Juventus, il fallimento e l'ora delle scelte
Ronaldo abbattuto dopo l'eliminazione dal Lione (Ansa)
Calcio

Juventus, il fallimento e l'ora delle scelte

Il ko contro il Lione in Champions, la delusione Sarri, gli errori dei dirigenti e un club al bivio tra presente e futuro. C'è poco tempo e molto da fare

La Juventus esce dalla Champions League contro il Lione condannandosi a giudicare un fallimento la campagna europea e, per trascinamento, la stagione. Non basta il nono scudetto consecutivo, vinto di corto muso e con rendimento calante, per giustificare Sarri e un progetto che doveva cambiare dalle radici il dna di un gruppo vincente ma un po' logoro. Non è un'annata agrodolce ma, come l'ha definita Agnelli per il resto molto lucido nel mettere la faccia dopo la debacle come un anno fa dopo l'Ajax, ma molto peggio con impatti evidenti sul futuro immediato della società.

L'eliminazione precoce dall'Europa rappresenta l'apice di una serie di scommesse perse. Dall'inverno il progetto scricchiolava e dopo il lockdown l'inerzia è diventava inarrestabile. La migliore Juventus si è vista in autunno, poi è andata progressivamente normalizzandosi e ha finito con un'andatura non accettabile per gli investimenti fatti e messi a disposizione di Sarri. Che ha degli alibi nel suo fallimento personale, partendo da un mercato non funzionale al suo calcio, ma che si è dimostrato non adeguato al posto dove è stato messo. Non è solo un problema di risultati o di rivoluzione tattica fallita. Prendete il devastante (la definizione è sua) post partita dopo il Lione come esempio: ha parlato di partita bellissima, evocato una non ben nota classifica della Champions League ("Saremmo primo o secondi") e richiesto l'intervento dei dirigenti per certificare una conferma che a caldo è l'ultimo degli scenari credibili.

Andrea Agnelli non gli ha offerto sponda. Non lo aveva ringraziato pubblicamente dopo lo scudetto, citando solo il gruppo dei dirigenti, non ha spazzato le nubi sul futuro del tecnico. Ci sarà una breve pausa per le valutazioni che dovranno essere complessiva, ma la strada sembra tracciata: avanti con Nedved, Paratici e Cherubini e caccia a un nuovo allenatore per cercare di dare un senso alla prossima stagione che sarà la terza di un Ronaldo stratosferico, vittima anche lui del disastro bianconero. Che si tratti di Zidane (difficilissimo) o Inzaghi (si deve liberare dalla Lazio) vedremo. Certamente il fallimento europeo scuote alle fondamenta il progetto di una Juventus diversa perché la crisi di rigetto progressiva è stata sotto gli occhi di tutti. La squadra che doveva essere "sarriana" e "sarrista" si è trasformata in un gruppo di solisti. Un tradimento di Sarri verso la sua stessa filosofia.

Gli alibi ci sono. Il mercato della scorsa estate è stato subito più che governato e quello attuale minaccia di non essere molto diverso. La rosa ha un'età media molto alta e va ringiovanita in fretta. Molti giocatori sono evidentemente al capolinea a questi livelli e, sorpresa, è mancato anche un po' di carattere. Non può un capitano come Bonucci sostenere che l'obiettivo numero uno era lo scudetto ed è stato conquistato. Il fatto che i bianconeri siano arrivati così corti richiama alle responsabilità di quel gruppo dirigente che Agnelli sostiene di volersi tenere stretto ma che non ha dato il meglio in questa prima prova. Margini di manovra ci sono, però il contesto non è semplice e la proprietà ha già messo mano al portafogli con un aumento di capitale da 300 milioni che non può essere ripetuto a breve. Servono investimenti e anche molta fantasia per reperire le risorse per farli.

Il fallimento europeo rende più semplice la resa dei conti interna. Voci su un addio di Sarri c'erano anche prima della notte di Torino e a maggior ragione sono assordanti adesso. Per il ribaltone societario è un po' più complesso, anche perché il progetto lo ha voluto lo stesso Agnelli allontanando Marotta e promuovendo la generazione successiva: tornare indietro significherebbe mettere in discussione anche il presidente e la sua idea di Juventus del futuro. Non si può escludere nulla, ma vorrebbe dire aggiungere uno tsunami al terremoto. E di lavoro da fare per dare continuità e nuova linfa al ciclo più bello della storia juventina ce n'è già abbastanza.

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Giovanni Capuano