Tutta la verità sul bambino di Padova
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Tutta la verità sul bambino di Padova

Le immagini non possono non indignare, ma l'uso della forza arriva dopo mesi di inutili trattative - il video -

A 10 anni non puoi lottare contro due adulti. Sono più forti di te, anche se ti dimeni, se ti aggrappi a loro, se gridi e cerchi aiuto. Chiunque abbia visto le immagini di quanto accaduto a Cittadella, provincia di Padova, con questo ragazzino di 10 anni preso a scuola dalla Polizia e portato in una comunità in rispetto di un'ordinanza del Tribunale dei Minori di Venezia, non può stabilire d'istinto chi sia il buono (il bambino, la madre e la zia che ha ripreso la terribile scena?) ed il cattivo (il padre e la Polizia?).

Ma poi bisogna saper andare oltre, capire perché si è arrivati a tanto, facendo alcune debite premesse:

- C'era una precisa sentenza del Tribunale dei Minori di Venezia di 5 mesi fa da rispettare

- Per 4 volte in passato la Polizia avrebbe bussato alla porta di casa della madre del bambino ma non gli sarebbe stata data la possibilità di eseguire l'ordinanza

- I giudici avrebbero sospeso la patria potestà della madre per motivi gravissimi

- i parenti della madre da giorni, consci del blitz della Polizia a scuola, presidiavano l'esterno dell'Istituto con una telecamera

- Non è pratica abituale della Polizia usare la forza verso dei minori, in pubblico.

- Quanto accaduto a scuola è solo un frammento di una vicenda complessa che va avanti da anni

Premesso questo ecco cosa sarebbe successo da quando il Tribunale dei Minori di Venezia ha disposto l'affidamento del bambino al padre:

Dal 25 Agosto ad oggi per 4 volte gli agenti si erano recati a casa della mamma per eseguire il provvedimento. La prima volta si era  rifugiato nella sua  cameretta, rimanendo aggrappato alla rete del letto  per ore. Anche le  altre volte aveva opposto una resistenza così  energica, disperata, da  far sospendere l’esecuzione. Così si è pensato che a scuola ci sarebbe stata una situazione più favorevole.

Il dirigente scolastico non ha consentito agli agenti di entrare in  classe. Ha chiesto al maestro di far uscire il piccolo e di portarlo in  aula magna. Ma lui ha capito che erano venuti a prenderlo.

Il bambino così avrebbe cominciato ad urlare, ingigantendo gli effetti dell’intervento, trasformandolo in un  evento pubblico. Visto il rifiuto ad uscire di classe, il direttore  didattico ha preferito far allontanare gli altri compagni della quinta  elementare. Aggrappato al suo banco è rimasto solo il bimbo, il cui  comportamento scolastico viene considerato irreprensibile. Ad entrare  sono stati gli assistenti sociali, il medico e il padre. Ma la reazione è  stata molto violenta, l’alunno ha cominciato a piangere e ha cercato in  tutti i modi di opporsi.

Si è così arrivati all'uso della forza (me esisterà poi, in casi come questi, un metodo più delicato?). Il bimbo è stato letteralmente portato via da due agenti, visto che cercava di divincolarsi con altrettanto vigore dettato dalla disperazione. È a quel punto che sono intervenuti un paio di agenti dell’Ufficio Minorenni della Questura. Due persone lo tengono per  le gambe. Un altro lo afferra per le spalle, mentre lui tira calci.  Cade a terra. Viene trascinato. Si dispera. Tutto inutile. Alla fine viene caricato su un’auto che si allontana.

Il tutto quando ormai fuori dalla scuola si trovavano non per caso la madre e tutti i parenti di lei, che già avevano capito cosa sarebbe successo. Al punto da aspettare fuori da scuola con la telecamera sempre pronta per riprendere la scena (e forse "usarla" a proprio favore)

Ed allora? Cosa resta? Resta l'indignazione per l'accaduto, perchè, in una maniera o nell'altra la situazione andava risolta in maniera diversa, meno traumatica (se possibile), di sicuro non nel cortile di una scuola.

"Il bambino non va mai diviso - sostiene il Prof. Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro - soprattutto perché lui per primo, per natura, ama entrambi i genitori e non vuole e non può scegliere tra uno e l'altro".

Ma lei condivide l'uso della forza?

"No, ma va anche detto che è difficile gestire una situazione come questa. Il bambino si trovava già da tempo in una situazione di conflitto, altrettanto grave. Perché interrompe, infastidisce, a volte compromette il suo normale processo di sviluppo e crescita. Anche perché lui è solo e si trova in mezzo ad una guerra che non è solo tra la mamma ed il papà ma tra due interi nuclei familiari".

Cosa fare per far superare l'accaduto al bambino?

"Innanzitutto deve trovare o nella comunità o in casa, una persona con la quale parlare, deve ritrovare l'equilibrio perduto. E c'è un'unica via per fare questo; far si che i genitori per primi trovino un loro punto di contatto e non di contrapposizione. Solo a quel punto comincerà ad uscire da quest incubo, a ritrovare la sua tranquillità"

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