La libertà di stampa soffre sotto Barack Obama
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La libertà di stampa soffre sotto Barack Obama

Gli Usa hanno perso 13 posizioni nella classifica di Reporter Senza Frontiere. Colpa della caccia ai giornalisti dell'amministrazione

L'annuale rapporto di Reporter senza Frontiere sullo stato di salute della libertà di stampa nel mondo diagnostica una forte sofferenza per media e giornalisti negli Stati Uniti. Niente a che vedere con le situazioni dove la censura di una dittatura è la pratica quotidiana (vedi Cuba, Cina, Iran, Siria, Somalia o Vietnam, tutte inserite negli ultimi dieci posti su 180 paesi osservati), ma nella Terra delle Libertà, nella culla del Freedom of Speech, sono venute a galla alcune evidenti crepe nel rapporto tra giornalisti e potere, tra fughe di notizie e governo.

Stati Uniti retrocessi

Per questo, gli Usa sono stati retrocessi. Erano al 33°, ora si trovano al 46°posto, dopo paesi come Costa Rica, Ghana, El Salvador, Botswana. Nella speciale classifica dell'associazione internazionale di giornalisti indiendenti hanno perso ben tredici posizioni in un anno. Non sono poche. Le ragioni? Presto dette. Le ha elencate Delphine Halgand, il capo della sezione americana di Reporter senza Frontiere: la gestione da parte dell'amministrazione Obama del caso di EdwardSnowden, l'ex tecnico che ha rivelato tutti i segreti della Nsa;  il processo e la condanna di Bradley (Chelsea) Manning, il soldato che passò i documenti del Dipartimento di Stato e del Pentagono a Wikileaks; e, infine, lo spionaggio nei confronti dei giornalisti dell'Associated Press per verificare se fossero in possesso di informazioni riservate.

Giornalisti spiati

Barack Obama aveva promesso che la sua sarebbe stata l'amministrazione più trasparente nella storia degli Usa. Così non è stato. Lui si è sempre giustificato dicendo di non aver mai violato la legge e di aver permesso al programma di sorveglianza della Nsa di andare avanti per prevenire attentati e attacchi terroristici. Se queste erano le sue intenzioni, la predisposizione, la quasi ossessione di questa amministrazione per il controllo delle informazioni sensibili, ha prodotto un risultato forse non voluto, ma sicuramente non certo inaspettato: una minore libertà di stampa in America.

LEGGI IL RAPPORTO DI REPORTER SENZA FRONTIERE

Qualche mese fa, quando scoppiò lo scandalo dello spionaggio ai danni dei giornalisti dell'Associated Press, Carl Bernstein, l'uomo che fece scoppiare insieme a Bob Woodward il caso Watergate disse parole di fuoco con il presidente. Le intercettazioni dde cronisti dell'Ap disposte dal Dipartimento della Giustizia non sono un incidente di percorso, ma il frutto di una politica della Casa Bianca di Barack Obama nei confronti delle fughe di notizie. Stroncarle.

Il giudizio di Carl Bernstein

"L'obiettivo - disse Bernstein in una intervista televisiva - è quello di intimidire le fonti anonime, impedire che parlino con i giornalisti e rivelino fatti riguardanti l'amministrazione". Dietro "l'Affare Ap", dissero a ragion veduta in molti negli Usa, c'è in ballo la Libertà di Stampa. "Per questo - aggiunse Bernstein - quello che è successo è un oltraggio ed è ingiustificabile."

Ma non c'è stato solo questo caso. James Risen, l'inviato del New York Times, che ha scritto un libro pieno di rivelazioni sulla recente attività della Cia, è stato messo sotto inchiesta. Gli è stato chiesto di rivelare le sue fonti e lui si è rifiutato. La sostanza della vicenda è che esiste una volontà di stretto controllo delle informazioni che escono sull'amministrazione. Non ci devono essere fughe di notizie in grado di imbarazzare il governo. Con la scusa della sicurezza, Obama ha così tentato di evitare anche ogni possibile intoppo, perdita di consenso e di immagine o ogni capitombolo politico (non riuscendoci, però).

La Gran Bretagna perde posizioni

Per le stesse ragioni, anche la Gran Bretagna ha perso posizioni nella classifica, ma molto meno rispetto agli Usa. In questo caso, secondo il rapporto, l'effetto negativo sarebbe da far risalire alla campagna del governo contro le rivelazioni del Guardian. Glenn Greenwald è stato il primo giornalista a intervistare Edward Snowden. Dalle colonne di quel giornale è scoppiato il Datagate. Ma, Reporter senza Frontiere parla anche di vere e proprie intimidazioni nei confronti dei cronisti. Il riferimento è forse all'episodio che vide protagonista il compagno di Greenwald, fermato per più di tre ore dalla polizia all'aeroporto di Londra senza alcun motivo.

L'Italia vicina agli Stati Uniti

Roma si piazza al 49° posto della classifica. Tra i primi  dieci, i paesi dell'Europa del Nord: Finlandia, Norvegia, Danimarca e Svezia. tra i primi venti, Francia e Germania. Tra gli ultimi dieci: Cuba, Iran, Siria, Cina. La Russia è al 148°posto, mentre una segnalazione particolare viene fatta per i paesi delle Primavere Arabe. Che il sogno sia finito lo si capisce dal loro piazzamento. Per i giornali e i cronisti, la libertà di stampa è ancora ben lungi dall'essere conquistata: l'Egitto è al 159°posto mentre la Tunisia si piazza al 133°. Pessime le condizioni anche in Turchia (154°posto). Per tutti si tratta di censure, arresti, intimidazioni, se non, in alcuni e non certo sporadici casi in diversi paesi, di uccisione dei giornalisti più coraggiosi contro il potere.

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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