La metamorfosi del grillismo
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La metamorfosi del grillismo

Lorenzo Battista con la sua lettera ha ammesso che serve la politica, che servono i partiti e che le idee di Grillo o sono sbagliate o non funzionano

Tra la lotta e il governo, meglio il governo. Nessun altro fuoriuscito dal Movimento 5 Stelle si sarebbe sognato di dire apertamente, come ha fatto Lorenzo Battista, che gli ex pentastellati farebbero bene a emanciparsi dalla loro "ostinazione ideologica" decidendosi ad appoggiare il governo e magari a trattare anche per un ministero. Lui sì, perché Lorenzo Battista era un grillino atipico ieri ed è un ex grillino atipico oggi. La sua lettera aperta pubblicata su Facebook, per quanto “scomposta” come l'ha definita qualcuno o frettolosa come ha ammesso lui stesso (“forse ho messo il carro davanti ai buoi”), non può infatti sorprendere più di tanto chi lo ha seguito in questi anni e immaginava che prima o poi il tecnico informatico triestino, che tra i primi alzò il velo sulle contraddizioni del Movimento e il vero volto di Beppe Grillo, avrebbe osato di più.

Le prime reazioni 

Raggiunto da Panorama.it, l'ex senatore grillino, che oggi fa parte del gruppo delle Autonomie, giura di non aver concordato la sua uscita con nessun esponente della maggioranza, di non aver ricevuto messaggi di alcun tipo da Matteo Renzi e di non avere intenzione di passare al Pd. “Il mio è stato un modo per provare a vedere se oltre ai soliti 'no', ci fosse la disponibilità a voler anche proporre qualcosa”. Fantapolitica? Le reazioni dei colleghi sono state, finora, piuttosto freddine e quelle degli attivisti sui social, come al solito, feroci. “Si sono fermati tutti al primo punto ignorando gli altri due – se ne lamenta Battista – il mio era un invito agli ex 5Stelle a trovare una collocazione”. Ma a parte Luis Orellana, gli altri non sembrano convinti. Il Movimento li ha cacciati, o se ne sono andati loro sbattendo la porta, eppure in tanti faticano ancora a schiodarsi da quel principio di alterità che il grillismo gli ha inculcato in testa.

Gli obbiettivi di Battista

E così, come scrive Battista nella sua lettera, “dopo un anno da quando in quattro fummo espulsi dal gruppo parlamentare M5S e altri cinque colleghi interruppero forzatamente il rapporto pentastellato” non si è mai riusciti ad arrivare all'obbiettivo. Che però non può essere, nella testa di Battista, solo quello di prendersi un ministero e sopravvivere in Parlamento per altri 3 anni. Per quanto, avendolo messo in cima alla lista, qualche sospetto in questo senso sarebbe comprensibile. Ma in realtà c'è molto probabilmente anche l'intenzione di far capire agli altri tre cose: che serve la politica, che servono i partiti e che invece non serve che uno valga uno. In soldoni, che le idee che hanno permesso a 163 di loro (109 eletti alla Camera e 54 al Senato) di mettere piede in Parlamento nella primavera del 2013, o sono sbagliate o, se sono giuste, non funzionano.

Le critiche al Movimento e agli ex grillini

Serve infatti la politica perché è con essa che si riescono a portare a casa risultati concreti, motivo per cui Battista ha deciso di aderire al Gruppo per le Autonomie “con l’intento di tutelare la specialità della mia regione e cercare di dare concretezza alle iniziative dei lavori della commissione di cui faccio parte”. Servono i partiti e l'esperienza fatta al loro interno e, per loro tramite, nelle amministrazioni locali per evitare di ritrovarsi in Parlamento senza avere la benché minima idea di cosa fare cosicché, scrive ancora Battista, “sarebbe stato preferibile far concorrere alle parlamentarie i consiglieri comunali e regionali, che per l'esperienza maturata nelle rispettive assemblee avrebbero potuto svolgere il loro compito senza manifestazioni isteriche, aventi lo scopo di ottenere il mero consenso mediatico”. E serve anche smetterla di raccontare in giro che “uno vale uno” perché è impossibile dare rappresentanza a ciascuno senza scontentare tutti gli altri mentre sarebbe utile che “ognuno facesse un piccolo passo indietro e riuscisse a rinunciare alle proprie ostinazioni ideologiche”.

"Mai con Renzi"

Peccato solo che “l'ostinazione ideologica” di cui in questi anni hanno fatto le spese non solo esponenti politici di altri partiti come il povero Bersani, ma molti degli stessi parlamentari o attivisti pentastellati, sia quasi un marchio di fabbrica per chiunque abbia fatto parte del Movimento guidato dal duo Grillo-Casaleggio. Ridursi a fungere da stampella del governo Renzi? Sia mai! Meglio lasciar perdere, è stato il commento di alcuni senatori, “se non siamo riusciti a contrattare da una posizione di forza all'inizio della legislatura quando stavamo nel Movimento, figuriamoci ora”. Battista, sembra essere l'antifona, si metta l'anima in pace. Gli altri, per ora non lo seguiranno. Forse. 


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Claudia Daconto