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Ansa
Calcio

La scelta di Pogba

Il francese infortunato al menisco non si opera per non rischiare di perdere il Mondiale. Anche se i medici (e forse anche la Juventus) avrebbero preferito l'intervento risolutivo

La certezza è che Paul Pogba si è comportato come un lavoratore qualsiasi, dipendente o libero professionista: davanti a una malattia o a un problema fisico ha deciso in autonomia tempi e modi della cura, valutando sulla base delle proprie convinzioni ed esigenze. L'anomalia è che Paul Pogba, così come tutti i calciatori e in generale gli sportivi di altissimo livello, è un prestatore d'opera con mille particolarità, cominciando con il suo essere 'non sostituibile' per finire allo stipendio extra large che il club di appartenenza - la Juventus in questo caso - gli passa ogni fine del mese.

Al bivio tra la certezza della guarigione passando per la sala operatoria, dove sistemare il menisco laterale del ginocchio destro attraverso meniscectomia (2 mesi out) o sutura (6 mesi), oppure una terapia conservativa sperando che il dolore e il problema non si ripropongano nelle prossime settimane, il centrocampista francese appena riportato a Torino dopo il periodo al Manchester United ha scelto per la strada conservativa. Il Mondiale da giocare, difendendo il titolo di campione, a novembre ha certamente pesato sulla sua decisione, così come è evidente che la Juventus avrebbe preferito uno scenario diverso.

Da qui in poi Pogba giocherà una personale scommessa. Fuori cinque settimane per terapia conservativa (cui aggiungere 10 giorni intercorsi tra l'infortunio e la scelta), il francese spera di non vivere una recidiva che costringerebbe all'operazione, facendogli perdere il Mondiale e complicando ulteriormente la vita alla Juventus. Lo ritroverà in campo presumibilmente l'11 settembre contro la Salernitana, ma senza la certezza di aver risolto una volta per tutte il guaio come sarebbe stato, invece, seguendo la strada della chirurgia.

Non c'è nulla di irregolare nel modo in cui è stata gestita la vicenda. La cura della salute è personale per tutti, calciatori compresi, e negli accordi nazionali e personali che legano i giocatori alle rispettive società tutto è normato caso per caso. c'è, però, un evidente conflitto di interessi con una parte certamente debole che, in questa e in altre situazioni, è l'azienda che paga e che ha pochi diritti. E siccome lo sport professionistico è un territorio differente rispetto alla quasi totalità del resto della vita, c'è un'evidente anomalia difficile da gestire.

La Juventus senza Pogba fino a gennaio sarebbe tornata sul mercato. Senza Pogba per le prossime cinque settimane probabilmente non lo farà, assumendosi però il rischio di avviare una stagione con uno dei suoi top player, tra l'altro la vera differenza tra il centrocampo di quest'anno e quello in difficoltà dell'anno scorso, appeso a un filo. Quindi chiedendosi se sia il caso comunque cautelarsi, oppure no. Decisioni che spostano decine di milioni di euro, fondamento della programmazione di un campionato e di una campagna europea dove essere competitivi fa la differenza tra incassare poco o tanto.

Il caso Pogba, ma vale anche per tanti altri, è anche un danno collaterale del Mondiale invernale che spezza in due la stagione dei club paganti. Anche questa un'anomalia che certamente incide nelle scelte dei protagonisti nel prossimo autunno: cosa fare davanti al rischio di un infortunio? Giocarsi il Qatar o penalizzare il proprio club? Una delle variabili della Serie A più pazza che sia mai esistita, in partenza prima di Ferragosto per chiudersi a giugno 2023 con in mezzo uno stop che per alcuni sarà di riposo e ricondizionamento e per altri il vero clou della stagione.

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Giovanni Capuano