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(Ansa)
Calcio

Spareggi Mondiali: la posta in palio per l'Italia

Macedonia del Nord e poi, si spera, Portogallo o Turchia: in una settimana Mancini si gioca tutto. Progetto tecnico, soldi, equilibri in Figc e una fetta di PIL: ecco perché tutti devono tifare per gli azzurri

Premessa doverosa: se siamo arrivati a questo punto, cioè a giocarci la qualificazione al Mondiale del Qatar in due spareggi senza domani, la colpa è fondamentalmente nostra. Non c'è altro responsabile al di fuori degli azzurri nella mancata vittoria contro la Bulgaria a settembre, nel match che ha riaperto i giochi nel girone. Ed è colpa nostra se Jorginho ha calciato fuori due rigori decisivi contro la Svizzera. Non ce la possiamo prendere con nessuno, semmai notare di aver avuto una certa sfiga nel post Europeo visto che, anche nell'errore, abbiamo pagato un prezzo altissimo venendo accoppiati al peggiore degli avversari possibili in una formula profondamente ingiusta che regala a qualcuno il vantaggio inestimabile di giocarsela in casa. Sempre per sorteggio e non basandosi sul merito.

Ecco, anche questa se vogliamo è una colpa perché quando FIFA ed UEFA hanno scritto le regole sarebbe stato il caso di far valere il proprio peso per opporsi una roulette senza rete disegnata così. Forse, però, pensavamo che non dovesse riguardarci e alla fine ci siamo cascati.

Esaurita la premessa, rimane la consapevolezza della posta in palio che va ben oltre la semplice questione di campo. Non andare in Qatar non sarebbe solo un problema di natura calcistica, così come successi e insuccessi della nazionale nel passato non sono mai stati solo una cosa di sport. Basti pensare al riflesso del trionfo a Wembley nella scorsa estate, con impatti su PIL (+0,7%) ed export (+10%) magari sovrastimati, ma certamente ben graditi in un periodo di ripartenza dopo la crisi. Oppure si torni alla grande depressione del novembre 2017, quella della cocente eliminazione per mano della Svezia.

Stare fuori dal Mondiale azzererebbe i benefici del meraviglioso 2021 del calcio e dello sport azzurro, provocherebbe un danno da decine di milioni di euro immediato per la Federcalcio e difficile da stimare oggi per tutto il movimento del pallone. Lo sanno bene gli uomini impegnati nel difficile compito di vendere in giro per il mondo i diritti tv della nostra Serie A, sempre meno competitiva sul mercato internazionale rispetto alla concorrenza: non esserci in Qatar, nel cuore di quell'area che oggi rappresenta quasi un buco nero per la Lega, significherebbe retrocedere di altre posizioni e dover mettere in conto anni ancora più difficili.

Anche per questo è sorprendente che i presidenti dei club non abbiano colto l'urgenza di un gesto straordinario per venire incontro alle esigenze del ct Roberto Mancini. La richiesta di spostare la giornata di campionato precedente gli spareggi è rimasta lettera morta: non era semplice, ma l'intreccio di personalismi ed egoismi (ad esempio gli inutili ricorsi su ricorsi per le partite saltate causa Covid) hanno chiuso ogni possibile spiraglio. E il clima di tensione tra il numero uno della FIGC, Gabriele Gravina, e i proprietari delle società che non gradiscono le sue riforme in tema di sostenibilità economica del calcio ha aggravato la situazione.

Essere eliminati porterebbe al quasi inevitabile addio di Roberto Mancini, l'uomo del rinascimento italiano cui dobbiamo l'Europeo e l'essere usciti dal buco in cui eravamo precipitati dopo lo choc di Ventura. Sarebbe come tornare all'anno zero, chissà con quali prospettive. In Federcalcio il presidente Gravina ha già fatto sapere che non si dimetterà e che la sua posizione è diversa da quella di Giancarlo Abete (via dopo il deludente Mondiale del 2014) e Carlo Tavecchio (silurato nel 2017): ha ragione, ma ne uscirebbe comunque indebolito. E non è detto che la seconda assenza di fila al Mondiale non possa trasformarsi in ostacolo per il dossier che deve portare in Italia l'Europeo del 2032.

In generale, il sistema Italia ama poco i perdenti e non c'è dubbio che intorno agli azzurri sparirebbero rapidamente anche tutti quelli che hanno fatto a gara l'estate scorsa per non mancare alla foto celebrativa. Un calcio italiano tornato nell'angolo avrebbe meno forza sul piano politico per accelerare (sigh!) nell'infinita partita per stadi e infrastrutture. Meno appeal, meno potere da esercitare, meno per tutti. Ecco la vera posta in palio contro Macedonia del Nord e (si spera) Portogallo o Turchia. Sapendo che se siamo arrivati qui è colpa nostra e che per evitare il baratro ora dobbiamo compiere un'impresa.

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Giovanni Capuano