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ANSA / ETTORE FERRARI
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Deputati e lobbisti, in arrivo il codice etico

Tetto di 250 euro ai doni ricevuti e obbligo di dichiarare interessi finanziari particolari. I parlamentari provano ad auto-regolarsi, ma senza sanzioni...

Come numerosi ordini professionali, anche la Camera dei deputati è in procinto di dotarsi, entro aprile, di un codice etico mirato a “indicare ai cittadini e ai rappresentati da loro eletti una serie di principi e di standard di comportamento condivisi di cui poter chiedere conto da una lato, e a cui potersi ispirare, dall'altro”. Non che si tratti di un'iniziativa spontanea: a imporlo è l'Europa. Nelle prossime settimane il Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO), un organismo della Corte Europea di cui l'Italia fa parte dal 2007, verrà a verificare se ci siamo messi in regola o meno. 

Protocollo sperimentale

Il testo, di cui è autore il deputato del Gruppo Misto Pino Pisicchio, è già stato approvato dalla Giunta per il Regolamento, potrà essere ancora modificato ma visto che i tempi stringono, passerà intanto come “protocollo sperimentale”. Le novità più appariscenti riguardano l'appello ai deputati ad “astenersi dal ricevere” doni del valore superiore ai 250 euro e una serie di nuove regole, a parte, sull'attività di lobbing all'interno di Montecitorio. Nel primo caso, come si intuisce dal virgolettato, non si tratta di un divieto vincolante nonostante la Costituzione obblighi gli eletti a svolgere la loro funzione pubblica con “disciplina e onore” (art. 54) in rappresentanza dell'interesse generale dei cittadini (art 67) ed escludendo ogni soddisfazione di interessi particolari o qualsiasi vantaggio finanziario diretto o indiretto.

Il malcostume

Purtroppo i molteplici casi di malcostume e corruzione che hanno avuto per protagonisti esponenti politici di tutti gli schieramenti dimostrano come, molto spesso, gli interessi particolari di taluni eletti abbiano prevalso su quelli collettivi determinando il clima di sfiducia generale nei confronti della politica che si respira in Italia e la crisi dello stesso concetto di “rappresentanza”. Secondo il rapporto stilato nel 2015 da Transparency International, il nostro Paese è solo 61esimo nella classifica dei paesi virtuosi con la conseguenza che non solo il livello certificato di corruzione, ma anche la percezione diffusa dei comportamenti dei nostri eletti, ha finito per incidere molto negativamente non solo sulla fiducia dei cittadini ma anche sulla nostra economia.


La corruzione in Italia: al top tra i Paesi Ocse

Tutti i provvedimenti adottati finora, dal taglio dei costi della politica alle norme sull'accesso alle candidature e all'assunzione della carica di parlamentare (vedi legge Severino sulle cause di ineleggibilità, incandidabilità e incompatibilità), dall'introduzione del tetto alle spese elettorali all'obbligo di trasparenza da parte delle pubbliche amministrazioni relativamente ai componenti degli organi di indirizzo politico, non sembrano aver prodotto una significativa inversione di marcia. Il loro effetto deterrente è stato molto limitato e sarebbe forse troppo ottimistico aspettarsi miracoli da un codice etico. Anche perché, a parte il rischio di essere denunciati sul sito internet della Camera dal “Comitato consultivo sulla condotta dei deputati” chiamato a vigilare su eventuali violazioni, i deputati colti in fallo non rischiano nulla. Al momento infatti nel testo all'esame non sono previste sanzioni di alcun tipo.

Modello europeo

Il modello a cui questo testo si ispira è il Codice di condotta dei deputati al Parlamento europeo in materia di interessi finanziari e conflitto d'interessi. Nemmeno a Strasburgo esistono obblighi vincolanti: gli eurodeputati sono solo invitati ad astenersi dall'accettare doni superiori ai 150 euro. Al fine poi di poter consentire l'individuazioni di eventuali conflitti d'interesse sono tenuti a dichiarare quali attività professionali hanno svolto nel triennio precedente l'inizio del mandato, la partecipazione a comitati o consigli di amministrazione di imprese, organizzazioni non governative, associazioni e antri enti giuridici, qualsiasi attività regolare retribuita – comprese pubblicazioni, conferenze o consulente – ove la remunerazione complessiva superi i 5mila euro all'anno, nonché qualsiasi sostegno finanziario che si aggiunga ai mezzi forniti dal Parlamento da parte di terzi.

I limiti imposti

Ma veniamo in Italia. A proposito di doni, la raccomandazione è che i deputati rifiutino quelli di valore superiore ai 250 euro. Se li ricevono in contesti nei quali “rappresentano la Camera in veste ufficiale”, devono consegnarli al presidente che li tratterà “secondo modalità stabilite dall’Ufficio di presidenza”. Sul sito internet di Montecitorio devono inoltre essere riportate “le dichiarazioni dei deputati relative alle posizioni ed agli interessi finanziari, ai finanziamenti ricevuti e alle cariche ricoperte”.

La figura del lobbista

Per quanto riguarda invece la consolidata presenza di lobbisti all'interno del Palazzo, il discorso è un po' più complesso e richiederebbe una normativa a sé. La materia è finita invece in un documento, separato dal codice etico, chiamato “Regolamentazione dell'attività di relazione istituzionale della Camera”. La figura del lobbista esiste da secoli ed è presente in praticamente tutte le democrazie moderne. Negli Stati Uniti la loro attività è addirittura prevista e regolata dalla Costituzione e nelle società anglosassoni la loro regolamentazione ha prodotto effetti positivi non solo sulle politiche pubbliche nell'assicurare una maggiore partecipazione della società civile ai processi decisionali, ma anche scoraggiando fenomeni di corruzione. In Italia, invece, al termine lobbista è ancora associata un'accezione negativa: tutti hanno in mente quel tipo di personaggio che, soprattutto quando si discute di legge di Stabilità, e quindi di dove e a chi finiranno soldi e investimenti, si piazza nei corridoi della Camera per perore la causa del proprio gruppo d'interesse arrivando a esercitare pressioni di ogni tipo per ottenere vantaggi privati dall'attività pubblica.

Rapporti tra pubblico e privato

Tuttavia è proprio la somma di interessi particolari a determinare quello generale. Così, proprio per far fronte alle degenerazioni che possono scaturire quando i rapporti tra pubblico e privato non sono regolati e trasparenti, si vogliono introdurre una serie di modifiche all'articolo 67 del Regolamento della Camera. Intanto i lobbisti (denominati “rappresentanti di interessi che intendono svolgere l'attività di relazione istituzionale nei confronti dei deputati”) dovranno iscriversi a un apposito registro pubblico dal quale sono esclusi a priori tutti i condannati, cioè chi è interdetto dai pubblici uffici. Devono essere dichiarati quali interessi sponsorizzano e indicare, in una relazione annuale, con quali parlamentari hanno avuto rapporti, quali obbiettivi hanno raggiunto, con quali mezzi e a quale prezzo (spese sostenute).

Scetticismo

L’articolo 67-ter prevede poi che spetterà sempre all’Ufficio di Presidenza definire i doveri dei deputati e tutte le altre norme necessarie a garantire la trasparenza e la pubblicità dell’attività dei rappresentanti di interessi, oltre che le eventuali sanzioni per le violazioni delle norme in questione. Funzionerà? Lo scetticismo, soprattutto tra gli stessi deputati, non manca. Ma c'è da dire che si tratta comunque di un'innovazione. O quantomeno di un modo per sanare una situazione per cui l'Italia rischia di essere sanzionata a livello internazionale. Con tutto l'ulteriore discredito, in tema di corruzione e trasparenza, che ne deriverebbe.

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Claudia Daconto