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Calcio

Inter sotto processo (anche Conte)

Addio al sogno scudetto, squadra incostante e troppi punti gettati via: di chi è la colpa? Sul mercato ci sarà una profonda rivoluzione

Il crollo dell'Inter contro il Bologna, oltre a costare le piccolissime speranze di corsa scudetto e cancellare la chance di provare a mettere pressione alla Lazio per un secondo posto importante dal punto di vista simbolico, hanno aperto in casa nerazzurra la caccia al colpevole. Di chi è la colpa di una stagione fin qui non certo fallimentare, ma lontana dai traguardi attesi? Perché la squadra si perde sempre sul più bello mancando l'ultimo salto di qualità?

Cosa serve per combattere davvero con la Juventus per il titolo? Domande inevase cui Marotta dovrà dare risposta nel corso di un'estate di lavoro doppio, in campo per inseguire quello che resta (Europa League) e sul mercato. E che riguardano lo stesso Antonio Conte cui non si poteva chiedere di vincere subito lo scudetto, colmando il gap da una Juve forte e ricchissima, ma dal quale si doveva e poteva pretendere di più.

IN COSA CONTE HA FALLITO

Lo sa anche il tecnico salentino, il più pagato della Serie A. Per questo nello sfogo post Bologna ha inserito anche sè stesso nell'elenco di chi deve dimostrare di meritarsi l'Inter e un progetto vincente anche se consapevole di essere blindato da un contratto onerosissimo (11 milioni di euro a stagione) e dal ruolo di responsabile di un progetto triennale immaginato da Suning per tornare a vincere.

Eppure l'atto d'accusa vale anche per lui. La sua colpa non è non essere riuscito a tenere il passo di una Juventus che viaggia più piano dell'anno scorso (ma comunque con una proiezione finale di 95 punti), bensì di non aver cancellato il difetto base di casa Inter e cioè l'instabilità. A livello numerico sta facendo meglio di Spalletti, ma il percorso è stato simile. Non è stato in grado di prevenire il calo di gennaio e febbraio e a tenere motivato il gruppo dopo la ripresa, nemmeno toccando la corda della chance di riaprire il discorso scudetto: contro Sassuolo e Bologna ha buttato vie due vittorie in partite già indirizzate sul campo.

E' vero che nel conto finale, oltre alla Coppa Italia persa contro il Napoli e alla Champions League con eliminazione contro le riserve del Barcellona, peseranno i 6 punti su 6 lasciati alla Juventus negli scontri diretti, peraltro persi nettamente e con merito. E anche la sconfitta dell'Olimpico contro la Lazio che porta a soli 3 punti su 12 disponibili il raccolto nei match scudetto della stagione. Troppo poco.

Ancor di più, però, peseranno le occasioni mancate contro avversari nettamente inferiori e l'andamento a San Siro da squadra di mezza classifica. O ancora i punti concessi in partite da affrontare con la fame di chi sa di dover essere perfetto per fare il grande salto: 11 solo contro Parma, Lecce, Bologna e Sassuolo cui si aggiunge la rimonta subita a Firenze all'ultimo respiro. Un mezzo campionato gettato al vento.

I LIMITI DELLA ROSA

E' chiaro che non tutto è colpa di Antonio Conte. Anzi. La rosa dell'Inter è corta e di livello medio basso quando si guarda alle alternative e il calendario sincopato dopo la ripresa lo ha messo a nudo in maniera impietosa. Per competere con la Juventus serve molto di più, sia a livello tecnico che caratteriale. Se si analizza la formazione titolare, praticamente nessuno ha alle spalle una storia di successi e questo non può non pesare nel momento della verità ad altissimo livello.

Conte lo aveva detto in tempi non sospetti e lo sta ripetendo ora con forza: serve cambiare pelle attraverso un mercato di investimenti che dia completamento alle ultime due sessioni, comunque non leggere dal punto di vista dello sforzo economico della famiglia Zhang che ha speso molto per Lukaku e soci.

Indicativamente servono esterni nuovi (Hakimi già preso, Biraghi e Moses bocciati, Emerson l'obiettivo), almeno due centrocampisti che prendano il posto di Gagliardini e Vecino, con Borja Valero in scadenza di contratto, uno o due attaccanti sciogliendo il nodo Lautaro Martinez. L'argentino è la grande delusione della stagione: partito fortissimo, si è perso con l'inverno e le voci di interessamento del Barcellona. Può essere comprensibile, ma c'è un limite a tutto e da febbraio di fatto è stato un uomo in meno e non in più per Conte.

La decisione sul suo futuro va presa in fretta, così da poter restituire a Lukaku un partner d'attacco all'altezza, che sia nuovo o quello che fino a dicembre ha funzionato alla grande. L'altro capitolo è quello di Eriksen. Conte voleva un giocatore diverso e all'inizio non si è preso con il danese che, però, ci sta mettendo del suo nel rendersi non utile alla squadra: troppo distanti i suoi ritmi da quelli del calcio italiano, deve crescere e in fretta.

Marotta sa di dover investire senza grossi margini d'errore. La Champions League già conquistata consente di programmare con serenità, l'Europa League da giocare in agosto diventa un obiettivo imprescindibile da inseguire con tutte le forze e mostrando un netto miglioramento. Giugno e luglio hanno fatto cadere il velo su un progetto che vuole essere vincente, ma che ha mostrato preoccupanti segnali di regresso. Tutti in discussione, anche Antonio Conte. Pur sapendo che il tecnico resterà saldo al suo posto mentre gli altri non si sa. La certezza è che la formuletta del "ho ereditato un gruppo che non conoscevo e non ho costruito io" più volte utilizzata nel corso dell'annata ha una data di scadenza. Da analisi rischia di trasformarsi in ricerca di alibi. Un errore che l'Inter non si può più permettere.

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Giovanni Capuano