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ANSA/MOURAD BALTI TOUATI
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Caso Sala: così si nomina (e si revoca) un commissario

Legge e precedenti: il candidato sindaco di Milano, e commissario di Expo, doveva essere revocato da un decreto. Protocollarne le dimissioni non basta

Legge n 400 del 23 agosto 1988. Titolo: Disciplina dell'attività di governo e ordinamento della presidenza del Consiglio dei ministri". Art. 11, intitolato: "Commissari straordinari del governo".

Testo: comma n° 1. Al fine di realizzare specifici obiettivi determinati in relazione a programmi o indirizzi deliberati dal Parlamento o dal Consiglio dei ministri o per particolari e temporanee esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali, può procedersi alla nomina di commissari straordinari del governo, ferme restando le attribuzioni dei ministeri, fissate per legge.

Comma n° 2. La nomina è disposta con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Con il medesimo decreto sono determinati i compiti del commissario e le dotazioni di mezzi e di personale. L'incarico è conferito per il tempo indicato nel decreto di nomina, salvo proroga o revoca.

È tutta in questa semplice norma (e in particolare nelle ultime quattro parole dell'articolo) la questione se Giuseppe Sala, candidato sindaco di Milano per il Pd e nominato commissario straordinario di governo per Expo, sia o meno candidabile alle elezioni e, in quanto tale, eleggibile.

Non è una questione di lana caprina, né formale: è la legge. Sala è stato nominato commissario straordinario di Expo e nel decreto di nomina la data di scadenza del suo incarico è il 31 dicembre 2016.

Il problema, sollevato da un articolo sul numero di Panorama attualmente in edicola, ha suscitato la scomposta reazione del candidato del centrosinistra: "Una meschina provocazione e questioni surreali" ha detto, aggiungendo poi uno sprezzante: "Questi sono professionisti dell'infamia".

In realtà, Sala e il governo Renzi non hanno mai risposto al problema giuridico posto da Panorama. Perché anche Palazzo Chigi ha risposto che Sala avrebbe inviato una lettera di dimissioni lo scorso 15 febbraio, e che quella lettera sarebbe stata "protocollata" il 18 di quello stesso mese.

Se tutto questo è vero, e se null'altro è stato fatto, questa è la conferma che Sala non è mai stato revocato formalmente dalla sua carica di commissario straordinario, e questo lo rende incandidabile per legge. E il rispetto formale della legge dovrebbe essere fondamentale per chi, come Sala, lo invoca (almeno a parole) nella quotidianità.

Tant'è vero che i radicali hanno subito presentato un esposto all'autorità giudiziaria e alle Autorità competenti, mentre il Movimento 5 stelle si è appellato oggi al Tar chiedendo una pronuncia immediata, entro tre giorni.

Del resto, che la prassi per nominare e revocare un commissario straordinario passi obbligatoriamente attraverso un decreto è reso evidente anche da un caso recente.

Per revocare ll "commissario straordinario per il coordinamento delle attività occorrenti a consentire la definitiva approvazione del progetto ferroviario Torino-Lione", Mario Virano era stato nominato nel 2002 con decreto del presidente della Repubblica. Altri decreti ne avevano poi prorogato l'incarico fino al 31 dicembre 2016. Esattamente come Sala.

Poi Virano ha presentato le sue dimissioni il 23 febbraio 2015. Ma queste sono state accettate e formalmente ratificate soltanto quando è stato promulgato un nuovo decreto del presidente della Repubblica, in data 29 aprile 2015 (sotto il governo Renzi. Cfr. il documento allegato qui stotto).

Tornano a Sala, c'è poi un altro problema di incompatibilità, e anche questo è dificilmente eludibile: perché Sala nell'ottobre 2015 (e quindi quando ancora non aveva presentato le sue dimissioni) era stato nominato consigliere d'amministrazione nella società pubblica Cassa depositi e prestiti.

Anche questo incarico è incompatibile con il ruolo di commissario straordinario. E in questo caso la dichiarazione pubblica di accettazione della carica sottoscritta da Sala nell'ottobre 2015 non corrisponde alla verità dei fatti. Tanto che la questione compare nell'esposto presentato dai radicali alla Procura.

A chi obietta che questi sono soltanto formalismi, ha risposto ieri anche l'ex sindaco di Milano, Gabriele Albertini, oggi capolista della Lista civica per Stefano Parisi: "Sono tutte irregolarità formali, ma il diavolo sta nei dettagli, ma a volte i dettagli sono più importanti della sostanza. Sono situazioni non del tutto chiare, non nitide, perlomeno non appropriate sotto il profilo della correttezza formale. Su questo credo che non ci sia discussione".

Del resto, per una questione formale (l'avere raccolto le 1.500 firme per la presentazione della lista su cartelle non aggiornate, con i nuovi riferimenti legislativi) è stata esclusa dalle elezioni comunali milanesi la Lista di Fratelli d'Italia, apparentata al centrodestra di Stefano Parisi.

Se l'inconferenza di un presunto formalismo dovesse valere nel caso di Sala, allora non si capisce perché non dovrebbe essere fatta valere in un altro, là dove (ben più gravemente) si renderebbe nulla una manifestazione di volontà popolare.

Sulla confusione che pare governare molte mosse di Sala, Albertini ha poi espresso una critica serrata, mettendo insieme tutte le amnesie di Sala (che anche ieri, parlando a RaiNews24, ha sostenuto che "uno che lavora molto può avere delle dimenticanze"). "Quando si sottoscrivono dichiarazioni sul proprio onore" ha detto Albertini "non ci si puó dimenticare di dichiarare la proprietà di una casa in Svizzera, o che si ha una partecipazione consistente in un'azienda che ha sede all'estero. Che poi si tratti di infrazioni lievi piuttosto che gravi importa poco, però se in un colloquio di assunzione il candidato si presenta spettinato, vestito male e in ritardo, non ci si aspetta che possa fare un buon lavoro".

8 DPR 23 aprile 2015

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