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AFP / ANDREAS SOLARO
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Accoglienza migranti, perché così è un danno: per loro e per gli italiani

La perenne emergenza e gli scarsi controlli favoriscono solo chi ne sta facendo un lucroso affare. E non da oggi...

C'è una verità assoluta sull'accoglienza ai migranti che i fatti di cronaca vanno evidenziando da anni: questo modello costruito sull'appalto pubblico, che vede lo Stato pagare enti e cooperative per “sbrigare il lavoro” sul territorio, non sta proprio funzionando. Né per i migranti, che in rarissimi casi ricevono quanto previsto dalla legge, né per i cittadini italiani, che indipendentemente da quale sia la loro posizione in merito alla questione continuano a vedere un enorme fiume di denaro disperso in un oceano di inefficienze, se non attività truffaldine.

Un affare, non una soluzione
Peggio, in termini assoluti la galassia di Centri di accoglienza di vario livello e variegate sigle sta funzionando solo per chi - spesso riciclandosi da altri settori, a partire da quello dello smaltimento rifiuti - è riuscito a entrarne a far parte mosso non dall'ideale della solidarietà, ma dall'idea di un business tanto lucroso quanto facilitato dalla scarsità dei controlli sul servizio realmente offerto. E non da oggi: “L’accoglienza in Italia da troppo tempo non fa che produrre schiavitù e sfruttamento dei migranti, mentre continua a rappresentare in troppi casi una fonte facile di guadagno per chi si accaparra i bandi o per chi riceve affidi diretti, motivati dall’emergenza. Un’emergenza che ormai impera da oltre quattro anni, senza che nessuno sia ancora riuscito a definire piani validi e che conducano ad una reale inclusione dei migranti in arrivo”, scriveva infatti Yasmine Accardo nel febbraio 2016 all'interno del report “Accogliere: la vera emergenza” relativo al 2015 e redatto dalla Campagna LasciateCIEntrare, impegnata con il sostegno di giornalisti e deputati nel monitorare l'attività dei Centri e le frequenti mancanze nelle loro attività dettate dal fine ultimo di massimizzare i profitti.

47 euro, ma per cosa? E a chi?
La frase è assai spesso il cavallo di battaglia di chi è contrario all'accoglienza dei migranti: “Non ci sono soldi per gli italiani in difficoltà che hanno bisogno, ma intanto i migranti prendono 47 euro al giorno, più vitto e alloggio!”. Ma le cose non stanno esattamente così: ai migranti vanno infatti 2,50 euro giornalieri, mentre la grossa fetta della retta quotidiana (che oscilla dai 30 ai 47 euro, a seconda dei Centri) viene intascata da enti e cooperative che gestiscono le strutture. Quelle stesse strutture che vengono assai spesso stipate ben oltre la loro possibilità ricettiva e senza alcuna attenzione alla promiscuità (secondo la logica che “è tutto guadagno in più”), con conseguenti problematiche igieniche e preventive.

Ma la speculazione non finisce certo qui: nella logica del contenimento dei costi di servizio, infatti, ci sta anche un impiego di personale ridotto all'osso tanto in termini quantitativi che qualitativi: “A Sarno ad esempio vi è l’Hotel Fluminia”, si può sempre leggere nel repoprt di LasciateCIEntrare, "in cui nessuno dei migranti nonostante un anno di permanenza nel centro parla italiano, non esistono mediatori e l’operatore incaricato responsabile del centro non parla nemmeno l’inglese... Nel Giuglianese emblematico l’Hotel di Francia con una presenza di circa 300 migranti alloggiati in stanzoni da cerimonia da diversi mesi e che non svolgono nessun tipo di attività. Anche in questo caso il tutto viene affidato ad un unico operatore che si trova a dover affrontare da solo tutte le esigenze di gruppi spesso anche in forte contrasto tra loro”.

Hotel? A volte sì, ma perché conviene...
Istituiti nel 2014 per fronteggiare l'emergenza in perenne crescita e presto divenuti più di 3 mila, i Cas (Centri di accoglienza straordinaria) ospitano secondo le ultime stime il 72% del totale dei migranti. Affidati a enti di diversa natura, sono strutture che si trovano spesso in aree isolate o periferiche, diverse delle quali con presente una già alta problematicità sociale (specie al Sud), e che altrettanto spesso si allontano assai da quell'hotel “a 5 stelle” di cui spesso parlano i maggiori oppositori della politica dell'accoglienza. E a proposito di hotel, va aggiunto che quando sono davvero tali, è perché l'albergatore ci guadagna decisamente più che con i turisti, come alcuni di loro hanno onestamente ammesso in interviste e libri sul tema. Emblematico ad esempio il caso del valtellinese Giulio Salvi, titolare dell'Hotel Bellevue di Cosio Valtellino: “Ospitare i profughi è il nostro nuovo modello economico: in questo modo ho già incassato 700-800 mila euro, mentre di turisti non ne venivano ormai più...”, ha dichiarato senza false remore.

L'altra (brutta) faccia della speculazione
Tornando alla cattiva gestione dei Centri, sia essa dovuta a dolo o a semplice incapacità, va poi aggiunto che essa implica un danno non solo nel “qui e ora”. La finalità del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (Sprar) raccoglie infatti una serie di strutture di seconda accoglienza che dovrebbero offrire anche tutta una serie di corsi, da quelli di italiano ad altri di tipo professionale, per facilitare un'eventuale successiva integrazione del migrante. “Dovrebbero”, però, perché nella realtà nella stragrande maggioranza dei casi nulla di tutto questo viene messo in atto: “Secondo il capitolato di Appalto ogni gestore è tenuto a produrre una relazione dei servizi e delle attività svolte e la Prefettura dovrebbe controllare periodicamente quanto dichiarato”, si legge sempre nel report della Campagna LasciateCIEntrare. “In base a quanto rilevato questi controlli o non vengono fatti o vengono espletati in maniera sommaria se non ambigua. Certamente non vengono poste domande agli ospiti, non si fa attenzione al loro reale stato non solo di salute psico-fisica ma anche di percorso rispetto ai servizi obbligatori. Fatto ancora più grave in caso di minori non accompagnati o di soggetti vulnerabili, lasciati completamente in balìa del gestore di turno”.

A volte invece il lavoro arriva anche senza corsi, ma per l'ennesima stortura di questo sistema abbandonato ampiamente a se stesso: “Oltre 700 migranti sono allocati nella zona tra Licola e Castel Volturno in strutture un tempo usate a scopo turistico ed ormai prive di scopo, dato il degrado ormai decennale dell’area. In questa zona si moltiplicano le aggressioni ai migranti ed aumenta il numero di migranti coinvolti nelle reti di sfruttamento lavorativo e nello spaccio”, raccontava sempre il report del febbraio 2016. “Così come aumenta il bacino delle donne che rientrano nella rete della prostituzione”.

E se lo Stato è in ritardo...
Beffa delle beffe, a fronte di tante zone d'ombra, lo Stato rischia anche di finire sotto scacco in caso di ritardati pagamenti. Come accaduto ad esempio a Biella, le cui cooperative con in appalto il servizio di accoglienza hanno minacciato nell'ottobre 2016 di portare tutti i migranti in Prefettura dal momento che l'arrivo dei fondi stava andando oltre i 150 giorni previsti come limite massimo. Perché in Piemonte come in tutto il resto d'Italia l'accoglienza è un affare, mica un'opera di bene.

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