Il colore dei soldi e quello delle stragi
(Ansa)
News

Il colore dei soldi e quello delle stragi

Come Eravamo
Intervista esclusiva a Delfo Zorzi, latitante, condannato per la strage di Piazza Fontana e indagato nel processo per la bomba di Piazza della Loggia

Da Panorama del 5 settembre 2002


«L'origine delle onde»: questo significa Hagen, il cognome giapponese che Delfo Zorzi, il neofascista veneto condannato all’ergastolo per la strage di piazza Fontana, ha assunto nel 1989 insieme al passaporto e alla cittadinanza nipponici.

Ma i magistrati bresciani Roberto Di Martino e Francesco Piantoni oggi sono convinti che Hagen Roi, alias Zorzi, imputato nel processo per la bomba di piazza della Loggia, sia anche «l'origine dei soldi»: quelli pagati per ottenere la ritrattazione e i silenzi di Martino Siciliano, l'ex neofascista mestrino divenuto uno dei testimoni chiave dell accusa nei processi sulla strage milanese del dicembre 1969 e su quella bresciana del maggio 1974.

Siciliano, che per anni ha vissuto in Colombia ed è stato sottoposto al regime di protezione riservato ai collaboratori di giustizia, in marzo aveva ritrattato ogni accusa in un memoriale. Poi, dopo una serie di intercettazioni, telefoniche e ambientali, in giugno è stato arrestato a Brescia per favoreggiamento. A causa delle sue parole, l'ndagine ha coinvolto uno dei legali di Zorzi, il presidente della commissione Giustizia della Camera Gaetano Pecorella, che i pm bresciani ipotizzano sia stato il tramite fra lo stesso Zorzi e Siciliano.

Indignato, Pecorella ha parlato di «una trappola», lamentando la strumentalizzazione politica della notizia. E Zorzi-Hagen? Per una settimana, in Giappone, si è nascosto dietro al più assoluto silenzio. Poi ha deciso di parlare, e lo ha fatto in esclusiva con Panorama.

«Io non ho mai promesso denaro a Siciliano, né ora né in passato» afferma. «Non ho mai avuto contatti con lui, diretti o indiretti, se si esclude la sua richiesta di un posto di lavoro, nel 1994. Da allora non l'ho più sentito».

Zorzi, Siciliano l'ha accusata di avere anticipato 5 milioni di lire per il memoriale di ritrattazione. Ha parlato anche di una promessa da mezzo milione di dollari. Dice il vero?

No, nel modo più assoluto. Né io né i miei avvocati abbiamo fatto pervenire denaro a Siciliano.

Il memoriale è nato dalla sua spontanea volontà. Quanto sarebbe stata utile, per la sua difesa, la sua ritrattazione?

Siciliano è stato già smentito da numerosi testimoni. La sua ritrattazione potrebbe ristabilire la verità dei fatti, ma solamente se confermata nel corso del processo d appello.

Chi è, secondo lei, il pentito Martino Siciliano?

E' uno che ha subito ricoveri in clinica psichiatrica e che per denaro ha raccontato una montagna di menzogne. E' stato pagato per collaborare con denaro del Sismi, al di fuori di ogni programma di protezione. Ha anche ricevuto denaro da un giudice. E' paradossale che oggi si pensi che abbia ricevuto denaro da me, addirittura attraverso i miei avvocati. Credo si tratti di una persona disposta a dire qualsiasi cosa non appena intravede un possibile beneficio.

Ma Siciliano ha formulato le sue accuse senza sapere di essere intercettato. Ne parlava con un altro testimone, Giuseppe Fisanotti.

Le confidenze di Siciliano a Fisanotti, così come si legge sui giornali, sono le classiche vanterie per accreditarsi come una persona con potenzialità economiche di un certo rilievo.

Dalle intercettazioni emergerebbe che la telefonata-alibi del 12 dicembre 1969, tra lei e Siciliano, non sarebbe mai stata fatta. Come stanno le cose?

La telefonata è stata fatta. Quello che Siciliano dice ora a Fisanotti, e cioè che non c'era nessuno dall altra parte del telefono, non ha alcun senso: che alibi potrebbe costituire una telefonata senza risposta? In quel periodo io vivevo in una pensione per studenti (a Napoli, ndr). Farmi chiamare durante una mia assenza per costruire un fantomatico alibi sarebbe stato un controsenso. E' una delle solite strampalate invenzioni di Siciliano.

Lei aveva dichiarato di avere un alibi per piazza Fontana e un testimone: lo studente messinese Carmelo Coglitore. Ha un alibi anche per piazza della Loggia? E' vero che in quel periodo faceva il militare nei Lagunari, a Venezia?

Dalla strage di Brescia sono passati quasi 30 anni. Sto cercando di ricostruire che cosa facevo in quel periodo. In questo momento non ritengo opportuno anticipare gli elementi che sto raccogliendo a mia difesa.

Che cosa pensa dell iscrizione al registro degli indagati dei suoi legali per l ipotesi di favoreggiamento?

Sono amareggiato e sconcertato. I sospetti sono gravissimi. Ma si tratta di professionisti integerrimi, ai quali va la mia completa fiducia. E ritengo si tratti di una manovra, alla quale Siciliano si sta prestando.

Scusi, ma quale sarebbe l'obiettivo di questa manovra?

Azzerare il mio collegio difensivo in un processo come quello di Brescia, nel quale le accuse si stanno sfaldando ogni giorno di più. Lo mostrano la ritrattazione del principale teste d'accusa, Maurizio Tramonte, e l'annullamento del mio ordine di custodia cautelare da parte della Cassazione.

I più letti

avatar-icon

Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

Read More