Iraq: la «missione impossibile» dell'inviato del Papa
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Iraq: la «missione impossibile» dell'inviato del Papa

La diplomazia del Vaticano torna protagonista in Medio Oriente anche se i risultati si fanno attendere. Intanto la partenza di Filoni crea contraccolpi in Vaticano - Yazidi, il ritratto  - Foto  - L'analisi militare  - Cosa farà Obama

La valigia diplomatica è pronta ma il problema è trovare il passaggio aereo che lo porterà a Baghdad. Il cardinale Fernando Filoni, prefetto della congregazione per l’evangelizzazione dei popoli è l’inviato personale del Papa in Iraq. Francesco ieri gli ha anche consegnato la somma in denaro da portare in aiuto delle comunità cristiane del Paese (pari a oltre un milione di persone dieci anni fa, ridotti a meno di 300 mila oggi). Nella capitale irachena troverà ad attenderlo il nunzio Giorgio Lingua. Poi tenterà di raggiungere Erbil in Kurdistan. Ma le difficoltà di questa visita non sono legate semplicemente alla logistica e alla sicurezza.

Sono passati appena otto mesi da quando il governo di Nouri al Maliki ha riconosciuto il 25 dicembre come festa nazionale. I cristiani avevano sperato che, nonostante le obbiettive difficoltà di vita, qualcosa finalmente per loro stesse cambiando. Anche i risultati elettorali dello scorso 30 aprile, che avevano saldato l’alleanza dei partiti cristiani con quelli sciiti, potevano indurre a guardare il futuro con occhi diversi. Poi il Paese è sprofondato nel caos. L’avanzata delle milizie sunnite dell’Isis ha travolto tutto.

Filoni conosce bene il Paese, perché è stato nunzio apostolico dal 2003 al 2006 senza mai abbandonarlo, neppure sotto le bombe del secondo conflitto iracheno. Il compito dell’invito personale del Papa ora è davvero complesso: la Santa Sede non invoca alcun intervento armato, «la guerra giusta», ma chiede alla comunità internazionale di intervenire per difendere il diritto umanitario e cercare una soluzione politica alla crisi. "Il Santo Padre, probabilmente, avrebbe avuto anche piacere di essere li', in mezzo a questa povera gente", ha riferito Filoni. In questa fase il valore della visita del cardinale è più simbolico che operativo. Allo stesso tempo la diplomazia d’Oltretevere deve rivolgere la sua azione anche all’interno, verso le comunità cristiane irachene profondamente divise tra loro (alle ultime elezioni i cristiani erano frammentati in sette partiti diversi) per trovare unità d’azione e coesione.

La partenza di Filoni ha creato anche qualche irritazione nella Curia romana, in particolare da parte del prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, il cardinale Leonardo Sandri, connazionale di Papa Bergoglio, che sarebbe il «titolare» della competenza sull’Iraq e si è visto invece «scavalcare» da Filoni. Ma si è trattato, d’altra parte, di una scelta insindacabile del Papa legata alla conoscenza diretta che l’ex nunzio aveva di quell’area geografica.

La diplomazia vaticana torna insomma in prima linea, dopo alcuni anni di appannamento durante il pontificato di Benedetto XVI. Ma i risultati si fanno attendere: dopo l’incontro di preghiera per la pace tra Israele e Palestina, voluto dal Papa in Vaticano lo scorso 8 giugno, con la partecipazione dei presidenti Abu Mazen e Shimon Peres, la situazione in Terra Santa invece di migliorare ha visto un’escalation di violenza inattesa. Anche i fortissimi appelli del Papa per l’Iraq sembrano essere caduti del vuoto. Ma Papa Francesco sa che purtroppo la diplomazia ha tempi lunghi. Si semina oggi per raccogliere frutti, si spera, domani. 

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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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