Carcere preventivo, il coraggio di Bruti Liberati
Dopo la condanna inflitta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per la vergogna delle carceri italiane, è il solo capo di una procura italiana che abbia chiesto di limitare il ricorso alla custodia cautelare
Ancora una volta, tanto di cappello al procuratore di Milano, Edmondo Bruti Liberati.Il quale, dopo la dura condanna inflitta l’8 gennaio all’Italia dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per la vergogna delle sue carceri, è il solo capo di una procura italiana che abbia sentito il dovere di prendere carta e penna e scrivere ai suoi sostituti per segnalare la necessità di limitare il ricorso alla custodia cautelare. Ovverosia quello che in un’altra era si chiamava più efficacemente «carcere preventivo».
La Corte di Strasburgo, oltre a criticare l’eccessivo, folle affollamento dele nostre prigioni, si diceva «colpita» dalla scoperta che oltre il 40% dei detenuti italiani fosse in attesa di giudizio. Bruti, ai suoi sostituti, ha scritto: «Sono certo che tutti i magistrati della procura terranno nel massimo conto, sia in tema di misure cautelari sia in fase di esecuzione, gli auspici della Corte dei diritti dell’uomo». Noi lo speriamo. Ma, intanto, giù il cappello.