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Calcio

Sarri contro Sarri, la notte della Coppa Italia

Juventus e Napoli si contendono il primo trofeo della stagione (e il primo 'italiano' per i due tecnici). L'allenatore bianconero sfida il passato che ha rimosso

Maurizio Sarri è stato impegnato nella breve vigilia di Napoli-Juventus (così ha deciso il sorteggio pro-forma della Lega), finale di Coppa Italia, nel rivendicare i successi della sua carriera per evitare di - citazione - "farsi girare i coglioni". Otto promozioni dalle serie minori fino alla Serie A e una Coppa Italia di Serie D vinta con il Sansovino nel 2003, anno in cui Rino Gattuso alzava al cielo di Manchester la Champions League conquistata dal Milan proprio contro la Juventus nella prima e unica finale tutta italiana. Sarri contro se stesso, contro il suo passato e contro tutti quelli che continuano imperterriti a descriverlo come un visionario senza palmarès adeguato anche se nel frattempo, passando da Londra, è riuscito a mettere le mani su un'Europa League.

Comunque la si giri, la storia più suggestiva della finale di Coppa Italia al tempo del Covid è quella che racconta del tecnico toscano al bivio della stagione: da una parte il primo trofeo che serve per entrare nel modo giusto nella rincorsa di campionato e Champions, dall'altra il Napoli cui ha legato la fase più bella della sua storia e nel quale troverà tracce forti del lavoro fatto per portarlo sino alle soglie dell'impresa, salvo poi fermarsi sul più bello.

SARRI E LA NAPOLETANITA' RINNEGATA

Non è una novità e forse è una storia scritta. Un anno fa di questi giorni Sarri era alle prese con le prime parole da juventino, molte delle quali dedicate a difendersi dall'accusa di aver tradito la causa napoletana. Il resto impiegato per abbattere la statua del "sarrismo" ed evitare di portarsi dietro il peso della bellezza scintillante di quel Napoli, infatti mai più ritrovata alla Juventus. Sarri che entra in queste finale accompagnato dalle parole di De Laurentiis ("Mi ha tradito, lasciò Napoli con la scusa volgare dei soldi") e dal ricordo delle sue, di quando fieramente combatteva il potere bianconero evocando il peso dei soldi, della storia, quello politico e persino la verticalità delle strisce della maglia come strumento per ottenere calci di rigore.

Guerre vinte e perse che lo avevano reso capopopolo al San Paolo e odiato a Torino e che adesso gli vengono puntualmente rinfacciate da una parte e dall'altra. Dolce condanna che rende inopportune alle orecchie degli altri anche le parole spese dopo la sconfitta in campionato, il compiacimento per aver visto gli allievi di allora capaci di superare il maestro: normalità per chiunque abbia un rapporto umano di empatia con persone e luoghi in cui ha vissuto e lavorato, ma considerate sbagliate se messe sulla bocca piena di fumo del toscano.

IL TRIDENTE PICCOLO INVENTATO DA LUI

Dal punto di vista tecnico, nel vuoto dello stadio Olimpico Sarri si troverà davanti un Napoli in cui la sua impronta è ancora ben presente. Gattuso lo ammira e non lo nasconde, De Laurentiis lo rimpiange e lo ha detto a chiare lettere ammettendo di aver sbagliato la scelta del successore, ovvero Carlo Ancelotti con il suo tentativo di de-sarrizzare la squadra cancellandone le traiettorie mandate a memoria.

Insigne, Callejon e Mertens: ecco gli uomini cui si affida Gattuso pure in un calcio diverso, più di ripartenza che di controllo del pallone del territorio. I tre che dall'autunno del 2016 sono diventati il marchio di fabbrica del Napoli di Sarri e che sono all'ultimo ballo perché lo spagnolo sta per abbandonare la compagnia causa scadenza del contratto. Conoscerli a fondo può essere un vantaggio, ma anche un limite.

Maurizio Sarri dice che gli "girano" quando i giornalisti non ricordano progressi e successi della sua gavetta. E' una disputa filosofica più che tattica, ma non basta per nascondere il peso di questi 90 minuti (eventualmente più rigori senza supplementari). Sarri sa che se vince ha fatto solo il suo, e sarà giudicato per quello che viene dopo, ma se perde verrà processato su pubblica piazza. Perché è vero che nessun debuttante sulla panchina della Juventus ha avuto la media punti in campionato come la sua - altra rivendicazione fatta nella breve vigilia -, però il destino che si è scelto è quello di vincere e basta. In maniera ossessiva e anche compulsiva. La sconfitta non è prevista nella road map della Juventus. Non questa sera. Non contro il Napoli che fu di Maurizio.

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Giovanni Capuano