Affidamento condiviso del minore: nuove regole dei rapporti con il genitore se questi vive lontano
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Affidamento condiviso del minore: nuove regole dei rapporti con il genitore se questi vive lontano

Se è vero che in mancanza di ragioni ostative e pregiudizievoli la condivisione deve consistere in una frequentazione dei genitori con il figlio minore orientativamente egualitaria, risulta altrettanto vero che, in caso di comprovate ragioni che ledano il best interest del minore, è compito del giudice indicare un piano di frequentazione che si discosti dal modello tradizionale, così da assicurare al figlio una situazione più consona al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena.

Questo quanto emerge dall'ordinanza n. 19323/20 con cui la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del padre avverso il decreto della Corte d'Appello di Genova che modificava parzialmente le disposizioni in merito all'affidamento condiviso del figlio.

I Giudici distrettuali statuivano, infatti, che il minore trascorresse "fine settimana alternati" con il padre e che questi, nelle settimane di non spettanza, potesse tenere con sé il bambino anche per due giorni infrasettimanali, modificando le disposizioni del Tribunale per le quali tutti i weekend erano di spettanza paterna nonché la giornata del mercoledì. Il ricorrente, rivolgendosi alla Corte Suprema, lamentava così la violazione del principio della bigenitorialità, per il quale, di regola, il figlio è affidato congiuntamente a entrambi i genitori per poter garantire non soltanto che il minore mantenga un rapporto continuativo ed equilibrato con il padre e la madre, ma anche che questi proseguano nell'esercizio della responsabilità genitoriale e partecipino in modo attivo e presente alla vita del bambino.

Questa impostazione favorisce una sostanziale continuità nella comune condivisione dei doveri di curare, istruire, educare e assistere moralmente la prole, ma è anche vero che il principio in parola non è precursore di alcun meccanismo automatico sul piano concreto. Nel rigettare il ricorso in esame, i Giudici di Piazza Cavour hanno infatti affermato che la regolamentazione dei rapporti figlio-genitore non convivente non può fondarsi su una ripartizione esattamente simmetrica e paritaria della frequentazione del figlio con entrambi i genitori, bensì deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice.

La corresponsione dell'assegno di divorzio decorre dal passaggio in giudicato della sentenza

Poiché l'assegno di divorzio trova la propria fonte nel nuovo status delle parti, rispetto al quale la pronuncia del giudice ha efficacia costitutiva, l'obbligo di versamento decorre dal passaggio in giudicato della sentenza di cessazione degli effetti civili.

Il giudice che anticipa la decorrenza dell'assegno divorzile alla data della domanda in primo grado esercita un potere discrezionale per il quale è necessaria non solo un'adeguata motivazione, ma anche un'esplicita domanda da parte dell'interessato. Questo uno dei princìpi fondamentali in tema di assegno divorzile che la Corte di Cassazione ha ribadito con l'ordinanza n. 19330/2020. La vicenda nasce da un procedimento avanti al Tribunale per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, nel quale veniva pronunciata sentenza divorzile che stabiliva l'assegnazione della casa famigliare alla ex moglie e al contempo respingeva la richiesta di quest'ultima di attribuirle un assegno divorzile a carico del marito.

Avverso la sentenza divorzile, la donna ricorreva in Corte d'Appello riformulando la domanda per il riconoscimento dell'assegno divorzile, domanda a cui l'ex marito resisteva, domandando la revoca dell'assegnazione della casa famigliare. La Corte d'Appello ha accolto entrambe le domande: a carico del marito poneva un mantenimento per la moglie di Euro 200,00 e l'assegnazione della casa coniugale alla moglie veniva revocata.

L'ex marito ricorreva così in Cassazione, denunciando l'omessa considerazione del proprio nuovo nucleo familiare e della effettiva consistenza del proprio reddito, nonché la mancanza di motivazione circa la decisione del Giudice di Appello di far decorrere l'assegno di divorzio dalla presentazione della domanda di divorzio invece che dal passaggio in giudicato della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, non avendo l'ex moglie avanzato espressa domanda in questo senso.

La Suprema Corte, richiamandosi ai princìpi espressi dalle Sezioni Unite con la nota sentenza n. 18287/18, riesaminando le condizioni economiche e patrimoniali dei coniugi e il fatto che la moglie non godesse di alcun reddito, ha confermato l'attribuzione dell'assegno di mantenimento, respingendo i primi due motivi del ricorso, volti a chiederne l'eliminazione, accogliendo tuttavia il terzo punto, relativo alla decorrenza dell'assegno divorzile.

Richiamandosi a granitica giurisprudenza della Cassazione, gli Ermellini hanno ricordato il principio per il quale l'assegno di divorzio decorre dal passaggio in giudicato della decisione di risoluzione del vincolo coniugale, principio che tuttavia è temperato dall'art. 4, comma 10, l. 1/12/1970, come sostituito dall'art. 8 l. 6/3/87 n. 74, che conferisce al Giudice il potere di disporre la decorrenza del mantenimento dalla data della domanda di divorzio, purché tale decisione sia motivata adeguatamente.

Secondo la Suprema Corte, nella sentenza impugnata detta motivazione difettava totalmente e ha quindi accolto il terzo motivo del ricorso, rinviando alla Corte di Appello compete

La vigliaccheria via social

"È solo un vigliacco ed un bastardo", queste le parole più significative della madre del povero Andrea, undici anni, immolato sull'altare di una vendetta, la più atroce, dall'operaio quarantasettenne della cintura torinese che, l'altro giorno, ha deciso di uccidersi e trascinare con sé suo figlio, trafiggendolo con un colpo di pistola al cuore, mentre dormiva ignaro nel suo lettino.

Andrea non aveva problemi di salute, era un bambino allegro, sportivo, con un sorrisone che illuminava i cuori, un bel bambino che si divideva fra mamma e papà, ex conviventi separatisi anni addietro, senza alcuna criticità apparente, come invece avviene in altre crisi patologiche delle coppie.

Siamo in un contesto in cui non si registravano lotte furibonde in punto di affidamento o sul versante economico, non vi era contesa fra i genitori, dacché Andrea vedeva regolarmente entrambi ed aveva trovato equilibrio e serenità, a detta di chi lo conosceva. Ed allora l'origine del ferale gesto del padre non può che essere ascrivibile esclusivamente ad una scelta deliberata e ad una spietata vendetta, la peggiore, rivolta dall'uomo all'ex compagna, qualcosa che va ben oltre il femminicidio o il deturpamento perenne (come avviene con l'acido): l'omicidio-suicidio è stato congegnato e finalizzato per condannare la madre ad un inferno permanente, ad una condizione di sofferenza inimmaginabile da rivivere ogni giorno della sua vita.

La cosa più inquietante è stata la lucidità e la programmazione dell'abominio compiuto, anticipato pubblicamente via social. Ed infatti l'allarme nasce proprio dalla lettura di una lettera-sfogo su Facebook da parte di un'amica che ha subito data allarme, purtroppo fuori tempo limite: quando la Polizia ha fatto irruzione, nella casa c'erano solo due cadaveri. Inutile quindi addentrarci in questo oceano di dolore e sconforto su cui è già stato detto troppo - e su cui non vi è nulla di significativo da aggiungere - ma fa specie che l'uomo, e come lui altri disumani infanticidi, abbiano scelto di sfruttare i social per pubblicizzare, annunciare, rendere eterno il loro gesto.

Già perché la beffa più grande per chi sarà condannata a vita a piangere quel figlio è sapere che il suo ex ha inteso costruire questa tragica rappresaglia attraverso immagini teatrali, aforismi decontestualizzati, frasi ad effetto, messaggi d'addio volti non già a spiegare ciò che non può essere giustificato, ma ad imprimere per sempre nella perenne memoria del web il proprio commiato dal mondo, coinvolgendo però anche il figlio.

Vi è del sadismo indescrivibile nell'uomo, che ha appositamente postato fotografie del sorriso di Andrea, estratti di vita felice, scatti di una gioia autentica del bambino sulla moto con suo papà o in vacanza, il tutto indirizzato a nessun altro se non alla sua ex compagna, per amplificarne il dolore e metterla alla prova come avviene per quei serial killer che si divertono a perseguitare le vittime o gli inquirenti annunciando dove andranno a colpire.

La madre non ha capito, non è arrivata in tempo, e ora è condannata a struggersi per sempre, messa alla prova in un gioco condotto da un concorrente sleale che aveva già scelto il perdente. I social entrano così a pieno titolo nelle scene dei crimini familiari, un tempo vissuti con riserbo: vengono coinvolti come strumento di propaganda e di castigo, un modo per incolpare altri di ciò che si è deciso di fare solo per inumana crudeltà.

Albert Einstein diceva che il mondo è un posto pericoloso, non a causa di quelli che compiono azioni malvagie ma per quelli che osservano senza fare nulla: che si faccia qualcosa, dunque, non tanto per fermare gesti che, se partoriti nella testa di lucidi assassini è quasi impossibile fermare, ma almeno per impedire che i social diventino la loro cassa di risonanza.

Info: danielamissaglia.com

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Andrea Soglio