I bari
ANSA/ TERESA CARBONE
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Cerco casa

Mentre si prepara il governo gialloverde, mi chiedo se non sia tempo di costruire una casa più grande per tutti quelli che si definiscono moderati

Mentre indugia a partire la crociera di nozze nazionalpopulista di Salvini e Di Maio, mentre le bandiere verdi e a cinque stelle vengono un po' sventolate e un po' ammainate, mentre la banda sul ponte è pronta a intonare We are the history, io sto sul molo. Non farò ciao col fazzoletto ma neanche mi augurerò la fine del Titanic qualora dovesse prendere il largo. Me lo impedisce la mia indole e la consapevolezza che su quella nave c'è la maggioranza degli elettori italiani.

Tra quei milioni di voti il mio non c'è. Non mi ha mai spaventato avere convinzioni minoritarie, mi è sempre importato che le mie convinzioni fossero mie. Se salgo su un carro non lo scelgo perché è quello dei vincitori ma perché mi piacciono l'itinerario e, per quanto possibile,i compagni di viaggio. Non ho votato né per Salvini né per Di Maio, eppure penso che se dopo il successo del 4 marzo si dovessero trovare d'accordo, dovrebbero avere la possibilità di provarci.

Ma quella cosa lì non fa per me. Senza abusare di parole come moderato, liberale e riformista, non mi piace chi si autorappresenta come salvatore della patria, chi conquista con le grida e non con i ragionamenti, chi soffia sul fuoco per farlo diventare incendio, chi definisce tutti gli altri incapaci e soltanto se stesso bravo. Non mi piace chi vuole rompere senza mediare, chi sale in cattedra quando non è neanche passato dai banchi. Non mi piace chi la fa facile quando facile non è.

Da ragazzo gridavo contro il Sistema, contro i Politici, contro il Capitalismo. Non ero solo, eravamo in tanti, riempivamo le piazze perché alcune ragioni le avevamo, ma rifiutavamo ogni compromesso e non sapevamo come far diventare quelle ragioni proposte "di governo". Contestavamo l'università, per poi pretendere agli esami la sufficienza "politica" non avendo elementi basilari di conoscenza della materia. Volevamo il potere ma se ci avessero detto "accomodatevi" non avremmo saputo da dove cominciare per governare il Paese.

Così mi sono convinto che non era quella la strada giusta, che il pensiero unico è una boiata pazzesca, che se necessario si deve essere impopolari anche quando ci si vuole occupare del popolo, che la complessità non va banalizzata, che la pancia della piazza o del web di oggi non basta a dettar legge e a comandare. E se ho profonda disistima di molti tromboni che per decenni ci hanno mal governato, passare alle grancasse non mi pare questo gran salto. Dunque, mentre guardo i preparativi per la crociera dei promessi sposi gialloverdi, da un lato mi auguro che se dovessero prendere il largo quegli ammiragli si moderino e non facciano come Schettino per la fretta di mantenere promesse lunari, dall'altro mi chiedo se non sia tempo di costruire una casa più grande per tutti quelli che si definiscono (ahimè, l'ho detto) moderati.

Una casa per chi non vuol salire su quella nave, una casa che possa competere alla pari con l'onda montante del populismo e che stia fuori da vecchi steccati. Quelli lasciamoli alla sinistra-sinistra, alla destra-destra, al giustizialismo di Marco Travaglio e Roberto Saviano, ai capipolo uniti. Unità che poi non ho capito bene. Mi chiedo se al di là del massimalismo siano davvero così simili Salvini e Di Maio.

Nonostante i toni estremi su Europa, pensioni e conti pubblici, la Lega ha vissuto dentro un'alleanza più moderata, ha imparato a mediare, governa Regioni del nord e lo fa anche bene. Ha ragione a chiedere un'immigrazione più ordinata, più sicurezza e meno tasse. Salvini, nonostante la stravagante scelta di tenersi stretto Berlusconi e contemporaneamente allearsi con chi Berlusconi lo voleva morto, è probabilmente convinto di poter addomesticare i Cinquestelle, di poterli sdoganare proprio come il Cavaliere ha fatto col Carroccio.

E i grillini sono sembrati seguirlo nonostante i mal di pancia. Il reddito di cittadinanza che li ha fatti vincere e che somigliava agli 80 euro di Renzi moltiplicati per dieci è via via diventato un incentivo per avviare al lavoro. Erano No-tutto, ma a molti Vaffa hanno fatto indossare la cravatta sotto l'occhio vigile del presidente Mattarella che in questa vigilanza sta giocando una partita delicatissima e perfino rischiosa. Matteo e Giggino sembrano uniti dal "se non ora quando?", consapevoli che occasioni così non è detto che ripassino. Se la loro nave andrà, sono pronti a prendere provvedimenti ad effetto per rimarcare la discontinuità e contemporaneamente, come hanno fatto tutti prima di loro, ad occupare i posti di rilievo. Dalla Rai alle partecipate, sono decine le poltrone in palio negli uffici che contano. Sarà la rivoluzione che hanno promesso? Diffido. Insieme mostreranno un volto nuovo che mi farà ricredere delle mie diffidenze? Mah. Nel dubbio metto fuori il cartello: CERCO CASA.

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Raffaele Leone