Consulta: la rinuncia di Violante
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Consulta: la rinuncia di Violante

"Il protrarsi della indecisione, sta producendo un grave discredito delle istituzioni parlamentari" scrive in una lettera al Corriere

Con una lettera pubblicata in prima pagina oggi dal Corriere della Sera, il deputato del Pd Luciano Violante, candidato designato per il posto alla Corte Costituzionale, si chiama fuori dai giochi.

"Le Camere" spiega Violante nella sua lettera "avrebbero dovuto eleggere due giudici della Corte Costituzionale nel giugno scorso. A distanza di quattro mesi da quella data, nulla è cambiato. In silenzio, per molte settimane ho assistito alla rotazione delle altrui candidature, ho letto polemiche gratuite e ho subito attacchi infondati. In trent’anni di impegno parlamentare ho imparato che un’elezione, di qualsiasi tipo, non è un concorso per merito; conosco le condizioni in cui si svolge la lotta politica. Tuttavia le attuali condizioni del Paese non consentono di considerare questi fenomeni nel novero dei normali accadimenti. Il protrarsi della indecisione, che mi auguravo superabile, sta producendo un grave discredito delle istituzioni parlamentari accentuato dal manifestarsi in Aula, nel corso delle ultime votazioni, di comportamenti, limitati ma gravi, di dileggio del Parlamento. Improvvisi, recenti appelli non sembra abbiano contribuito alla chiarezza. 
È necessario fermare una deriva che offende l’autorevolezza delle istituzioni e la dignità delle persone".

Ringraziando i parlamentari che hanno sostenuto la su candidatura, Violante li invita a "scegliere altra personalità ritenuta più idonea ad ottenere il consenso necessario" E usa  toni forti e decisi nel richiamo delle istituzioni alle loro responsabilità: "una democrazia incapace di decidere attraverso il rispetto delle reciproche posizioni è una pura rappresentazione teatrale". 

E poco dopo continua: "Le leggi sono inefficaci senza i 'buoni costumi', che impongono comportamenti misurati e lungimiranti soprattutto quando sono in questione le nomine in organi di garanzia".

E conclude la lunga lettera con una speranza: "Permettetemi di sperare, al di là della questione che mi ha personalmente coinvolto, che le classi dirigenti, di cui voi siete parte rilevante, consapevoli che l’essere tali costituisce non un privilegio ma una responsabilità, diano anima a queste energie, rendendosi interpreti dell’interesse generale e restituendo così alla politica l’autorevolezza che le spetta in una democrazia funzionante. A partire dalla rapida elezione dei due nuovi componenti della Corte costituzionale". 


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Redazione