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Calcio

Lega Serie A, lo stallo prima della tempesta​

Club divisi sul nuovo presidente, l'ombra del commissario, il ruolo delle proprietà Made in Usa e i candidati che si presentano rischiando di bruciarsi

Chi conosce equilibri e rituali della Lega Serie A sostiene che non se ne farà nulla prima delle Idi di Marzo e pazienza se il richiamo alla storia può suonare sinistro e brutale. Non ci sarà un nuovo presidente alla guida della Confindustria del calcio italiano prima di quel termine, o forse sì ma solo di qualche giorno. Anche se incombe il rischio di commissariamento e dalle parti di via Rosellini si agita già il fantasma di Gennaro Terracciano, l'uomo scelto dal presidente della Federcalcio Gabriele Gravina come commissario ad acta (dal 26 febbraio) per provare a risolvere una volta per tutte le questioni dello Statuto e della governance.

Nulla si muove ufficialmente mentre molto si sta muovendo sotto traccia nell'assemblea più litigiosa dell'industria italiana. L'ultima conta ne è stata la fotografia perfetta: i proprietari dei club si sono messi d'accordo per inserire scheda bianca nell'urna, così da concludere il ciclo delle votazioni a maggioranza qualificata e aprire alla maggioranza semplice. In 19 hanno rispettato la consegna, uno solo ha scritto il nome Carlo Bonomi sulla sua, forse sperando di azzopparne la candidatura e di sicuro certificando la propria contrarietà. Si sussurra che il renitente sia stata Aurelio De Laurentiis, l'unico a chiedere una penna prima di entrare nel seggio e personaggio non nuovo agli smarcamenti all'opposizione.

Chiunque fosse, i veri giochi si fanno adesso e il capo della Confindustria vera, Carlo Bonomi appunto, è tutt'altro che marginale dentro la partita che vede i soliti tradizionali due schieramenti confrontarsi. In attesa di presentarsi e presentare il proprio programma direttamente alle società - in calendario è fissata un'assemblea apposita venerdì 25 febbraio -, Bonomi si è preso due paginate sul Corriere dello Sport per provare a mettere i paletti della propria candidatura. A occhio potrebbe non piacere a tanti, visto che bacchetta i vizi antichi ed attuali della Lega Serie A, la sua litigiosità, non chiude alla Superlega, apre ai fondi e alla riforma dei format e soprattutto chiede per sé un consenso che sia largo. La maggioranza qualificata (14) potrebbe non bastargli.

Il tutto mentre l'altro fronte, non i top club che vorrebbero Bonomi, continua a lavorare per un nome diverso mentre l'anima statunitense pare interessata a far salire sul carro un'altra personalità di altissimo livello come Lorenzo Bini Smaghi, economista già nel Comitato esecutivo della BCE. Il problema, però, non sono i nomi perché nemmeno Gaetano Micchiché (maggio 2018-novembre 2019) e Paolo Dal Pino (gennaio 2020-febbraio 2022) avevano curriculum inadatti, ma entrambi sono durati meno di due anni prima di essere pugnalati alle spalle dalle solite logiche della Lega.

Micciché nei giorni scorsi ha accettato di ripercorrere il suo periodo alla guida del calcio, ricordando i mal di testa post assemblea quando nemmeno la sua esperienza di manager di lungo corso era sufficiente a cercare di trovare un punto d'equilibrio. Dal Pino si è trasferito negli Stati Uniti, ma la sua presidenza era stata comunque azzoppata a morte dalla scissione provocata con la lettera contro la FIGC inviata a sua insaputa a CONI e Governo. Chiunque uscirà dalla lotteria delle Idi di Marzo deve sapere, insomma, che non sarà facile e che nessun consenso di facciata potrà garantirgli di poter lavorare come se il calcio italiano fosse realmente un'azienda qualsiasi - la sesta del Paese come ha ricordato Bonomi -, in cerca di riforme e di una strada per tornare a dominare l'Europa o quanto meno smettere di bruciare denaro in quantità insostenibili.

L'ingresso degli americani nell'Atalanta dei bilanci positivi e della marginalità unita ai risultati di campo (+129 milioni di euro in cinque anni densi di soddisfazioni per i tifosi), segna un possibile cambiamento. Il nostro è un campionato che guarda sempre più all'estero e alla cultura nordamericana dei fondi che non sono abituati a concepire lo sport come una macchina divora soldi. Per ora i vari Friedkin, Elliott, Commisso, Saputo, Krause, Niederauer e i genoani 777 Partners non sono riusciti a fare fronte comune e a spezzare lo stallo. L'arrivo di Stephen Pagliuca modificherà gli equilibri?

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Giovanni Capuano