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Assegno di divorzio: cosa prevede la nuova sentenza

Cambia il contributo all’ex coniuge in base "alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all’età dell’avente diritto"

A quasi più di un anno dal verdetto 11504 sul calcolo dell’assegno di divorzio, una nuova sentenza ne ribalta la situazione tenendo maggiormente conto degli squilibri economici che spesso vi sono nelle coppie in separazione. In particolare la sentenza riconosce le difficoltà reali del coniuge più debole della famiglia sopratutto quelle delle donne separate che tornano così a ricevere assegni più equi senza dover prendere in considerazione parametri come l’eventuale autosufficienza economica.

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Il contributo che spetta all’ex coniuge viene così valutato in base a una serie di parametri: "Alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all’età dell’avente diritto". Inoltre, viene considerato che "il contributo fornito alla conduzione della vita familiare costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell’unione matrimoniale".

La Cassazione stabilisce anche che "all’assegno di divorzio deve attribuirsi una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa" fondandando il tutto "sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l’unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo". 

Sentenza Cassazione del 2017

Questi invece, sono i principali "indici" - forniti dal verdetto 11504 della Cassazione sull'assegno di divorzio ma ormai superati dalla nuova sentenza del 2018 - "per accertare" la sussistenza, o meno, "dell'indipendenza economica" dell'ex coniuge richiedente l'assegno e quindi l'adeguatezza, o meno, dei "mezzi", nonché la possibilità, o meno, "per ragioni oggettive, di procurarseli.

Sono quattro: il possesso di redditi di qualsiasi specie; il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu imposti e del costo della vita nel luogo di residenza, inteso come dimora abituale, della persona che richiede l'assegno; le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all'età, al sesso e al mercato del lavoro indipendente o autonomo; la stabile disponibilità di una casa di abitazione.

Tocca all'ex coniuge che chiede l'assegno, "allegare, dedurre e dimostrare di non avere i mezzi adeguati e di non poterseli procurare per ragioni obiettive".

"Tale onere probatorio - spiega la Cassazione - ha ad oggetto i predetti indici principali, costitutivi del parametro dell'indipendenza economica, e presuppone tempestive, rituali e pertinenti allegazioni e deduzioni da parte del medesimo ex coniuge, restando fermo, ovviamente il diritto all'eccezione e alla prova contraria dell'altro" ex coniuge al quale l'assegno è chiesto.

In particolare, prosegue la Suprema Corte, "mentre il possesso di redditi e cespiti patrimoniali formerà oggetto di prove documentali, soprattutto le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale formeranno oggetto di prova che può essere data con ogni mezzo idoneo, anche di natura presuntiva, fermo restando l'onere del richiedente l'assegno di allegare specificamente (e provare in caso di contestazione) le concrete iniziative iniziative assunte per il raggiungimento dell'indipendenza economica, secondo le proprie attitudini e le eventuali esperienze lavorative.

(scritto l'11 maggio 2017 e aggiornato il 12 luglio 2018)

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