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ANSA/AP Photo/Nelson Antoine
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Cesare Battisti, la storia della fuga del terrorista

Dal 2004 ad oggi le tappe della latitanza, tra fughe, arresti e scarcerazioni, del terrorista di estrema sinistra che si trova in Brasile

Cesare Battisti va arrestato perché sussite il pericolo di fuga. E' la decisione, non troppo clamorosa, presa dai giudici brasiliani e che avvicina il momento dell'estradizione del latitante in Italia. Una mossa, la prima, che segue le dichiarazioni del neo Presidente del Brasile, Bolsonaro, da sempre favorevole all'estradizione del terrorista.

La fuga in Brasile 

Approdato in Brasile nel 2004, il terrorista italiano è stato protetto per tutto questo tempo da una lobby condotta a livello internazionale da esponenti della cultura di sinistra. Quella stessa "gauche caviar" che a Parigi nel 1990 lo aveva accolto a braccia aperte grazie alla "dottrina" ispirata dal presidente Francois Mitterrand, il presidente che fu il teorico della difesa dei nostri terroristi rossi perché a suo dire inseguiti dalla brutalità giudiziaria italiana.

Le tappe della latitanza

In Brasile, quattro anni dopo il suo arrivo, nel 2009 Battisti era stato però “tradito” proprio dal Supremo tribunal federal, che in quel caso aveva autorizzato la sua estradizione.

Otto anni fa la decisione dei giudici brasiliani era stata comunque pilatesca: la corte aveva infatti lasciato l'ultima parola all'allora presidente Luiz Inacio Lula da Silva. E il 31 dicembre 2010, proprio nel suo ultimo giorno di mandato, Lula aveva concesso a Battisti lo status di rifugiato politico, bloccando l'estradizione.

Il ministro della Giustizia di Lula, Tarso Genro, un esponente trotzkista del Partito dei lavoratori, aveva giustificato quel passo clamoroso con "il fondato timore" che l’Italia avesse ordito "una vera persecuzione" nei suoi confronti.

A nulla era servita, allora, l’indignata protesta esercitata dal governo di centrodestra, guidato da Silvio Berlusconi: Lula era stato irremovibile.

La situazione non era cambiata nemmeno sotto la nuova presidente del Brasile, Dilma Rousseff, che l'8 giugno 2011 (in questo caso in pieno accordo con i magistrati) aveva negato una seconda volta l'estradizione, sostenendo che in Italia Battisti avrebbe potuto "subire persecuzioni a cause delle sue idee".

Poi le cose sono molto cambiate dal punto di vista politico. L'ex presidente brasiliano, il centrista Miguel Temer che nell’agosto 2016 ha preso il posto della Roussef dopo la sua rovinosa caduta per via giudiziaria, il 12 ottobre scorso aveva annunciato la revoca dello status di rifugiato concesso a Battisti da Lula, e poi aveva pubblicamente dichiarato che dovrebbe essere estradato al più presto in Italia.

Alla causa politica del terrorista non ha giovato la crisi del Partito dei lavoratori, la sinistra di governo la cui credibilità negli ultimi anni è stata fiaccata dalle ripetute Tangentopoli brasiliane. E ad alienargli le simpatie della politica brasiliana hanno contribuito probabilmente anche i suoi atteggiamenti polemici: le interviste, irritanti e spavalde, e soprattutto il tentativo di fuga in Bolivia del 4 ottobre (anche se Battisti nega di aver mai voluto espatriare di nascosto), che ha portato a un suo breve arresto.

Ma una cosa è la politica, un'altra è la giustizia: c'è anche un altro elemento che potrebbe giocare a favore del latitante, ed è la lettera indirizzata dalla sua compagna al Supremo tribunal federal, nella quale la donna ha ricordato che l'estradizione priverebbe del padre il figlio, di soli 4 anni. 

La fine di Lula, arriva Bolsonaro

La svolta arriva con le elezioni presidenziali del 2018. Il candidato della destra, Bolsonaro, fin da subito promette al Governo italiano che in caso di successo alle elezioni uno dei primi provvedimenti sarà proprio l'estradizione del terrorista in Italia.

14 dicembre 2018. Parte l'ordine di arresto per Cesare Battisti dato l'esistente "pericolo di fuga"

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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