Cosa ci lascia il video di Leonardo
News

Cosa ci lascia il video di Leonardo

L'odio, l'amore, la legge, la polizia, la madre, il padre. Su tutto il sogno della felicità

Il padre, la madre, la nonna, la zia. La famiglia! Il poliziotto, il medico, il magistrato, il maestro, l’assistente sociale. La società! E nel mezzo lui, Leonardo, 10 anni, il bambino conteso di Padova, lasciato solo in classe, al suo banco, dai compagni che si sono alzati, come ha detto di fare il prof, e sono usciti, andati via, lasciando campo libero ai poliziotti per catturare Leo (“poverino!”) e consegnarlo al padre come ha ordinato il magistrato dei minori. In casa era stato impossibile perché il piccolo si nascondeva, si aggrappava agli spigoli. “Allora prendiamolo a scuola!”. Ma è scappato per strada, fuori. L’hanno inseguito, raggiunto, afferrato, immobilizzato, trascinato via, caricato a forza dentro un’auto (“Ahia!”) mentre la zia riprendeva tutta la scena in un video che ho visto e che ora non mi fa dormire: frammentato, concitato, confuso, come ogni violenza.  Ho letto commenti sui giornali che evocavano Re Salomone: dovendo scegliere tra due madri che rivendicavano entrambe lo stesso bambino, salomonicamente il Re ordinò di tagliarlo in due e alla fine lo affidò alla donna che si era tirata indietro per salvargli la vita (ma siamo sicuri che fosse lei la madre?). Ho letto commenti in cui vengono giudicati cattivi tutti, e tutti allo stesso modo: tutti quelli che non hanno evitato a Leonardo la sofferenza di quei momenti, quel sanguinare delle ferite di troppi anni con quei genitori, quel papà, quella mamma. Oggetto di una contesa per amore (amore?), trattato però come una cosa, un bene mobile o immobile: un’automobile, una casa, una cassetta di sicurezza. Una bestia. Un puledro indomito, che scalcia.

È stato come quei film che non ti lasciano dormire, che ti inseguono fin dentro i sogni. Mi ha inseguito la voce di quel bambino rivolto alla nonna e alla zia: “Cosa devo fare?”. Perché con le sue sole forze, e nonostante la lucidità del suo rifiuto, sapeva di non potersi mai opporre con successo al padre, ai poliziotti, allo psichiatra, agli assistenti sociali, e s’illudeva però di trovare il conforto delle istruzioni per l’uso in una persona di famiglia, parole di saggezza dalla zia che invece pensava solo a urlare e a riprendere tutto. Ma anche un video può essere violento. È una testimonianza, ma è violenza. Rende pubblica la sofferenza, l’esagitazione, l’esagerazione di certi momenti in certe (non poche) famiglie. Coinvolge la società. Rende pubblica la vergogna. Cose che succedono tutti i giorni, si dirà. Ma non sempre c’è un video a documentarle, postato su Internet o consegnato a un programma televisivo.

Mi ha inseguito nel sonno l’altra faccia della famiglia felice: la famiglia infelice. “Famiglie! Vi odio! Focolari chiusi; porte serrate; geloso possesso della felicità”, urlava nei suoi giovanili “Nutrimenti terrestri” il ribelle e anti-borghese André Gide. Nulla è più stabile ed edificante della serenità familiare, quando c’è, ma nulla è più insondabile e inquietante dell’abisso di sofferenza che si apre nel pavimento della quotidianità familiare quando si scontrano l’odio e l’amore. Quando l’amore e l’odio si mescolano e ne scaturisce la violenza dello stalking, delle liti tra i genitori, delle dispute legali per l’affido dei figli. Parafrasando Gide, “c’è bisogno della felicità di tutti per essere felici”. Ma al di là del protagonista passivo, la vittima del video, Leonardo, quelle sequenza hanno anche una protagonista attiva, la zia: si trovava là, a scuola del nipote, con la videocamera pronta, solo per caso? La zia ha commesso (forse) un errore madornale quando a Leonardo che le chiedeva “cosa devo fare”, non ha risposto: “Tranquillo, amore, non succede nulla. Vai da papà e poi torni. Fai come ti dicono, va tutto bene”. Certo, il padre avrebbe potuto rinunciare per l’ennesima volta a vedersi riconosciuto il diritto di accudire il figlio, ma anche quella sarebbe stata una violenza (i magistrati non avranno preso una decisione così difficile del tutto a cuor leggero, mi dico…). Ma la zia, vi prego, le urla della zia in risposta alle invocazioni del nipote, urla sopra le righe e insulti censurati (“Bastardi!”, leggo nelle cronache), quelle non riesco proprio a capirle, a scusarle. Nessuno, dico nessuno, ha saputo mettere in campo la saggezza serena dell’amore vero. Ovvio: si può esser felici senza che lo siano quelli che ti circondano? La famiglia, la società. Il (tuo) mondo.

Nel sogno, quando mi sono addormentato, Leonardo si calmava perché i poliziotti facevano un passo indietro, il padre lo tranquillizzava dicendogli che nessuno avrebbe mosso un dito contro la sua volontà, e la zia alla fine ha messo tutto a posto convincendo Leo ad andare, perché era giusto così. La vita richiede scelte dure, se gli altri che sono infelici rendono per forza infelice anche te. Il guaio è che se hai dieci anni sono gli altri a scegliere per te. O contro di te. E ti filmano pure…

I più letti

avatar-icon

Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

Read More