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Consoli in Veneto Banca: prestiti allegri e trasferimenti improvvisi

Dall'inchiesta della Procura di Roma emerge un mutuo alla società che doveva comprare la sua casa e milioni spostati sul conto della moglie

La gestione di Veneto Banca targata Vincenzo Consoli continua a sfornare episodi inquietanti oltre a quelli che vi abbiamo già raccontato.


A far da guida in questo museo degli orrori creditizio è il materiale dell’inchiesta della Procura di Roma sulle vicende che hanno portato all’azzeramento del valore dei titoli nelle mani di ben 88 mila risparmiatori-azionisti.

Gli ultimi due capitoli, ricostruiti qui in esclusiva, riguardano da un lato i finanziamenti concessi in modo disinvolto (e con esiti catastrofici) a un gruppo immobiliare, dall’altro le mosse di Consoli per mettersi al riparo dalle prevedibili richieste di risarcimento quando sulla sua gestione allegra hanno cominciato ad accendersi i fari delle autorità di vigilanza e della magistratura.

I prestiti immobiliari
Si comincia con l’evidente conflitto di interessi che caratterizza i primi crediti concessi al gruppo immobiliare Manca, senza che gli organi interni della banca ne siano informati. "Nell’ottobre 2009, in occasione della concessione di un mutuo al sig. Giosuè Manca (deliberata da altro dirigente)" si legge nelle carte della Procura "Consoli ha omesso di segnalare che il mutuo era destinato all’acquisto di immobile di proprietà sua e della moglie; la decisione non è stata dunque riportata al Cda come richiesto dall’articolo 2391 del codice civile".

A quel finanziamento ne seguirebbero diversi altri in favore di altre società dello stesso gruppo e sempre "caratterizzati da istruttorie carenti". Il risultato è un salasso di prima grandezza. "Dalle analisi svolte" conclude la Procura "la gestione dei rapporti con il gruppo è caratterizzata da gravi anomalie e ha sinora prodotto perdite per complessivi 16,5 milioni".

La difesa dai risarcimenti
Quando questa e altre vicende sono finite sotto i riflettori delle autorità di vigilanza e della Procura è scattata la mossa difensiva di Consoli per mettersi al riparo dalle prevedibili richieste di risarcimento.

E siamo al secondo capitolo che emerge dalla documentazione (da qualche settimana in possesso dell’associazione dei risparmiatori Ezzelino da Onara III): una girandola di trasferimenti e assegni che avrebbe fatto transitare dal 2014 al 2016 qualche milione di euro dai conti dell’ex amministratore delegato di Veneto Banca Vincenzo Consoli a quelli della moglie, con il risultato di far sembrare lei incredibilmente ricca e lui quasi nullatenente. "La movimentazione dei conti intestati a Consoli e alla moglie" è scritto nell’inchiesta "dimostra in modo non equivocabile che le risorse fatte transitare, a volte ripetutamente, per più conti provengono tutte dalle entrate di Consoli… Si evidenzia l’anomalia insita nella circostanza che il soggetto produttore di reddito (Consoli) detiene formalmente disponibilità di gran lunga inferiori rispetto al coniuge, che a sua volta non risulta svolgere attività economica".

Un paradosso che ha preso dimensioni assai consistenti nel dicembre 2015 quando, osserva la Procura "Consoli aveva giacenze per totali 44.574 (e debiti per 1.149.670 per debito residuo su mutuo ipotecario concesso dalla Banca), mentre la moglie Savastano aveva giacenze per complessivi 8.213.869, determinate da ingenti trasferimenti da parte del marito in sui favore sia tramite bonifici bancari che tramite il trasferimento delle azioni Veneto Banca".

Il motivo di questa inversione delle ricchezze non è difficile da immaginare, visto che in quel periodo la condotta del banchiere finisce sotto i riflettori della magistratura e delle autorità di vigilanza. "La tempistica di tali trasferimenti" conclude la Procura "appare collegata all’intento di Consoli di spossessamento dell’ingente patrimonio mobiliare aggredibile in funzione dei possibili sviluppi dell’indagine in corso".

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Stefano Caviglia