia difficile essere gay in Italia". Sono le parole di Stefano, 21 anni, un ragazzo di Torino aggredito su un bus di linea nella notte tra venerdì e sabato da gruppo di ragazzi.

Stefano assieme a un amico stava rientrando da una discoteca, quando è stato avvicinato da alcuni coetanei: “Siete froci?” hanno chiesto. “Quando si sono rivolti a noi, io non ho prestato molta attenzione e quando mi hanno chiesto se fossi omosessuale ho persino fatto una battuta per sdrammatizzare - ricorda Stefano- pensavo scherzassero, ma poco prima di scendere dal bus mi hanno colpito al volto con un pugno e insultato".

"L'ematoma sul mio viso sparirà insieme al gonfiore, ma non potete nemmeno lontanamente capire quanto sia stato umiliante dirlo a mia madre".

E il caso di Stefano è solo l’ultimo, di una serie di aggressioni verbali e fisiche che hanno visto protagonisti, negli ultimi mesi, gli omosessuali.

"L'omofobia è vera, c'è e si vede - commenta Marco Giusta, presidente dell'Arcigay di Torino – per questo chiediamo di condannare l'episodio e di incrementare il lavoro di formazione e comunicazione, a partire dalle scuole, per sconfiggere definitivamente questa piaga sociale".

Professore Raffaele Bracalenti, presidente dell'Istituto psicoanalisi e ricerche sociali, perché ancora oggi parte della società continua a considerare gli omosessuali "diversi"?

Sono passati ormai cento e più anni da quando Freud parlava della omosessualità negli esseri umani: Freud riteneva che tutti gli esseri umani sono intrinsecamente bisessuali e l’omosessualità e, dunque, l’istinto omosessuale è un dato biologico naturale: “L’omosessualità non è certo un vantaggio ma non è certo qualcosa di cui vergognarsi. Non è un vizio né una degradazione e non può essere classificata come malattia” spiegava Freud. Tuttavia, oggi, anche coloro che si dichiarano di sinistra e sostengono di aver accettato, o comunque, di non essere lontani dalle teorie freudiane si affrettano a dichiarare, con una certa perentorietà, di “non essere gay” dimostrando, in questo modo, di non porsi definitivamente il problema di dove sia andata a finire la loro omosessualità costitutiva. Ciò rappresenta una chiara prova di come l’omosessualità si configuri, ancora, come elemento estremamente perturbante. Non solo. Le stesse fantasie sodomitiche vengono percepite, da chi le vive, come fortemente umilianti proprio perché associate ad elevati livelli di impotenza e passivizzazione, che generano inevitabili reazioni di rabbia.

Che cosa sarebbe opportuno fare per evitare queste violenze?

Viviamo in una fase in cui sembra estremamente complesso liberare l’omosessualità da un’aurea negativa: di contro, la normalizzazione dell’omosessualità si configura come un processo particolarmente lungo e soprattutto lontano dal potersi considerare realizzato e, comunque, desiderabile. La normalizzazione comporta lo sforzo di costringere le anomalie a cambiare, in modo da rientrare nelle categorie prevalenti, o almeno, da poter essere spiegate come coerenti con esse. Così, per esempio, l'omosessuale può essere spiegato in termini di "una donna nel corpo di un uomo", oppure "in realtà una donna anche se il corpo sembra quello di un uomo", e così via. Le categorie convenzionali delle persone dalla "sessualità normale" sono così “salvaguardate". Il tentativo di normalizzare, quindi, non è certo la strada giusta, perché si scontra con l’enorme difficoltà di far rientrare in categorie convenzionali alcune esperienze (tra cui ad esempio, la genitorialità) delle coppie omosessuali.

Questa nuova ondata di violenza potrebbe essere correlata anche alle immagini e ai messaggi violenti mandati sul web dai terroristi dell'Isis nei confronti dei gay?
Stabilire delle connessioni tra le diverse aggressioni a carico dei gay e i messaggi violenti di minaccia da parte dell’Isis sembra un passaggio difficile se non addirittura molto arduo da compiere. Sicuramente, il susseguirsi dei numerosi episodi di violenza omofoba contribuisce alla determinazione di un clima di paura e tensione, sebbene non si abbiano numeri precisi per poter affermare che, effettivamente, il fenomeno è in aumento. Il dubbio è: i media continuano a tenere viva l'attenzione sul problema dell’omofobia, ma sembra non esistano sufficienti dati scientifici o statistici che provino una reale emergenza in Italia e soprattutto se e come tali dati, nel caso, possano essere messi in relazione con il tema dell’Isis.

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Nadia Francalacci