8 marzo, perché non è (ancora) un mondo per donne
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8 marzo, perché non è (ancora) un mondo per donne

Oltre 16 milioni di bambine non andranno mai a scuola, c'è una vittima di violenza domestica ogni 10 minuti e in guerra rischiano più dei soldati

Una vittima ogni 10 minuti

Ogni ora, nel mondo, cinque donne sono uccise dal partner o da un familiare. Una vittima ogni 12 minuti; è l'inaccettabile prezzo pagato dalle donne per la violenza subita in ambito domestico".

ActionAid denuncia la preoccupante dimensione della violenza domestica sulle donne, una delle violazioni dei diritti umani più diffuse al mondo. Secondo l'Onu, sono infatti 46.600 le donne uccise ogni anno dal partner o da un familiare, l'equivalente di cinque donne ogni ora. ActionAid stima anche che più di mezzo milione di donne morirà a causa della violenza domestica entro il 2030. Ciò nonostante, quasi un quarto dei paesi del mondo non ha ancora leggi specifiche contro la violenza domestica. "La violenza sulle donne è una piaga sociale che riguarda tutti i paesi del mondo, anche il nostro. In Italia, una donna su tre ha subito violenza almeno una volta nella vita.

Per contrastare questo fenomeno c'è bisogno di una forte volontà politica e di una figura dedicata alle pari opportunità in modo esclusivo. Solo così è possibile assicurare un'azione efficace di promozione e tutela dei diritti delle donne. Per questo chiediamo al Governo di nominare al più presto una Ministra alle Pari Opportunità e di assicurare al suo dicastero risorse continuative e adeguate" dichiara Marco De Ponte, Segretario Generale di ActionAid Italia. ActionAid chiede al Governo di predisporre una piattaforma online in cui rendere disponibile, in formato aperto e in tempi brevi, le informazioni sull'uso dei fondi e in cui le Regioni possano a loro volta caricare la documentazione rilevante; di realizzare una mappatura aggiornata dei servizi antiviolenza sul territorio; di erogare le risorse 2015-2016 in tempi rapidi, verificando quanto avviene a livello regionale e comunale.

Nessuna educazione scolastica

Le bambine sono più suscettibili di essere private del loro diritto all'educazione. Malgrado tutti i progressi degli ultimi 10 anni, secondo l’Onu, nel 2016, ancora l’80% delle bambine che nascono nell’Asia del Sud e nel Sudest non vanno a scuola non ci andranno mai, salvo che non si registrino cambiamenti rilevanti del trend attuale. I maschi invece, sono solo il 16%.

Nel mondo, la bambine tra i 6 e gli 11 anni che non frequenteranno mai le scuole elementari sono oltre 16 milioni, il doppio rispetto ai coetanei maschi. Gravi disparità si registrano anche in Africa subsahariana e Paesi arabi.

"Non raggiungeremo mai gli obiettivi di sviluppo sostenibile se non lottiamo contro la discriminazione e la povertà che colpiscono la vita delle bambine e delle donne da una generazione all'altra - commenta in una nota il direttore generale dell'Unesco, Irina Bokova - dobbiamo lavorare a tutti i livelli, dalle popolazioni fino ai dirigenti, per iscrivere l'uguaglianza e l'inclusione al cuore di ogni politica, in modo che tutte le bambine, in qualsiasi situazione, vadano a scuola, restino a scuola e divengano cittadine autonome".

In occasione dell’8 marzo, Panorama.it, ha voluto ricordare alcuni dati ‘sconvolgenti che mostrano come nel 2016 sia ancora lontana l’uguaglianza tra l’uomo e la donna.

Violenza sessuale: 15 casi al giorno in Italia

Demoscopika

Sono 15 al giorno, in Italia, i casi di violenza sessuale, secondo la Mappa delle violenze sessuali nelle regioni italiane” realizzata dall’Istituto Demoskopika.7 vittime su 10 sono donne italiane. Sono 22.864 gli episodi di violenza sessuale consumati complessivamente in Italia nel quinquennio che va dal 2014 al 2010, in media circa 15 casi al giorno con vittime principalmente le donne di nazionalità italiana nel 68% dei casi, seguite dalle romene con il 9,3%, dalle marocchine con il 2,7% e dalle albanesi con lo 0,5%.

Su quasi 23 mila casi consumati, quasi 6 mila le vittime minorenni, e poco più di 22 mila le persone denunciate e arrestate dalle forze di polizia.

Sono tre le Regioni con le cifre più alte d’Italia: Trentino, Emilia Romagna e Toscana.

E se Trentino, Emilia Romagna e Toscana svettano per i casi di violenze sessuali ogni 100 mila donne residenti, Lombardia e Lazio si confermano i territori dove avvengono, in valore assoluto, il maggior numero di reati, rispettivamente 2.935 e 1.640 casi.

Ogni 4 casi di violenza sessuale in Italia, almeno uno coinvolge sicuramente un minorenne. Sono 5.722, infatti, gli under 18 complessivamente vittime di violenze sessuali nel nostro paese

Infine, da un sondaggio emerge che oltre 6 milioni, pari al 12% del campione intervistato, degli italiani  si sono dichiarati favorevoli all’introduzione della castrazione chimica in Italia. Un orientamento trasversale sia per le donne che per gli uomini.

Violenza sessuale come strumento di guerra

ANSA/CLAUDIO PERIAnsa

Margot Wallström, Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite per i crimini sessuali in situazioni di conflitto: “È diventato più pericoloso essere una donna che va ad attingere l’acqua o che va a raccogliere la legna da ardere che essere un combattente al fronte.”.

Durante le guerre spesso vengono commessi stupri allo scopo di seminare il terrore tra la popolazione, di disgregare famiglie, di distruggere comunità, e, in alcuni casi, di modificare la composizione etnica della generazione successiva. Talora si fa ricorso allo stupro per contagiare deliberatamente le donne con il virus dell’HIV o rendere le donne appartenenti alla comunità presa di mira incapaci di procreare.

I numeri sono agghiaccianti: in Ruanda, durante il genocidio protrattosi per tre mesi nel 1994 furono stuprate tra le 100.000 e le 250.000 donne.
Le agenzie delle Nazioni Unite calcolano che più di 60.000 donne siano state stuprate durante la Guerra civile in Sierra Leone (1991-2002), più di 40.000 in Liberia (1989-2003), fino a 60.000 nella ex Yugoslavia (1992-1995), e almeno 200.000 nella Repubblica Democratica del Congo durante gli ultimi 12 anni di guerra.

Nel marzo 2012, con l'aiuto del Sottosegretario Generale per gli affari politici B.Lynn Pascoe, Margot Wallström ha delineato alcune direttive secondo le quali la violenza sessuale in situazioni di conflitto deve essere un elemento di primaria importanza nei negoziati di pace o di sospensione delle ostilità.

Il Rappresentante Speciale ha aggiunto che tali norme, sostenute da UN Action, "ridisegnano il nostro modo di concepire e mettere in atto i trattati di pace e di cessate il fuoco". "I negoziati dovranno non solo mettere a tacere le armi, ma porre fine alle tattiche di terrore, come gli stupri".

Dietro agli uomini anche nelle retribuzioni

ANSA / CIRO FUSCOAnsa

L'Italia è al 4° posto. In Europa gli uomini guadagnano il 16% in più delle donne. Ma negli Usa la situazione è decisamente peggiore. A far riflettere, sulle differenze di retributive nei confronti delle donne è stata anche una delle donne più potenti del mondo, oggi alla guida del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde che, a tal riguardo, ha parlato di: "Sessismo sul lavoro", "complotto contro le donne", "insidiosa congiura" invece di "pari opportunità".

Lagarde ha detto che in troppi Paesi ci sono "restrizioni legali che cospirano contro le donne per impedirci di essere economicamente attive".

In una classifica che analizza il fenomeno all'interno dell’Unione Europea, l'Italia è al quarto posto, preceduta da Slovenia, Malta e Polonia che si piazzano sul podio di quelle che trattano 'meno peggio' le donne.

La Francia è 14esima col 15,2% di gap, la Finlandia è 20esima col 18,7%, il Regno Unito è 22esimo col 19,7% e la Germania è 24esima col 21,6. All'ultimo posto c'è l'Estonia che arriva al 30% di differenza tra uomo e donna.

Informazione, ma non al vertice

Ansa

Donne e informazione? Solo il 35% delle donne ai vertici dei giornali e ancora meno ce ne sono in tv.

Il sesso femminile, secondo i dati della American Society of News Editors, rappresenta soltanto il 35% dei vertici dei quotidiani cartacei. Ancora meno nella tv dove la percentuale scende al 20%.

Il Paese dove le donne guidano l’informazione è la Bulgaria. Motivo? In Bulgaria il giornalismo è considerata una professione di second’ordine. Quindi le donne sono al vertice del giornalismo perché questo non è mai stato preso troppo sul serio: sotto l’egida comunista, la stampa era pesantemente sotto censura ed il giornalismo era mal pagato; al giorno d’oggi, non a caso, il cuore dei mezzi di comunicazione focalizza e si occupa di contenuti da tabloid, intrattenimento, pettegolezzo e scandali.

Lo spazio? È ancora una parola al maschile

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Anche nello spazio non si può parlare di pari opportunità. Basti un solo dato: gli uomini che sono andati nello spazio sono 477, le donne solo 57.

Anche noi italiani non siamo da meno. Dopo 6 astronauti maschi, la prima donna è stata Samantha Cristoforetti.

Al secondo posto anche in cucina (nei ristoranti)

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Le donne pensavano di avere il primato almeno in cucina? No, neppure qui. Tra “I 50 migliori ristoranti del mondo” scelti dalla rivista Restaurant, ad esempio, per trovare la prima chef executive donna occorre arrivare al trentaseiesimo posto (Elena Arzak Espina, che si trova in ottova posizione, divide la cucina con suo padre, lo chef Juan Mari Arzak).

Il perché della scarsa presenza femminile nelle cucine importanti? Claudio Sadler, dell’omonio ristorante milanese, sostiene: “Sicuramente non c’è alcuna discriminazione: le donne sono in minoranza perché si tratta di un lavoro molto duro e sacrificante. Chi sceglie di fare questo mestiere, che sia uomo o donna, deve mettere in conto di avere poco tempo da dedicare alla famiglia”.

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Nadia Francalacci