'Al Giglio promesse mai mantenute'
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'Al Giglio promesse mai mantenute'

Legambiente denuncia tutte le promesse sulla rimozione della Costa Concordia e sulla tutela dell'ambiente - Lo Speciale, 1 anno dopo -

“In Toscana si dice: ‘sei duro come il granito’. E’ un detto per indicare che una persona non è particolarmente intelligente e preparata. E nel caso della Costa Concordia il detto popolare è particolarmente appropriato”.

Legambiente non gira intorno al problema rimozione e ai tecnici che se ne stanno occupando perché la rotazione e il sollevamento del relitto deve avvenire, salvo improvvisi e imprevisti inabissamenti, proprio su un fondale di granito. E pare che molti di questi ritardi, veri o presunti, debbano essere imputati proprio al fondale granitico sul quale si è adagiata la nave e sul quale si stanno incagliando, evidentemente, anche i tecnici.  

“E’ chiaro che per la rimozione della Costa Concordia sono saltati tutti i cronoprogrammi più volte rivisti ed adattati. Lo avevamo già detto durante un’iniziativa a Giglio Castello nell’agosto 2012 che fece per la prima volta venire alla luce che le promesse di una rapida rimozione del relitto non sarebbero state mantenute”, tuona Umberto Mazzantini,Responsabile nazionale Legambiente per l’Arcipelago toscano e le isole minori.

“Troppe difficoltà tecniche per un progetto che è stato presentato all’inizio come facile  e che invece, anche a leggere le carte, denotava grandi difficoltà tecniche, incognite sui materiali e sull’ambiente nel quali si opera che alla fine si sono rivelati puntualmente in tutta la loro gravità - prosegue Mazzantini - forse sarebbe stato meglio fin dall’inizio, come chiedevano Legambiente, Greenpeace, Wwf e diversi tecnici, sottoporre il progetto iniziale della Titan/Micoperi/Costa/Carnival ad una più attenta valutazione preliminare che raccogliesse più competenze, sensibilità ambientaliste e tecnici indipendenti”.

Insomma, parole, progetti e promesse mai mantenute. O, comunque slittate di mesi e mesi. E l’ambiente? Dopo aver scongiurato lo sversamento di carburante dalle cisterne della Concordia, c’è una silenziosa “macellazione” del fondale marino davanti all’isola del Giglio.

“Il progetto sta salvaguardando l'ambiente? Non è proprio come ci voglio far credere - prosegue Mazzantini – non serve essere ingegneri o delle super menti tecnologicamente avanzate, per capire che stanno distruggendo il fondale. Anche una persona normodotata che ha visitato una cava di granito, ad esempio all’isola d’Elba, è a conoscenza che per estrarre il granito  bisogna fare delle perforazioni. E i progettisti che lavorano alla rimozione stanno proprio perforando, trivellando tutto il fondale sul quale poggia la nave. Ed ad ogni trivellazione trovano un problema sulla resistenza o meno del granito. Quale sarà il risultato?”.  

Ma Legambiente punta il dito anche sull’aumento dei costi della rimozione che in pochissime settimane sono schizzati di oltre 100 milioni di dollari e probabilmente sono destinati ad aumentare ancora..

“Anche l’aumento dei costi, fino ad ora del 25%, sta a dimostrare che i calcoli e le speranze di far presto e bene, erano mal riposti e che non basta schierare 400 persone ed una ventina di mezzi navali per rispettare la cronologia- ribadisce -  e lo testimonia anche la recente e preoccupata lettera del ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, sui ritardi dei lavori”.

Legambiente poi torna a puntualizzare la denuncia fatta, oltre 8 mesi fa, sul silenzio e la volontà di tenere lontani gli ambientalisti e tutti coloro che veramente conoscevano le peculiarità del territorio gigliese.  

“Qualcuno forse credeva che un maggiore controllo da parte di esperti anche ambientalisti, potesse ritardare i tempi delle operazioni o intralciare i movimenti del consorzio Titan/Micoperi - ribadisce Mazzantini - nonostante il lavoro dell’Osservatorio che consideriamo essenziale, l’unico risultato che vediamo di questa “prudenza” è però lo slittamento continuo del termine dei lavori previsti, con la certezza che la Costa Concordia passerà anche la prossima estate sugli scogli dell’Isola del Giglio”.

L’associazione ambientalista si è battuta per un intero anno anche sulla scelta del porto nel quale demolire il relitto. Anche in questo caso, volutamente oppure no, i responsabili non avevano individuato subito il bacino dove trainare la nave. Tra le opzioni iniziali addirittura Palermo e Genova. Non si è mai capito il perché non si sia mai valutato seriamente e soprattutto fin dall'inizio il porto vicino di Piombino oppure quello un po’ più attrezzato di Livorno.

“E’ stato un nostro successo ottenuto assieme alla Regione Toscana, e probabilmente dovuto anche al peggioramento delle condizioni dello scafo, la decisione di demolire la nave a Piombino, evitando così il rischio di un possibile affondamento durante il traino in porti più lontani- conclude Umberto Mazzantini-  e “risarcendo” in qualche modo la Toscana per un danno economico ambientale che andrà valutato in tutta la sua interezza a lavori conclusi. In questo modo si potrà attuare, fino il fondo, il principio “chi inquina paga”… e in questo caso anche "chi danneggia”".      

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Nadia Francalacci