Gli Stati Uniti vogliono abbattere il governo dell'Iraq
Barack Obama e Nour al Maliki (Getty Imagines/ Chip Somodevilla)
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Gli Stati Uniti vogliono abbattere il governo dell'Iraq

Secondo Barack Obama la crisi è colpa del premier al Mailiki e della sua politica contro i sunniti

Barack Obama vuole cacciare il primo ministro Nouri al – Maliki. Per la Casa Bianca è lui il vero responsabile della crisi irachena. Lui, sciita, che ha guidato il paese dopo la fine dell'amministrazione americana, ha adottato una politica punitiva e di chiusura nei confronti della minoranza sunnita, che era al governo del paese durante i lunghi anni di Saddam Hussein.

Questo atteggiamento ha provocato rabbia e frustazione tra i sunniti che ora si sono coagulate nel sostegno all'Isis, la formazione armata jihadista che ha conquistato una vasta porzione del paese e che ora sta minacciando Baghdad. Secondo Obama, se al Maliki avesse adottato un'altra politica, l'esercito dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante non avrebbe trovato il terreno fertile che gli ha consentito di condurre la sua marcia (quasi) trionfale verso la capitale irachena.

I sunniti si ribellano

Per gli americani, togliere di mezzo Nouri al Maliki sarebbe il primo passo per trovare una soluzione politica alla crisi. Prima ancora dei bombardamenti e dei raid con i droni, Obama è sicuro che quello sia il passaggio decisivo per rassicurare i sunniti, isolare l'Isis, evitare che l'Iraq scivoli sempre più velocemente nella guerra civile e religiosa.

La Casa Bianca ne è convinta. E il giudizio si è formato anche sulla base delle pressioni che arrivano dall'Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti. Alleati riottosi degli Usa, questi due paesi potrebbero avere un ruolo non secondario nella rivolta sunnita e nell'exploit dell'Isis. Anche per loro il premier al Maliki è un ostacolo alla ricomposizione nazionale irachena. Hanno paura dell'Iran sciita, potenza regionale egemone. Per questo vogliono che i sunniti abbiano di nuovo un ruolo a Baghdad.

Obama ha compreso molto bene queste dinamiche. Ed è per questo che vorrebbe sostituire il governo al Maliki con un esecutuvodi unità nazionale che comprenda sciiti, sunniti e curdi. Riuscirà la sua operazione? Difficile dirlo. Certo è che molto dipenderà dal possibile equilibrio tra le parti in causa in Iraq e dalle spinte che arrivano dai paesi confinanti, quell'Arabia Saudita e quell'Iran che si contendono il ruolo di potenza regionale.

Prudenza sui raid aerei

Per questo Obama è ancora prudente sui raid aerei. Rischiano di essere controproducenti, di mandare il messaggio sbagliato ai sunniti. La Casa Bianca non vuole apparire come il guardiano di un regime, quello del governo al Maliki che ha oggettivamente complicato le cose a Baghdad invece che risolverle.

Se attacchi aerei contro l'Isis ci saranno, verranno fatti con i droni e non con gli aerei. Saranno mirati e quasi chirurgici per colpire bersagli ben precisi. Obama sta pensando a un campagna di raid come quella che gli Usa hanno condotto in Yemen e in Pakistan. Nessun bombardamento pesante. E, se verranno fatti, i raid verranno lanciati nei prossimi giorni. Gli Usa non hanno ancora abbastanza intelligence sul terreno.

Questa politica prudente di Obama porterà i frutti sperati? Evitare una guerra civile in Iraq è una priorità per gli Usa. Lo è anche per l'Iran. Il caos, o una vittoria sunnita sarebbe un grosso problema. Per i sunniti, la questione è quella di avere un ruolo. Per i curdi, invece, è mantenerlo. Alla fine, in nome dell'unità nazionale, l'agnello da sacrificare potrebbe essere proprio Nour al Maliki.

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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