Obama e Michelle
(Ansa/Doug Mills)
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Barack Obama e l'invito all'Unione

Nel suo discorso al giuramento il presidente chiederà agli americani di lavorare insieme per il bene del Paese

Se quattro anni fa, il fulcro del suo discorso fu l'economia e l'appello alla Nazione ad avere fiducia nelle possibilità di uscire al drammatico momento di crisi. Questa volta Barack Obama concentrerà le sue parole su di un preciso concetto: americani, lavoriamo insieme, cerchiamo un terreno comune sul quale collaborare per il bene del Paese.

Ben conscio della spaccatura (politica) degli Stati Uniti (fotografata dai risultati delle ultime elezioni che, al di là della larga vittoria di numeri dei Grandi Elettori, hanno evidenziato un paese diviso quasi a metà nel voto popolare); consapevole della radicalizzazione dello scontro politico; preoccupato che questa tensione possa essere un fattore molto negativo anche per la sua presidenza, Barack Obama lancerà una sorta di invito a superare i contrasti.

Lui, di fatto, "elemento" di divisione (in quattro anni, il tono partigiano del dibattito politico ha raggiunto limiti che erano stati superati raramente in passato), dopo la vittoria nelle presidenziali - e con un partito repubblicano in difficoltà -, con questo appello, cercherà di instradare sui binari di una maggiore "normalità" il confronto tra le forze politiche e sociali del paese.

Nel giorno di Martin Luther King e dopo aver giurato sulla Bibbia appartenuta ad Abramo Lincoln, Barack Obama utilizzerà queste due figure per dire che, come è avvenuto nella storia degli Usa, dopo momenti di profonda divisioneè necessario ritrovare quello spirito di unione che ha reso possibile a questa nazione di progredire.

Il discorso potrebbe sfiorare anche le priorità del secondo mandato: stabilizzare la ripresa economica, definire un nuovo assetto del bilancio federale tra tagli e nuove tasse, ma soprattutto varare una riforma dell'immigrazione , arrivare a un bando delle armi d'assalto, intervenire con leggi che possano limitare i danni del riscaldamento globale. Tutti fattori su cui l'America è divisa, non unita.

Barack Obama si rivolgerà a un paese che - dicono i sondaggi - lo giudica (in questo momento) un buone presidente, ma che - affermano sempre le rilevazioni - non crede che lui possa cambiare più di tanto Washington e la politica della Capitale.

Un paese dove si sono visti i segnali di ripresa economica, dopo la grande crisi, ma dove le persone non si sentono al riparo da nuove, possibili tempeste, ben consapevoli del fatto che gli standard di vita di un tempo non verranno più raggiunti e, soprattutto, dove la sfiducia nel governo (e nella politica), al di là della grande partecipazione al voto di novembre, rimane piuttosto profonda.

Si vedrà con quante intensità Barack Obama riuscirà a lanciare il suo messaggio. Generalmente, il discorso della seconda cerimonia di giuramento ha meno impatto. Probabilmente sarà così anche per lui. La sfida è grande. Da presidente che ha provocato divisioni, da vincitore (delle elezioni) vuole superarle. Vedremo quale America lo ascolterà.

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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