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Ansa
Calcio

Flop Italia in Champions League, ma il processo è sbagliato

Tutte fuori negli ottavi come non accadeva dal 2016. Però il fallimento è solo di Juventus e Inter e anche altrove ci sono segnali di difficoltà ciclici

Il ko della Lazio a Monaco di Baviera, in un confronto già scritto dopo il successo largo dei bavaresi all'Olimpico, ha ufficialmente chiuso la stagione di caccia italiana in Champions League. Tutte fuori, sedute da qui in poi sul divano per osservare la corsa delle altre alla finale di Istanbul. C'è una grande amarezza nel non riuscire a portare avanti le nostre rappresentanti e nel condannarsi a guardare le altre dal buco della serratura, soprattutto perché questo scenario si ripete ormai in maniera ciclica dal 2010, anno del Triplete dell'Inter di Mourinho. L'ultima italiana ad aver alzato al cielo la vecchia Coppa dei Campioni, la terz'ultima ad aver messo piede in una finale.

Negli 11 anni successivi solo la Juventus a Berlino (2015) e Cardiff (2017) è arrivata alla sfida decisiva. E la Roma in semifinale accarezzando il sogno di un'impresa pazzesca dopo aver eliminato il Barcellona in una delle notti più belle della storia recente giallorossa. Prima e dopo il nulla. Un flop dopo l'altro che autorizza ad aprire un processo complessivo sulla tenuta competitiva del nostro calcio quando si affaccia all'Europa che conta. La parola più usata (abusata a volte) è fallimento: tecnico, economico e di progettazione sportiva.

Corretto? Eccessivo, forse. Perché è difficile sorprendersi che Lazio e Atalanta siano uscite contro i più forti di tutti (Bayern Monaco) e al cospetto di una grandissima abituata a recitare su questo palcoscenico (Real Madrid). Semmai l'anomalia era stata la squadra di Gasperini a un minuto dalla semifinale nello scorso mese di agosto, buttata fuori dalla rimonta sul fil di sirena del PSG poi finalista proprio contro i bavaresi.

Se proprio si vuole utilizzare la parola fallimento bisogna circoscrivere l'analisi a Inter e Juventus, la prima eliminata in un girone abbordabile e come ultima classificata e l'altra sbattuta fuori dal Porto che del lotto era l'avversario più debole. Dopo esserlo stato dodici mesi fa per colpa del Lione, ancora più outsider rispetto ai portoghesi. Fallimenti di Juventus e Inter, certo, non del calcio italiano in senso assoluto. Lo stesso calcio che ha spedito all'Europeo una nazionale giovane e forte, uscita col bollino del punteggio pieno dal suo gruppo e finalista nella Nations League che non piacerà a nessuno ma mette insieme il meglio d'Europa.

La verità è che Lazio e Atalanta aveva chance zero (o quasi) in questo turno e possono godere già del fatto di essere state tra le 16 magnifiche d'Europa visto che sull'ottovolante sono salite 6 delle prime 8 della classifica per fatturati nel 2020 (Real Madrid, Bayern Monaco, Liverpool, Manchester City, PSG e Chelsea) più il Borussia Dortmund (12°) e la sorpresa Porto, fuori dalla Top20. Sarebbe stata la dimensione corretta per Juventus (10° per ricavi) e Inter (14°) per le quali, però, sarebbe anche onesto ammettere che manca in parte la dimensione per immaginare di essere tra le favorite sempre e comunque. Anche schierando Cristiano Ronaldo come i bianconeri.

Di sicuro il livello della Serie A è da tempo non altissimo: troppe squadre, troppe partite scontate in partenza, pochi stimoli a tenere alte intensità e concentrazione con ritmi ed errori che poi in Europa si pagano e fanno la differenza. Però, mentre ci facciamo il processo, sarebbe anche il caso di ricordare che la tanto celebrata Spagna porta avanti solo le due grandissime, sommerse dai debiti come noi, e che il ricchissimo Real Madrid da due ko agli ottavi di finale e il Barcellona da due anni fa collezione di figuracce (8 gol incassati dal Bayern Monaco ad agosto e altri 5 dal PSG adesso). E che la celebrata Premier League dal 2011 al 2018 - pur fatturando il doppio degli altri - ha portato in finale solo Chelsea e Liverpool prima di tornare a vincere la Champions League nel 2019 proprio grazie ai Reds. Costruiti senza badare a spese. L'unica ricetta che evita fallimenti e processi.

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Giovanni Capuano