Candidati sindaco Roma: Virginia Raggi
ANSA/GIORGIO ONORATI
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Comunali: il risultato a macchia di leopardo del M5S

Bene a Roma e Torino. Male a Milano, Napoli, Cagliari. Per diventare una forza credibile, il MoVimento deve radicarsi su tutto il territorio nazionale

Il primo turno delle elezioni amministrative ci hanno consegnato un risultato a macchia di leopardo per il Movimento Cinque Stelle. Bene, benissimo a Roma, dove Virginia Raggi ottiene un risultato che supera ampliamento le previsioni della vigilia e che le consente di ipotecare, con il 35% dei voti, la vittoria al ballottaggio con il democratico Roberto Giachetti.

Benissimo a Torino dove la bocconiana Chiara Appendino, con il 30,91% dei voti, va al ballottaggio contro il sindaco uscente Piero Fassino (41,83%) e il Movimento 5 Stelle, con quasi il 30% dei voti, diventa di pochi decimali il primo partito in una città tradizionalmente rossa e operaia come il capoluogo piemontese.

Male invece a Milano, dove Gianluca Corrado si ferma al 10% dei voti, e male anche a Bologna, la città-capoluogo  dove nacque il M5S e dove il candidato-sindaco del MoVimento, il fedelissimo Massimo Bugani, ottiene un deludente 16% dei voti validi, senza andare nemmeno al ballottaggio. Altrettanto male a Napoli dove Matteo Brambilla non raggiunge nemmeno il 10% dei voti, male Cagliari dove il M5S ottiene solo l'8%, non bene a Trieste dove il candidato Paolo Menis ottiene solo il 17% dei voti. Non pervenuto a Salerno, terzo a Benevento,  terzo (col 12%) a Pordenone...


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BILANCIO
1) SCARSO RADICAMENTO. Più in generale, le elezioni amministrative si sono confermate per il M5S un banco di prova assai ostico. Lo scarso radicamento territoriale del MoVimento, la sua incapacità a esprimere una classe dirigente locale diffusa su tutto il territorio nazionale, vengono confermate anche dai risultati definitivi nei vari comuni che ci sta consegnando lo spoglio. I candidati del M5S sono competitivi, come a Torino e Roma, solo dove le  storiche coalizioni di centrodestra e di centrosinistra si presentano deboli, divise, o - come nel caso della capitale - con una pesante eredità politica da gestire. Dove invece riescono a presentarsi unite, con candidati più o meno credibili, il M5S fatica ad arrivare al ballottaggio e a insidiare la vittoria finale. 

2) PARTITO DI PROTESTA. Il MoVimento si conferma come un partito di protesta che dà il meglio di sé quando può polarizzare lo scontro politico, a prescindere dai candidati che presenta. Quando invece - come nel caso delle elezioni amministrative - deve presentare progetti di governo credibili per le città, capaci di parlare a fasce larghe ed eterogenee dell'elettorato, il M5S mostra la corda, confermando anche in questo caso le sue difficoltà a radicarsi come forza di governo autorevole e possibile su tutto il territorio nazionale.

3) LA PROVA DEL GOVERNO. Per poter competere al governo nazionale, il M5S dovrà in futuro dare dimostrazione di sapere amminstrare città complesse e medio-grandi, evitando - come è avvenuto a Parma o a Livorno - di spaccarsi in una guerra del tutti contro tutti che non giova elettoralmente, salvo che per gli ultras e i militanti di più o meno stretta osservanza casaleggiana.  Roma, per Virginia Raggi, sarà - se vincerà come prevedibile al ballottaggio - il banco di prova perfetto per dimostrare agli italiani che il M5S è diventato una forza adulta, di governo, responsabile, con una classe dirigente locale selezionata in base a criteri meno opachi di quelli delle cosiddette parlamentarie, con personaggi conosciuti e apprezzati a livello locale, con futuri assessori e consiglieri comunali scelti in base al merito, e non solo alla stretta fedeltà ai vertici del MoVimento.

Naturalmente, la probabile vittoria di Virginia Raggi a Roma è uno straordinario biglietto da visita per consentire al MoVimento di presentarsi alle elezioni del 2018 con un programma nazionale di governo competitivo. Mancano ancora due anni. Due anni in cui possono accadere molte cose, a cominciare dal referendum costituzionale di fine anno, che potrebbe contribuire - se vincesse il No alla riforma monocameralista  - ad accelerare la fine della legislatura. Da oggi a quando saremo chiamati a votare, il M5S dovrà dimostrare di essere diventato anche una forza di governo, non solo un partito di protesta. A cominciare da quello che farà a Roma, la città più complessa e difficile da amministrare. La sfida più difficile. Ricordando una lezione politica sempre valida: non si governa epurando i dissidenti, si governa parlando con tutti, anche con quelli che non ti hanno votato, anche con pezzi di quei poteri locali di cui magari hai detto pesta e corna in campagna elettorale. Virginia Raggi  - il M5S - ha le spalle abbastanza larghe?







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Redazione Panorama