Vi spiego perché il sindacato non c'è a Prato
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Vi spiego perché il sindacato non c'è a Prato

Il segretario Cgil Toscana spiega come vengono assunti i lavoratori all'interno delle aziende cinesi e lancia l'allarme su altre aree della regione

“È una giungla impenetrabile per chi ha la fiamma sul cappello, figurarsi per noi sindacalisti”. Alessio Gramolanti, Responsabile Cgil della Toscana non fa riferimento solamente alla zona industriale del Macrolotto dove è avvenuta domenica mattina la strage di lavoratori cinesi ma anche all’area di Campi Bisenzio e di Empoli.
Il Paese e il Governo devono capire che non sono facili i controlli e le ispezioni per carabinieri e Guardia di Finanza e quindi è impensabile che i datori di lavoro cinesi possano aprire le porte delle loro aziende per riunioni sindacali”.

Alessio Gramolanti, tra gli iscritti alla Cgil Toscana compaiono lavoratori di nazionalità cinese?
“No, neppure uno”.

Mai nessun cinese si è rivolto al sindacato per denunciare le condizioni di lavoro disumane alle quali sono costretti a sottostare?
“Si, a dir la verità due lavoratori nel 2012”

Che cosa hanno raccontato e soprattutto che cosa vi hanno chiesto…
“Volevano essere regolarizzati e chiedevano il riscatto di tutte le ore di lavoro svolto al nero.  Adesso vi spiego come vengono assunti. Ciascun lavoratore cinese viene assunto con un contratto part time a tempo indeterminato, quindi gli viene pagato regolarmente, ai fini di legge, dal datore di lavoro solamente lo stipendio per quel tipo di contratto. In realtà queste persone lavorano continuamente per tutto il giorno e a volte anche durante la notte. Riposano pochissimo. I due lavoratori che si sono presentati alla Cgil chiedevano il pagamento e i contributi per le ore lavorate fuori contratto”

Avete fatto vertenza?
“Si, l’abbiamo vinta ma i due lavoratori sono stati licenziati e dopo sei mesi di disoccupazione sono stati costretti a rimpatriare. Adesso serve uno “scatto” politico importante.”

Che cosa intende. Ci spieghi meglio…
“Lo Stato deve prevedere interventi di tipo repressivo e allo stesso tempo di integrazione. Non è possibile reprimere senza prevedere una possibilità o opportunità di lavoro per queste persone che altrimenti si ritroverebbero senza occupazione. La vicenda di Rosarno dovrebbe farci capire che è necessario dare una opportunità a questi lavoratori clandestini che si trovano in Italia. Poi lo Stato deve poter potenziare gli organi di controllo su questo territorio..”

Il Comune di Prato sta lavorando da anni alla messa in sicurezza di queste aziende, ma quante altre persone aiutano l’ente pubblico in questi controlli?
“Per 90 mila lavoratori  presenti solamente nel Marcolotto (l’area dove si è sviluppato l’incendio. ndr.)c’è un solo ispettore Inail, dell’ispettorato del Lavoro ce ne sono solo 2 e poi 1 dipendente dell’ufficio Igiene e sicurezza ogni 7 mila lavoratori”

Secondo la Cgil Toscana quale dovrebbe essere  adesso il primo step, quello da attuare immediatamente..  
“La tracciabilità del lavoro e delle responsabilità del committente. E’ una cosa possibile che garantisce sicurezza e emersione del lavoro nero. L’azienda Gucci lo ha fatto e con ottimi risultati. Dunque lo possono fare tutte le aziende, non solo quelle del lusso. Ma la cosa più importante è che le aziende italiane devono rompere i legami con le aziende cinesi che lavorano illegalmente sul nostro territorio. Solo spezzando il canale commerciale si potrà pensare alla regolarizzazione di queste aziende”.      

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Nadia Francalacci